Nonostante le ripetute promesse di concreto sostegno da parte Mr. Obama nella campagna presidenziale del 2007 e l’ aperto appoggio finora offerto dalla Federal Communications Commission (FCC), in Usa sembra ormai certa la fine della cosidetta ‘Neutralità della Rete’.
Ciò grazie a una recente sentenza di una corte federale che ha annullato precedenti decisioni sulla parità d’accesso, e soprattutto per le rivelazione di un recente ‘scoop’ del Wall Street Journal sui nuovi progetti della FCC.
Secondo il quale, Thomas Wheeler, chairman della FCC eletto nel novembre scorso, ha proposto nuove regole che «rappresentano l’ esplicita e palese violazione di quelle promesse», scrive l’esperto Tim Wu (Columbia University), consentendo ai fornitori di banda larga di creare una ‘corsia preferenziale’ per siti e aziende disposti a pagare un adeguato balzello. In pratica, Comcast o Verizon (maggiori provider a banda larga) potrebbero privilegiare l’ accesso a determinate piattaforme a scapito del resto della Rete – come d’ altronde già accade per i film di Netflix, ad esempio – e ciò senza informarne preventivamente gli utenti finali.
«Il motivo è semplice», chiarisce ancora Wu. «Questi provider vogliono fare ancora più soldi, ignorando il fatto che le tariffe Usa sono già tra le più alte al mondo, circa 60 dollari al mese, per un servizio la cui fornitura costa loro meno di cinque dollari». E pur se lo stesso Wheeler si è affrettato a parlare di “fraintendimenti”, il Washington Post conferma che tali norme di fatto «consentirebbero ai provider di avviare trattative con i singoli fornitori di contenuti…a livelli commercialmente accettabili».
Un voltafaccia inatteso che, spiegano i più critici, è dovuto al recente arrivo nella FCC di avvocati e consiglieri che fino a poco tempo avevano lavorato proprio per i maggiori provider Usa: un classico caso di vittoria delle lobby privatiste. O meglio, come propone un’ analisi di ampio respiro del Center for Internet & Society della Stanford University, oggi esistono posizioni assai divergenti sulla delicata questione e «se la FCC vuole tutelare davvero l’ Open Internet, deve porsi domande concrete sulla riclassificazione normativa che va proponendo ora».
Intanto il dibattito si fa rovente su siti specializzati e testate mainstream, oltre che ovviamente sui social media (soprattutto sotto l’hashtag #NetNeutrality) – dove si segnala fra l’altro che, in attesa della riunione della FCC che il 15 maggio discuterà le nuove proposte, chiunque può inviare dei commenti.
Da lsdi.it