Di fronte alle notizie giudiziarie che rovesciano di continuo addosso agli italiani racconti di truffe e furti compiuti da singoli o, meglio ancora, da gruppi organizzati (che hanno quasi sempre legami con pezzi della nostra classe politica, sempre meno qualificata o sempre più degradata, e cito soltanto il caso dell’Expo di Milano e di quello Scaiola- Matacena) nei confronti dei bilanci di enti pubblici o privati, leggere le discussioni che si sono svolte ieri, presenti una cinquantina di banchieri, imprenditori ,giuristi, diplomatici a Roma, due passi dal Senato presso l’AREL di Beniamino Andreatta(oggi la presiede Francesco Merloni) solleva-mi pare-lo spirito e ci fa accostare ai problemi di fondo che in questo momento inquietano l’Europa e, naturalmente, il nostro Paese. Ho passato gli ultimi mesi a cercare di capire quali siano oggi le caratteristiche dei populismi che gareggiano con una certa fortuna nel vecchio Continente: in Francia il Front National di Marine Le Pen ha preso tanti voti(partendo dal 4,3% che aveva raggiunto nelle elezioni di cinque anni prima) da diventare la terza forza politica francese e- secondo i sondaggi per quanto poco attendibili così a distanza dalla scadenza-potrebbe diventare il primo partito. In Olanda è molto alta la percentuale di voti presa dal partito della Libertà olandese, fondato da Geert Wilders nelle scorse europee del 2009 , un risultato che lo ha trasformato nel secondo partito dei Paesi Bassi, sia pure con una recessione nelle Politiche del 2012. Infine, nel Regno Unito, il partito per l’indipendenza del Regno Unito (UKIP) ,guidato da Nigel Farage, alle amministrative del 2013 ha compiuto un exploit senza precedenti e i sondaggi per le prossime elezioni gli attribuiscono addirittura il trenta per cento dei consensi.
Sono d’accordo con quello che ha detto Romano Prodi in apertura del dibattito,un tema che andrebbe molto più meditato, dai giornali come dai politici:” Vladimir Putin mi ha detto :”In Europa non so con chi trattare. Non trovo un interlocutore.” Ed Enrico Letta, l’ex presidente del Consiglio italiano costretto a dimettersi per lo sgambetto di Matteo Renzi, ha aggiunto: “Così come è l’Unione Europea non è difendibile. Dalla Finlandia alla Grecia ci sono umori fortemente antieuropei :questo dice di recente uno studio fatto da Simon Hix della London School of Economics Il solo paese a fare eccezione è la Germania. ”
Prodi resta poco ottimista almeno per quest’anno: “Noto uno strano ottimismo sui giornali. Ma se si guarda ai dati economici c’è poco da stare allegri. “La previsione che fa l’ex presidente della commissione europea è che, nei prossimi anni, la disoccupazione aumenterà e diventerà strutturale. Dopo gli impiegati di banca che hanno perso il posto fino ad oggi toccherà perfino agli analisti finanziari essere espulsi dal mercato del lavoro come conseguenza dei progressi dell’informatica e della robotica. E stupisce, rileva Prodi ,che questo processo negativo non abbia ancora provocato tensioni più gravi.” Il pensiero va alla fine della concertazione e al ruolo attuale dei sindacati in Europa.
Ma in che modo può cambiare la situazione europea? Ci si chiede se la Germania è finalmente convinta di dover cambiare rispetto a quella dell’austerità perseguita fino a questo momento? E anche come si spiega che la Germania sia oggi l’unica nazione che va al voto senza avere in patria un vero partito che sia contro l’Europa. O anche ,per quale ragione , non è affatto scontato che il potere a Bruxelles passi dalla Banca centrale europea alle istituzioni politiche, come di fatto è successo negli ultimi anni ? E questo avviene di fatto, visto che il dualismo tra la commissione europea e la commissione si ripeterà per consentire la spartizione delle cariche tra i Popolari e i Socialdemocratici, le due maggiori forze politiche nel Continente.
Un compromesso è dunque inevitabile ma non c’è da far conto-lo ha ricordato ancora Prodi-sul contributo degli “inglesi che non vogliono cooperare su niente”. L’altro punto importante su cui Prodi e Letta sono del tutto d’accordo, come chi conosce bene il nostro Paese, è il peso schiacciante della burocrazia nella penisola. Se trovassi un editore interessato al problema, vorrei scrivere io stesso un saggio sulla questione ( ma altri potrebbero farlo meglio di me!). L’ex presidente della commissione europea lo ha detto con la massima chiarezza:” Possiamo fare le riforme, ce lo chiedono dall’estero, e dunque servono a cambiare la percezione che fuori si ha di noi. Ma non cambierà la vita pratica. Il problema dell’Italia non sono le riforme ma la paralisi burocratica.”
A un giudizio come questo non è il caso di aggiungere nulla. Sono ancora una volta d’accordo e con me-scommetto-la maggior parte degli italiani.