L’inchino alle curve. Caffè del 5 maggio

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Comincio dal titolo de L’Unità: “Lo Stato piegato all’Olimpico”. È un buon titolo, per me, migliore di quello di Repubblica, che getta il cuore oltre l’ostacolo (ma quante volte in Italia non ha funzionato!) : “Ecco il piano anti ultrà. Violenti fuori a vita, una legge in 15 giorni”. E della Stampa “Renzi, stadi basta impunità”. Il Corriere, come spesso accade salvato dai suoi cronisti, racconta: “Le tre condizioni degli ultrà”. Racconta Fiorenza Sarzanini come questo Jenny (Gennaro) “O carogna” abbia chiesto al comandante provinciale dei carabinieri che venisse Hamsik a rassicurare sulle condizioni del ferito grave e a spiegare la dinamica della sparatoria, che si consultassero i tifosi della Fiorentina, i quali cavallerescamente (?) hanno risposto “i feriti sono vostri, a voi di scegliere”, che palesemente fosse O Carogna, il quale indossava la maglietta-slogan per la liberazione dell’assassino del commissario Raciti, a dare il via libera. Così è andata. E Repubblica riscatta quel titolo speranzoso e molto ottimista con un racconto crudo di Saviano, il quale spiega i rapporti tra Jenny e la camorra, tra gli ultrà che prendono in ostaggio gli stadi e la vendita di petardi, alcol, droghe che trasformano la partita in occasione di consumo illecito e di esibizionismo televisivo.

Tornando a L’Unità, mi dicono che i giornalisti contino di essere compresi e aiutati da Matteo Renzi. Non so. Certo una testata che ha 90 anni, che Gramsci immaginò non come un giornale di partito, ma come palestra unitaria per la sinistra, merita di vivere e di rilanciarsi. Nella chiarezza, senza dosi di metadone che la tirino su domami per metterla in ginocchio domani l’altro. Titolo coraggioso, quello odierno. Dopo tutto è il solo modo che i giornalisti hanno per farsi valere, far bene i giornalisti. Taccio delle dichiarazioni di Alfano: “Non c’è stata nessuna trattativa”. È il solito Alfano delle menzogne spalmate a volontà quando fungeva da rappresentante di Berlusconi nel governo Letta. Una palla al piede per Matteo Renzi. Inevitabile fin quando non si deciderà di andare al voto. Anche se io – come ho spiegato nel caffè di ieri – direi agli alleati che il Parlamento si rispetta, se vogliono presentare emendamenti peggiorativi del decreto lavoro (come è il caso della farsesca sanzione pecuniaria che si applica all’imprenditore che abbia assunto a termine (e senza addurre ragioni) oltre il 20% delle sue maestranze – corrano il rischio che il Parlamento approvi emendamenti di segno opposto come quelli che stiamo cercando di presentare in aula con Tocci e Casson.

Berlusconi sempre in televisione (è andato, remissivo e paziente, da Lucia Annunziata. Grillo che starebbe trattando per andare addirittura a Porta a Porta. Ce n’è quanto basta perché l’ottimo Ilvo Diamanti scriva che, in fondo, la televisione, derelitta, deprecata, surclassata dalla rete, e però sempre invocata dal “politici”, sia ancora il media decisivo in campagna elettorale. In Italia è così. E la ragione andrebbe cercata nel conflitto d’interesse che ci portiamo dietro da vent’anni.  È duopolio Rai Mediaset che porta a una programmazione sempre più scadente, alla ricerca del “grande pubblico indistinto” (e non di pubblici, carichi delle loro richieste e aspettative che potrebbero essere un volano per una nuova pubblicità). Il risultato, visto che i costi sono l’ossessione di tutti, è un gran numero di talk show, o di intrattenimento che si trasforma sotto elezione in talk show.

Sempre meno gente resta più di 20 minuti a seguirne uno. Ma se tu saltelli da un canale all’altro, qualcosa che hai detto resta nella testa dello spettatore distratto. E fa consenso, in mancanza di meglio. Faremo una legge sul conflitto d’interessi? Oppure questo rilancio di B che torna a proporsi partner per grandi riforme e lancia Marina in politica, serve per non farcelo fare? E usare forza Italia essenzialmente per tenersi la roba.

Chiudo con un consiglio. Leggete l’intervista di Landini a Repubblica. Credo che il suo sia il modo giusto di stare con Renzi, di incoraggiare la voglia del premier di cambiare davvero, di mettere in gioco resistenze corporative (e anti democratiche) come quelle presenti nel sindacato. Senza dirgli sempre sì, come fanno gli yes man e gli stalinisti fuor d’acqua che abbondano intorno al renzismo – leminismo. In piccolo e da un altro pulpito, cerco di fare lo stesso.

Da corradinomineo.it


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