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Libri e registri digitali: la scuola ”tecnologica” inaccessibile ai chiechi

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Nei giorni in cui i collegi dei docenti si riuniscono per adottare i libri di testo del prossimo anno, l’Uici rinnova il proprio appello: ”Gran parte delle tecnologie didattiche adottate sono inaccessibili. Anche se la legge lo vieta”

ROMA – Un anno scolastico sta per chiudersi e già si pensa al prossimo: è tempo di scrutini, ma anche di programmazione per il prossimo anno. E di adozione di libri di testo. Libri digitali, ormai per legge, entreranno in vigore dal prossimo anno e questo desta grandi preoccupazioni tra gli insegnanti ciechi. A ricordare le criticità irrisolte, Paolo Colombo, avvocato, insegnante e rappresentante dell’Unione italiana dei ciechi. Unione che, lo scorso anno, ha sottoscritto anche un appello, tramite la sua Commissione nazionale per la tutela dei diritti dei docenti disabili visivi. Nel documento, si denunciava tra l’altro l’inaccessibilità delle oltre 10 mila Lim (lavagne interattive multimediali) installate nelle scuole e di gran parte delle piattaforme utilizzate da registri elettronici e libri di testo.
Dottor Colombo, a che punto è la digitalizzazione delle scuole?
E’ una realtà ormai. I registri elettronici sono adottati, credo, dal 90% delle scuole. Nella mia lo abbiamo introdotto già nel 2011. I libri di testo digitali saranno obbligatori dal prossimo anno: quelli che adotteremo nella mia classe, per esempio, saranno tutti digitali.
Un passo avanti o un passo indietro?
Potrebbe essere un grande passo avanti, soprattutto per insegnanti e alunni non vedenti. Tutti abbiamo salutato queste tecnologie compensative come uno strumento di riscatto. Invece, stanno diventando strumento di esclusione. E’ un paradosso. Gran parte dei siti delle scuole, dei testi scolastici, dei registri e delle Lim sfruttano infatti piattaforme che non rispettano i requisiti di accessibilità previsti dalla legge Stanca (4/2004). Questo crea enormi difficoltà non solo agli insegnanti, ma anche ai genitori ciechi di alunni vedenti, o agli stessi studenti ciechi.
Da cosa dipende questa resistenza all’accessibilità?
Credo e spero che si tratti di ignoranza. Ma penso che dipenda anche da un’inadeguata cultura dell’handicap e dalla mancanza di sanzioni in caso di inosservanza di una normativa che c’è da anni e che parla chiaro. Insomma, la legge c’è, ma il primo a non adempirne agli obblighi che questa sancisce è proprio lo Stato.
Voi, come Uici, avete sollevato in più occasioni questo problema, anche rivolgendo un appello al Miur: avete avuto riscontri?
Le rispondo con un aneddoto: lo scorso anno abbiamo incontrato un direttore generale del ministero, al quale abbiamo fatto presente il problema e chiesto un intervento da parte del Miur, magari tramite una circolare che ricordasse ai dirigenti l’obbligo dell’accessibilità degli strumenti adottati. Ci ha risposto che l’autonomia scolastica prevale sulla legalità. Mi pare davvero poco condivisibile. D’altra parte, lo stesso ministero ha pubblicato sul proprio sito, lo scorso settembre, il decreto di aggiornamento dei requisiti tecnici della legge Stanca in formato inaccessibile!
L’impressione è che ci sia una grande impreparazione di fronte a questa rivoluzione digitale della didattica…
Sì, certamente c’è una scarsa conoscenza. Ma se il problema fosse questo, noi rinnoviamo la disponibilità della nostra commissione a offrire gratuitamente consulenza alle scuole. Si tratta, tra l’altro, di accorgimenti molto semplici: per esempio, è sufficiente che accanto al formato grafico di un documento si salvi anche il formato testo. Il problema, secondo me, è che non ci si pensa proprio… Per questo, rinnoviamo oggi il nostro appello affinché si inizia a pensarci seriamente… (cl)

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