In memoria di Walter Tobagi nel 34° anniversario del suo assassinio

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“Non erano “samurai invincibili” e sarebbero stati perciò un giorno sconfitti, come Walter Tobagi aveva scritto in un’analisi molto limpida sugli uomini e le donne che praticavano il terrorismo sanguinario negli  anni Settanta e ancora all’alba degli anni Ottanta  in Italia. Ma intanto, a mano armata, gruppi del terrorismo già classificato (come Brigate Rosse e Prima Linea o, da altro segno, i Nar) e gruppi di nuova formazione colpivano in maniera micidiale e imprevedibile. E proprio uno di questi gruppi – la “Brigata 28 marzo” – colpì a morte 34 anni fa, il 28 maggio del 1980, Walter Tobagi, il giornalista forse più attento ai fenomeni di mutamento e di disagio sociale, non che allo studio delle cause e delle motivazioni che animavano le proteste civili e quelle violente. Veniva spenta così la voce di un giornalista sensibile, acuto, impegnato e veniva a mancare alla moglie e ai figli ancora in tenera età un marito e un padre premuroso e ricco di amore per loro.

Oggi, 34 anni dopo, ricordiamo Tobagi per il sacrificio del suo lavoro di testimone e cercatore di verità, per le sue idee offerte allora e valide oggi a un dibattito pubblico intenso fondato sui valori della democrazia e della pace, sul pluralismo delle opinioni, sul rispetto delle libertà di tutti. E oggi che talvolta c’è chi, richiamando temi e motivi di un disagio sociale profondo, fa ricorso a linguaggi violenti, ricordare quel 28 maggio del 1980 significa anche dire che non dobbiamo dare accoglienza alle schegge impazzite che possono ancora di più sconvolgere la società civile.

Merita invece di essere ripresa la lezione di vita, di studio e del patrimonio di scritti e opere di Walter Tobagi che cercava le risposte alle difficoltà e alla complessità della crisi economica e sociale con il metodo della buona pratica della democrazia, della professione libera delle idee e del confronto aperto e altrettanto libero. Aveva appena da poco superato i 33 anni, ma già aveva maturato un nome nel giornalismo italiano, professionista di punta del Corriere della Sera e da non molto tempo Presidente dell’Associazione lombarda dei giornalisti. Intellettuale cattolico, socialista inquieto, stava vivendo fino in fondo le sfide del proprio tempo. Ha pagato con la vita la sua permanente testimonianza di libertà, la sua volontà di misurarsi sul terreno delle idee anche con chi era quanto più lontano da lui, ma perciò lo portava ad essere ancora più determinato nel cercare uno sbocco di tipo democratico e non violento.

Sul piano professionale tutto ciò significava non rinunciare mai a porsi e a porre domande; significava anche avere l’ossessione permanente della verità da ricercare con pazienza ininterrotta, con la disponibilità immediata ad aggiornarne il conto ai lettori, ogni qualvolta la ricerca proponeva questa esigenza. Il ricordo di oggi allora non può essere un ricordo retorico del passato, ma un motivo di attenzione permanente ai valori di fondo a una professione che può e deve essere ancora bella e deve ritrovare tutta la sua forza di pilastro delle civiltà democratiche.

Il passato vogliamo ricordarlo oggi con le stesse parole che Walter Tobagi scrisse quando non era ancora giornalista né leader sindacale, ma studente liceale: “…il passato è passato, quod fuit fuit, ma il presente, da cui dipende strettamente il futuro, non può essere ignorato. Quest’ignoranza rappresenta un vero pericolo…”. Parole da scolpire in una memoria collettiva che resta viva e che diventa un monito permanente ancora in queste giornate in cui piangiamo i troppi giornalisti che ancora continuano a perdere la vita (il pensiero diretto va a Andrea Rocchelli e Andrey Mironov, caduti in un’azione bellica in  Ucraina), che vengono minacciati, sequestrati, soppressi con azioni criminali da gruppi terroristici o da regimi non democratici. Nel ricordo di Tobagi cresca allora ancora di più la rete di solidarietà nazionale e internazionale per il giornalismo da intendere come bene pubblico e si sviluppi l’impegno e per la lotta contro le impunità per i delitti a danno dei giornalisti!


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