Per fortuna, al termine di questa campagna elettorale da incubo, mancano solo pochi giorni. Per fortuna, perché davvero non si sopporta più. Nemmeno in Francia, come testimonia un bell’articolo di Antonio Di Bella sul sito di Articolo 21, stanno assistendo a una guerra civile senza esclusione di colpi come quella che stiamo vedendo alle nostre latitudini, eppure Oltralpe i socialisti sono in ritirata, l’UMP è in deciso affanno e il primo partito, stando agli ultimi sondaggi, dovrebbe essere il Front National di Marine Le Pen, un tempo dichiaratamente fascista, oggi dichiaratamente nemico dell’euro, dell’Europa e dell’immigrazione nonché nazionalista a livelli patologici e anacronistici.
Nemmeno dove regna l’estrema destra, dunque, abbiamo toni immondi quali quelli cui sono sottoposti da alcune settimane i poveri spettatori italiani. Spettatori sì, perché oramai è eccessivo e fuori luogo parlare di “popolo”, dato che, al netto di qualche bella piazza ricca di passione, anche questa campagna elettorale, anzi questa più di altre, ha visto i cittadini ridotti a pubblico, platea di uno spettacolo indegno, senza tregua, senza pietà, senza respiro ma, soprattutto, senza una sola proposta neanche per sbaglio. Il rischio, pertanto, è quello di perdere tutto e a correrlo è principalmente il partito che, secondo i sondaggi, dovrebbe arrivare primo, ossia il PD del segretario e premier Matteo Renzi.
Ora, parliamoci chiaro, si può pensare di Renzi tutto quel che si vuole (e sapete bene che, da queste parti, abbiamo condiviso assai poco, per non dire per nulla, le sue scelte e il suo modo di fare e intendere la politica) ma è innegabile che rafforzare con il proprio voto la sinistra europea, scegliendo Schulz e il PSE (con l’auspicio che poi si allei con l’ottima Lista Tsipras e con il gruppo dei Verdi anziché con il PPE a guida Merkel), è indispensabile per mettere in discussione i dogmi del liberismo selvaggio che hanno sfiancato e semi-distrutto l’Europa, mettendone in discussione i pilastri sociali, culturali, di integrazione, di crescita, di sviluppo e di attenzione alla persona umana, ai suoi diritti e alla sua dignità.
Come è assolutamente indispensabile che la Lista Tsipras superi il 4 per cento anche a livello nazionale perché noi non possiamo trasferirci in Grecia per avere finalmente una sinistra al governo: ne abbiamo bisogno qui, il prima possibile, ripartendo dal progetto dell’Italia Bene Comune di Bersani e Vendola e allargandolo, come detto, ai Verdi e, se possibile, anche ai Popolari di Olivero e a una lista civica della cosiddetta “Area Rodotà”, senza la quale è pressoché impossibile pensare di scalfire il muro eretto da quell’ampia parte del Paese che nella politica e nei politici non ci crede più, che non si fida delle loro promesse continuamente tradite, che li considera responsabili del proprio dolore e del proprio fallimento, dei propri drammi familiari, di un lavoro sempre più precario quando non del tutto assente e, più che mai, di una mancanza di progetti, idee, valori ed ideali che, oggettivamente, avvertiamo e denunciamo da tempo anche noi.
L’ostacolo a tutto questo, per assurdo, si sta rivelando proprio Renzi, il quale, al netto di come andranno le cose domenica prossima, in questa campagna elettorale ha sbagliato tutto più qualcosa. Ha sbagliato a scivolare sul terreno di Grillo, ha sbagliato a imitarne i toni sempre più accesi, ha sbagliato a porre l’Europa in secondo piano, trasformando queste Europee in un referendum su se stesso e sul suo impopolarissimo governo, ha sbagliato a non dire una sola parola a favore dei giovani, ha sbagliato a voler recitare troppe parti, onestamente incompatibili, nella stessa commedia, ha sbagliato a scegliere delle capolista che, in alcuni casi, sembrano essere state scelte dagli avversari per far perder voti al PD, ha sbagliato a fidarsi troppo dei sondaggi iniziali e ha sbagliato e continua a sbagliare nel non porre il tema di una sinistra moderna ed europea al centro del proprio discorso, come se il PSE fosse un aspetto secondario, un incidente di percorso, addirittura un qualcosa di cui vergognarsi.
Perché sappiamo perfettamente che Grillo non è la soluzione, che il suo movimento ha un deficit democratico pauroso, che con la rabbia cieca, furiosa e fine a se stessa non si costruisce nulla, sappiamo tutto questo e non abbiamo problemi a considerarlo un voto rispettabile ma, al tempo stesso, pericoloso; tuttavia, abbiamo guardato negli occhi un po’ di elettori del Movimento 5 Stelle e abbiamo visto studenti, precari, disoccupati, anziani con pensioni da fame e anche persone insospettabili che magari lo voteranno senza dire niente a nessuno, per sfogo, per disperazione, appunto per rabbia; abbiamo guardato negli occhi questa gente e ci è sembrato intollerabile il silenzio della sinistra, o sedicente tale, nei confronti della loro fatica di vivere e sentirsi ancora protagonisti di una società che, di fatto, li ha esclusi.
A volte ci è capitato anche di parlare, di discutere, di confrontarci con alcune di queste persone e tutto sono fuorché seguaci di Hitler o di Pol Pot, nemici della democrazia, aspiranti tiranni e altre scemenze che abbiamo letto e ascoltato in giro e che, obiettivamente, non rendono giustizia a un movimento che ha mille difetti, primo fra tutti l’inaffidabilità della sua classe dirigente, ma che ha anche il merito non secondario di aver restituito una voce e una speranza a persone cui i partiti tradizionali non sono più in grado di rispondere da almeno dieci anni.
E fino a quando la classe dirigente del PD e della sinistra in generale non si farà un esame di coscienza e non prenderà atto che quest’anomalia che riempie decine di piazze in tutta Italia l’hanno creata loro, commettendo una quantità imbarazzante di errori, fino a quel giorno il rischio di perdere tutto e affidarlo in mani troppo inesperte e troppo cariche di risentimento per far risollevare l’Italia dal baratro rimarrà e si rafforzerà di giorno in giorno. Il guaio è che, se dovesse saltare il nostro Paese, salterebbe l’Europa, con conseguenze che i grillini, forse, faticano o si rifiutano di comprendere ma che tutti noi sappiamo essere catastrofiche, specie per chi oggi, in preda al disincanto totale, si rifugia nell’illusione del Giudizio universale.