Quando una comunità Rom indigente ed esclusa, formata sempre da nuclei familiari, si ferma in una città e cerca un luogo in cui riparare, si trova in una condizione di estrema vulnerabilità. Al principio le istituzioni la ignorano, mentre le cittadinanze che vivono nei pressi dell’insediamento si mettono in stato di allarme: tanti anni di propaganda razzista hanno rinforzato ogni singolo pregiudizio che colpisce i Rom e ne hanno diffusi di nuovi. Le associazioni per i diritti umani solo raramente si fanno vive. Quando ciò avviene, fanno qualche domanda, scattano qualche fotografia e questo è tutto tutto il loro intervento. Non si prendono cura dei casi che necessitano assistenza sociale o sanitaria, non intervengono in caso di gesti violenti o intimidatori da parte di razzisti, non dialogano con l’autorità in caso di sgombero. Il loro sdegno verso l’intolleranza si manifesterà con grande fervore solo in occasione del prossimo meeting, convegno o “festival antirazzista”, quando c’è solo da mettersi in mostra, ma non da occuparsi di vere e difficili emergenze sanitarie. Di fronte all’assenza di una società civile determinata a difendere, insieme alle famiglie Rom, i diritti umani e civili, le istituzioni intolleranti hanno gioco facile nell’attuare sgomberi e azioni repressive. In seguito alle denunce da parte di cittadini, le autorità politiche agiscono senza scrupoli e di fronte a uomini in divisa o magistrati, i Rom non hanno alcuna garanzia, alcuna speranza di ottenere giustizia. Non a caso, gli sgomberi avvengono a un ritmo quotidiano, mentre le carceri si riempiono di cittadini Rom innocenti, ma colpiti da accuse verso le quali non hanno difesa. Raramente un avvocato accetta di difendere gratuitamente un essere umano inviso alle cittadinanze e al potere, mentre gli avvocati d’ufficio (quando non chiedono denaro sottobanco) mettono in atto una difesa priva di consistenza, in molti casi senza neppure ascoltare le ragioni dell’imputato.
Le famiglie Rom a rischio di sgombero e persecuzione in genere non hanno alleati né paladini, quindi tendono a fidarsi di chi le avvicina promettendo sostegno. Agitatori e disturbatori di ogni bordo cercano di sfruttare la loro emergenza per coinvolgerli in azioni di rottura nei confronti delle istituzioni, tentando di farne lo strumento del loro odio verso la società. Questi “attivisti” ringhiosi e distruttivi sono un pericolo per le istanze nonviolente, per una cultura di convivenza pacifica e rispettosa, per le azioni civili che mirano all’emancipazione delle comunità socialmente escluse.
Esistono anche difensori dei diritti umani coraggiosi e coscienziosi, che lavorano ogni giorno per allontanare lo spettro del razzismo e costruire integrazione positiva. Difficilmente, in questo momento storico in cui la maggioranza della società è avvelenata dal pregiudizio, essi divulgano sui media o i social network i risultati del loro lavoro a tutela dei Rom, per evitare che esso sia additato e messo sotto processo dagli intolleranti. Al contrario, proteggere l’opera dei pochi sindaci e assessori che non violano i diritti dei Rom, ma li proteggono, rispettando le loro tradizioni e favorendone l’integrazione nella società, è attualmente uno dei compiti più importanti – e delicati – degli attivisti umanitari. E qui è opportuno ricordare il nome di un amico che recentemente ci ha lasciati: Fabrizio Casavola. A Milano, era uno dei pochi veri difensori del popolo Rom e a lui si devono tanti interventi – avvenuti quasi sempre nel silenzio mediatico – che hanno evitato ingiustizie e tragedie umanitarie. Speriamo faccia scuola.
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