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Abruzzo, Peppino Impastato non si commemora con l’ambigua retorica di un giorno e il compromesso per altri 363

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L’unica vera memoria rispettosa è il denunciare e contrastare i meccanismi della politica dei grigi palazzi, che quotidianamente difende lobby particolari, e contrastare devastazioni, speculazioni, i più deboli e indifesi.

L’anno scorso la frase “Peppino Impastato siamo noi, nessuno si senta escluso” si attirò gli strali di una collaboratrice di un settimanale di proprietà di uno dei primi tesserati del maggior partito al governo di questo Paese. Fermandosi probabilmente al titolo (riportato tra l’altro in maniera non del tutto corretta, e non rispondendo successivamente a qualsiasi tentativo di contatto), scrisse che un’affermazione del genere poteva essere stata fatta solo da un folle o da chi non capisce nulla (in realtà usò un termine più oxfordiano, ma volutamente ho deciso di cambiarglielo). Vedendo l’Abruzzo di oggi, il panorama di grigi palazzi, d’indifferenza e di cartelli politici al Potere che si scompongono e ricompongono, vien da ripensare a quelle parole. Si, chi ancora oggi cerca di portare avanti gli ideali e la lotta di Peppino Impastato, ne segue l’esempio e come lui rompe con ogni compromesso al ribasso, è considerato un folle e nulla avrebbe capito del mondo che lo circonda. Ma ne siamo fieri. Così come siamo fieri di chi è folle come noi.

“Non rinchiuderti nelle tue stanze, resta amico dei ragazzi di strada”. L’unica commemor-azione di Peppino è questa, schierarsi sempre con i ragazzi di strada, con chi non si rassegna e non è complice con lobby, devastazioni ambientali, una politica sorda e lontana dalla difesa dei territori e dei beni comuni. L’Abruzzo di questi anni, come già si è denunciato negli anni e nei mesi scorsi, è ormai satura di scandali, affarismi, interessi di piccola bottega. Rifiutopoli ed emergenze rifiuti, sanitopoli ed ospedali che chiudono, aree protette a cui il Consiglio Regionale dedica moltissime sedute per deciderne di tagliarne i confini, il Parco Nazionale della Costa Teatina che (dopo l’illusione per pochi mesi nel 2011) continua ad essere procrastinato con l’ultima proroga, avvenuta qualche settimana dopo gli impegni solenni di un alto rappresentante delle Istituzioni Nazionali, dell’agosto scorso. Ma a renderla pubblica per primo fu il Consigliere Regionale Maurizio Acerbo e non chi si impegnava solennemente a chiudere in poche settimane. L’ultimo termine cronologico è scaduto nel dicembre scorso e siamo ancora, cinque mesi dopo, tra coloro che son sospesi. Un anno fa 40.000 persone sono scese in piazza contro Ombrina Mare 2, simbolo del rischio petrolizzazione dell’intero Abruzzo. Un anno dopo, il prof. Enzo Di Salvatore e lo stesso Maurizio Acerbo ci hanno informato che la Medoil continua a colloquiare con il governo italiano per cercare una soluzione per la realizzazione di Ombrina Mare 2.

L’Abruzzo è diventato noto negli anni come sede della discarica di rifiuti tossici più grande d’Europa, una discarica che (secondo l’Istituto Superiore di Sanità) avrebbe contaminato l’acqua bevuta da centinaia di migliaia di abruzzesi, compresi bambini in fasce. Non si può dimenticare l’estate 2007, non si può dimenticare cosa è accaduto allora. La magistratura, in questo e in altri casi, farà il suo corso. Ma ci sono responsabilità, vergogne nazionali, rischi inaccettabili per la popolazione che vanno ben oltre. Tutto questo è legato a nomi ben precisi, che sono ancora lì, presenti in prima fila. Non pensino di poter commemorare Peppino Impastato, fosse anche solo una canzone postata su Facebook o Twitter, e pensare di accettare e far accettare che le responsabilità politiche di tutto ciò siano compatibili.

Sanitopoli. Tribunali o no, c’è stata una politica che è apparsa contigua a lobby private, che non si è opposta all’avanzare di interessi privati che hanno colpito gli interessi di tutti e tutte. Quando si parla di sanità si toccano interessi a dir poco sensibili e importanti. Parliamo del dolore, della sofferenza, di malattie anche gravi di migliaia di persone. Non esistono tagli lineari e non esistono giustificazioni di sorta. Parliamo di persone costrette ad odissee ed attese di mesi mentre rischiano la vita e sono dilaniate da atroci calvari, di persone (anziani, ma anche padri e madri di famiglia a cui la crisi ha rubato il lavoro) che non si possono più curare. E’ discriminazione di classe, è ingiustizia sociale. Mentre negli ospedali anche eroici camici bianchi vivono quotidianamente tutto questo, cercando con tutte le loro forze di venire incontro ai pazienti, nelle stanze dei bottoni avvenivano fatto che andavano anche contro di loro. La magistratura, sulle (presunte per la legge italiana fino a “sentenza passata in giudicato”) responsabilità penali farà il suo corso. Ma la politica non può rimanere ferma, stiamo parlando di questioni sociali e – appunto – politiche ineludibili. O si dibatte e denuncia questo o si rimane fermi all’aria fritta.

Siamo alla vigilia di un nuovo 9 maggio, anche quest’anno fioriranno post sui social network, cerimonie, intitolazioni, pompose giornate. Per poi tornare il 10 maggio alla solita “politica”, ai soliti compromessi, al dominio di lobby particolari che dominano su tutto in nome del loro interesse, dei voti impacchettati come pasta del supermercato. Questo non è commemorare Peppino Impastato. Peppino Impastato non è un santino, non è un bel ragazzo da ricordare per agghindare la propria coscienza. L’esempio di Peppino, le sue denunce, sono fuoco vivo che deve ardere in noi. Non è possibile (far finta di) commuoversi il 9 maggio e comportarsi in maniera opposta il resto dell’anno. I retorici e pieni solo di vuote belle parole “santini” lasciateli per altre occasioni. Nessuna rassegnazione, nessuna complicità, nessun compromesso. Se vogliamo ricordare Peppino commemoriAmolo nella costruzione di un quotidiano migliore, nel rifiuto di ogni complicità e compromesso al ribasso, senza alcuna rassegnazione al mondo che ci circonda, da L’Aquila a Pescara, da Teramo alla costa teatina. Sono anni che siamo tra coloro che denunciano quel che accade nella nostra Regione. Non per uno sterile lamento, funzionale a coloro che denunciamo, ma perché crediamo nell’impegno e nell’attivismo politico e sociale. Senza accettare che arriva un momento in cui c’è chi diventa adulto, tattico e fine stratega e tratta gli ideali e le lotte come i giocattoli dei bambini. “Si, belle cose, ma ora su scansale che dobbiamo pensare alle cose serie”. Peppino Impastato tutta la vita non l’ha passata in tattiche, strategie, accordi e compromessi al ribasso nei palazzi e nei loro scranni. Peppino Impastato quotidianamente, dai microfoni di Radio Aut o in piazza, durante la lotta contro la terza pista dell’aeroporto di Punta Raisi o davanti al PCI che si accordò con la DC dei potentati locali fu sempre lo stesso. Nei giorni del suo assassinio Peppino stava completando la campagna elettorale per le comunali. E non era candidato solo contro Tano Seduto, la Democrazia Cristiana, la borghesia mafiosa e affaristica. Ma anche contro il PCI locale che, in omaggio al milazzismo imperante (oggi le chiameremmo “larghe intese”) si era schierata con loro. Non solo il 9 maggio, ma anche il 10, l’11 maggio, una settimana dopo, un mese prima, oltre due settimane dopo, sempre, tutto l’anno. Con la poesia dei fatti e non con l’ambiguità e la retorica. Peppino Impastato siamo noi, nessuno si senta escluso. E’ la Commemor-Azione, è il costruire, anche qui nel nostro Abruzzo, un’altra Regione possibile.

Alessio Di Florio

Da isiciliani.it


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