Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha firmato oggi la direttiva che dispone la declassificazione degli atti relativi ai fatti di Ustica, Peteano, Italicus, Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Gioia Tauro, stazione di Bologna, rapido 904: ”Trasparenza tra i punti qualificanti dell’azione di governo”. Abbiamo chiesto un parere al deputato Pd Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione delle vittime per la strage di Bologna del 2 agosto 1980 che ha chiesto tra l’altro, recentemente, in una petizione sul web, di istituire il reato di depistaggio nel nostro ordinamento.
Che valore ha questa iniziativa del presidente del Consiglio?
La ritengo un fatto molto positivo. D’altronde non gliel’ha ordinato il dottore di fare una dichiarazione del genere in questo momento. Non siamo neanche alla vigilia di un anniversario particolare…
Cosa significa materialmente desecretare documenti relativi alle stragi?
Significa far sì che gli archivi, quelli dei militari dei carabinieri, dei servizi segreti… vengano resi pubblici, e depositati presso gli archivi di stato. Per essere, mi auguro, digitalizzati e diventare pubblici, fruibili, patrimonio della nazione.
Che valore ha un provvedimento di questo tipo dal punto di vista politico?
Se si completerà questo iter potrà essere uno dei punti cruciali del rinnovamento del Paese. Significa superare una stagione politica e svelare i poteri di ricatto e di interdizione dei decenni delle stragi.
Erano gli anni in cui governavano i vari Andreotti e Cossiga. Che oggi non ci sono più. Questo rende le cose più facili?
Sicuramente, ma non c’erano solo Andreotti e Cossiga. C’era un intero apparato e altre figure di spicco in quegli anni di cui, con la desecretazione, potremmo saperne di più. Personaggi di allora come il generale Amos Spiazzi che negli anni Settanta era stato protagonista di alcune tra le pagine più buie della storia italiana. O figure più recenti come quella dell’ex direttore del Sismi Niccolò Pollari. E poi potremmo sapere di più dei depistaggi. Come quello di Bologna iniziato addirittura cinque mesi prima della strage quando si tirò fuori una “pista palestinese” per fuorviare le indagini.
Cosa potremmo sapere da quelle carte che oggi non sappiamo? I nomi di molti esecutori li conosciamo già…
Potremmo conoscere i nomi dei mandanti, o le responsabilità delle varie logge che, a partire dalla P2 si sono succedute. Non significa parlare solo di fatti che sono accaduti oltre trent’anni fa perché ci sono personaggi e traffici che conservano oggi tutta la loro attualità. Penso ad esempio ai rapporti fra Marcello Dell’Utri e l’imprenditore romano Gennaro Mokbel che nelle intercettazioni telefoniche diceva che Mambro e Fioravanti gli erano costati oltre un milione per farli uscire dal carcere. Il nome di Mobkel era legato alla banda della Magliana.
Parliamo di oltre trent’anni fa.
A Roma la banda della Magliana c’è ancora, è solo più sotterranea…
Dell’Utri oggi è in Libano
E’ già, ma i rapporti tra il Libano, i fascisti italiani e la mafia c’erano anche negli anni 80. E Berlusconi dichiara di aver mandato lui Dell’Utri in Libano per la campagna elettorale con Putin. E intanto sappiamo che molti fascisti italiani sono tuttora a Mosca e dintorni. Se si riesce a mettere le mani su quei documenti arriviamo fino ad oggi.
Una volta desecretate le carte dove andrebbero depositate?
Prima bisogna superare la norma e obbligare gli archivi militari a depositare le carte. La sede dovrebbe essere quella degli archivi di stato.
Ci vorrà spazio e fondi per depositare e gestire gli archivi.
Vanno usate le caserme e i tribunali dismessi nelle varie città d’Italia. Così facendo gli archivi di stato, che spendono circa il 70% del loro budget per gli affitti delle sedi, potrebbero utilizzare i fondi per strutture appropriate.
Diverrebbero centri di illuminazione dei misteri italiani.
Non chiamiamoli misteri, ma segreti. I misteri sono solo nelle religioni…
Sul web c’è stata una forte mobilitazione attraverso campagne e petizioni. Che valore ha avuto questo coinvolgimento dal basso?
Un valore enorme. Le raccolte di firme su Change.org e altri siti sono servite a mobilitare l’opinione pubblica per far capire che non si tratta di battaglie di retroguardia. Perché riguarda l’oggi, quei meccanismi perversi dei depistaggi e delle omertà che sono ancora in piedi.
L’informazione che ruolo ha avuto in questi anni?
Penso che gran parte dell’informazione italiana abbia avuto la schiena dritta. Purtroppo però sono stati molti i casi di giornali e tv che sposando la tesi del “mistero”, il facile scoop, il sensazionalismo non hanno contribuito alla ricerca della verità. Ma le cose stanno cambiando anche grazie a un’opinione pubblica che reclama a gran voce il diritto di sapere e di avere giustizia…