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Storia di Marco, e delle duemila persone rinchiuse negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. In condizioni disumane

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Ci sono storie vergognose che non dovrebbero accadere in un paese che ha la pretesa di essere civile. Storie vergognose che invece accadono tra l’indifferenza e il disinteresse dei più. Chi puo’, potrebbe, dovrebbe fare qualcosa non fa nulla. Una di queste storie vergognose e’ quella di Marco.
Marco trascorre le sue giornate sulla brandina. Sulla brandina mangia, dorme, pensa, vive. Quello che lo circonda, il mondo intorno a lui, gli e’ ormai indifferente. Marco e’  rinchiuso nell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa da ventitre’ anni. Ventitre’ anni fa lo hanno rinchiuso nell’Opg di Aversa dove  sono al momento ci sono altri 146 internati.  La chiusura degli Opg era fissata per il 1 aprile 2014 ma, racconta il ricercatore universitario in bioetica  Antonio Esposito, le cose, se è possibile stanno peggiorando ancora di più “perché se prima gli internati potevano seguire un corso di teatro, attività varie, ora è tutto fermo visto che tutto si dovrebbe organizzare con 5mila euro l’anno, questo è quanto stanziato per l’area trattamentale, per le misure alternative all’utilizzo dei farmaci”.
Non solo.  C’e’ un solo psichiatra disponibile dalle ore 8 alle 20 e solo nei giorni feriali. Quanti pazienti può seguire uno psicologo presente dalle 8 alle 14? Può bastare di notte o la domenica un solo medico di medicina generale? Marco, per gli psichiatri potrebbe uscire ed essere curato dalla sanità territoriale, il centro di salute mentale laziale di appartenenza. Invece persiste la pericolosità sociale. Eppure non sono mai venuti a visitarlo la diagnosi è avvenuta per corrispondenza, come il rifiuto della presa in carico.
A fronte di progetti di dismissione, ogni settimana ad Aversa ci sono nuovi internamenti. Molti, sempre di più anche gli immigrati. Carlo è nell’Opg per una pipì fatta nel luogo sbagliato. “Pensavano fosse nigeriano, qui hanno scoperto che è originario della Guinea – spiega Esposito – Dalla Libia su un barcone, in Italia viveva in strada. L’internamento in Opg che a volte segue quello nei Cie è la risposta repressiva che diamo alle nuove forme di povertà”.
“Luoghi di estremo orrore che umiliano l’Italia rispetto al resto dell’Euopa”; cosi’ il presidente Giorgio Napolitano ha definito i sei ospedali psichiatrici giudiziari esistenti. Era il luglio 2011, quando e’ esplosa in tutta la sua drammaticita’ la realta’ degli Opg; il Parlamento ne ava disposto la chiusura, prevedendo che i meno di duemila malati venissero assistiti in strutture adeguate che dovevano essere approntate dalle regioni.
A dire il vero gli Opg erano stati dichiarati dichiarati illegittimi già dal 2003, ma come spesso accade in Italia si era fatto finta di nulla, andando avanti a colpi di proroga. Così’ meno di duemila malati (che tali sono) hanno continuato a restare rinchiuse in strutture fatiscenti, con assistenza ridotta al minimo, spesso vittime di vere e proprie torture. Regioni ed enti locali si sono sempre giustificate dicendo che mancavano i fondi per realizzare  strutture residenziali alternative non più gestite dall’autorità giudiziaria, poiché la legge prevede un passaggio di competenza alla sanità pubblica. Certo, abbiamo poi visto in Lazio e in Lombardia, in Piemonte e in Sicilia che fine ha fatto il denaro a disposizione delle regioni!Fatto e’ che le regioni sono inadempienti: dovevano occuparsi della gestione e del mantenimento di queste strutture e le Aziende Sanitarie locali dovevano avviare progetti di riabilitazione e reinserimento sociale per le persone che sarebbero dovute essere dimesse.
E invece  nulla di tutto cio’. In questi giorni, sia pure con rammarico, il presidente Napolitano ha firmato l’ennesima proroga e quelli che sono stati definiti “unoltraggio alla coscienza civile del nostro Paese, per le condizioni aberranti di vita” sono ancora in funzione. Molti degli attuali internati che  hanno scontato la pena e sono stati giudicati non socialmente pericolosi, quindi “dimissibili”,  restano all’interno di queste strutture proroga dopo proroga.

Indubbiamente va scongiurato il rischio che le nuove strutture regionali ricalchino il modello dei vecchi OPG, e che quindi Psicologi, Psichiatri e altri operatori si debbano occupare più di contenzione che di cura. Occorre insomma scongiurare la creazione di miniOPG/manicomi regionali e realizzare servizi di salute mentale 24 ore su 24 integrati con i servizi territoriali, che promuovano formazione lavorativa e inclusione sociale.
Occorre certo tener presente che sono necessari interventi tali da garantire per esempio la messa in sicurezza sia dei pazienti sia degli operatori e della comunità. Mentre oggi i reparti non sono assolutamente preparati a gestire, in assenza di una rete coordinate alle spalle, la situazione che si e’ venuta a creare. Ora e’ vero, come e’ stato osservato, che chiudendo gli OPG oggi molti degli internati potrebbero confluire in carceri già sovraffollate e se la situazione cambierà  potrebbe davvero diventare esplosiva. Ed e’ verissimo che il superamento degli Opg e il pieno passaggio dell’assistenza psichiatrica nelle carceri al sistema sanitario nazionale devono procedere parallelamente nell’ambito della più ampia riorganizzazione della Sanità penitenziaria e delle nuove competenze dei Dipartimenti di Salute mentale.
Ma e’ accettabile che un paese civile non sappia, non voglia, non possa assicurare un’assistenza degna di questo nome a meno di duemila persone, condannate anno dopo anno, proroga dopo proroga, a vivere in condizioni unanimemente riconosciute come vergognose e disumane? Presidente Renzi! un twitter, per favore su questa drammatica urgenza, su questa intollerabile vergogna.


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