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Ruanda, 20 anni fa il genocidio

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Iniziano il 7 aprile, le commemorazioni del genocidio del Ruanda che, in 100 giorni di sangue del 1994, provocò circa 800.000 morti. Il genocidio si verificò nel contesto della guerra iniziata nell’ottobre 1990 tra le forze del governo ruandese e il Fronte patriottico ruandese (Fpr), costituito in maggioranza da tutsi fuggiti in Uganda dopo i massacri su base etnica compiuti nel 1959 e nel 1963. Con l’intensificarsi del conflitto, il governo ruandese incitò i suoi sostenitori ad attaccare chiunque facesse parte dell’Fpr o ne fosse simpatizzante. Fu una deliberata strategia, attuata col sostegno criminale di parte dei media locali (in particolare, la Radio Mille Colline) per eliminare i tutsi e mantenere il potere.

Il 6 aprile 1994 l’aereo che trasportava i presidenti di Ruanda e Burundi di ritorno dalla Tanzania, venne abbattuto mentre sorvolava la capitale ruandese Kigali. L’episodio diede vita a un’ondata di omicidi etnici di dimensioni senza precedenti. I tutsi e gli hutu che vi si opposero vennero massacrati. Il governo del Movimento nazionale repubblicano per la democrazia e lo sviluppo (Mnrds) e fornì armi, soprattutto machete, ai sostenitori del partito, della sua ala giovanile (gli interahamwe, “coloro che attaccano insieme”) e del movimento alleato, la Coalizione per la difesa della repubblica.

Il 21 aprile, nonostante fossero già emerse numerose denunce sul massacro in atto, una risoluzione del Consiglio di sicurezza stabilì la riduzione del personale Onu presente nel paese, da 2500 a 270 unità.  Una macchia permanente sull’operato delle Nazioni Unite, soprattutto sui leader degli stati membri permanenti. Un’inerme missione Onu stette così a guardare mentre migliaia di ruandesi venivano uccisi ogni settimana. Nei successivi tre mesi, vennero uccisi circa 800.000 tutsi e oppositori hutu.
Il genocidio finì a luglio, quando l’Fpr di Paul Kagame sconfisse le forze governative. Nel periodo successivo e nel nuovo conflitto che ne seguì, l’Fpr commise violazioni dei diritti umani di massa.

Vent’anni dopo, molti autori del genocidio sono stati processati dai tribunali nazionali e dalla giustizia di villaggio (le corti “gacaca”), nonché dal Tribunale penale internazionale per il Ruanda e da tribunali europei e nordamericani. Sono ancora in corso indagini su decine di presunti autori del genocidio che vivono all’estero. Le uccisioni compiute dall’Fpr sono rimaste ampiamente impunite. Il Ruanda si è ripreso, ha conosciuto una crescita economica imponente e ha dimostrato al mondo che si può vivere senza la pena di morte. Ma il governo di Kagame è implicato da tempo nei conflitti nell’est della Repubblica Democratica del Congo e mostra un approccio autoritario nei confronti di chi esprime critiche: in questi 20 anni oppositori, giornalisti, attivisti per i diritti umani ne hanno fatto le spese.


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