di Comitato 3 ottobre
“Vi prego aiutateci, stiamo morendo. Di noi non importa a nessuno.” La voce di Kibrom rimbalza nel cellulare da Aswan City, una piccola città egiziana vicina al confine tra Egitto e Sudan. Intorno a lui il vociare di altre 104 persone, strette in un magazzino dentro un campo militare egiziano da una settimana senza acqua ne cibo. Li hanno arrestati quando erano quasi arrivati al confine tra Egitto e Libia nel deserto del sahara. “Eravamo in marcia nel deserto del Sahara da quattro giorni – racconta Kibrom – i soldati egiziani ci hanno circondati, ci hanno arrestati e ci hanno portati via. Ora siamo chiusi in questo magazzino da dieci giorni senza acqua ne cibo. Tra di noi ci sono 43 donne, una di loro è incinta, e 3 bambini con meno di 5 anni. Stiamo male ma a nessuno importa di noi”.
Kibrom ha 28 anni, due dei bambini sono suoi figli. Ha lanciato il suo grido d’aiuto su facebook postando anche delle foto e nell’arco di poche ore ha avuto migliaia di condivisioni. È la prima volta che viene diffuso in tempo reale un appello come questo, mentre di arresti e sequestri veri e propri come questo ne avvengono continuamente nel deserto del Sahara, per lo più ad opera di bande di predoni. Spesso diventano sequestri a scopo di estorsione e si risolvono solo dopo il pagamento di un riscatto, altrettanto spesso si concludono con la morte dei sequestrati.
“Chiunque legga questo post – scrive Kibrom su Facebook – lo condivida e informi l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite, o chiunque possa fare qualcosa per noi. Vi prego aiutateci”. Il Comitato 3 ottobre rilancia l’appello di Kibrom e dei cento eritrei prigionieri in Egitto, sollecita le organizzazioni umanitarie a fare quello che possono per aiutarli e sollecita i media a diffondere questo appello.
Consiglio Italiano per i Rifugiati