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Peppino Impastato, un martire antimafia. Il dovere di ricordare

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E’ un libro prezioso, che aiuta a non smarrire la memoria, cosa importante in giorni in cui ricordare viene considerato quasi un reato. “Peppino Impastato. Una vita contro la mafia” di Salvo Vitale (Rubbettino editore) e’ stato pubblicato anni fa. Torna in libreria aggiornato e con allegato un CD che raccoglie le trasmissioni di “Onda pazza”‘, la trasmissione antimafia/satirica di Impastato su “Radio Aut”. Scherza coi e sui fanti, si dice, ma non coi e sui santi. Evidentemente neppure coi e sui mammasantissima. Hanno ragione: si comincia con il ridere di loro e si finisce con il non temerli piu’. Per questo Impastato dava fastidio ed e’ stato eliminato.
Il libro racconta la storia di un nato a Cinisi, vicino a Palermo, che a causa del suo impegno antimafia rompe con il padre, che lo caccia di casa.
Dai microfoni di una radio libera, “Radio Aut”, Peppino fa nomi e cognomi, denuncia gli interessi  che ruotano intorno all’ampliamento dell’aeroporto di Punta Raisi, mette con le spalle al muro il boss Tano Badalamenti che, per ritorsione, ne commissiona l’assassinio.Il 9 maggio 1978 a Cinisi viene ritrovato il corpo senza vita di Peppino Impastato. L’evento all’epoca viene “sepolto” da un’altra tragica notizia, il ritrovamento, in via Caetani, del cadavere di Aldo Moro.
Giuseppe  nasce a Cinisi, in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948, da una famiglia mafiosa: il padre Luigi,  lo zio e altri parenti sono mafiosi e il cognato del padre e’ il capomafia Cesare Manzella, ucciso con una giulietta al tritolo nel 1963. Ancora ragazzo Giuseppe fonda un periodico, “L’Idea socialista” e aderisce al PSIUP. Dal 1968 in poi milita nei gruppi di Nuova Sinistra. Nel 1975 costituisce il gruppo “Musica e cultura”, che svolge attività culturali (cineforum, musica, teatro, dibattiti ecc.); due anni dopo e’ tra i fondatori di “Radio Aut”,  con cui denuncia i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, e in primo luogo del capomafia Gaetano Badalamenti, che hanno un ruolo di primo piano nei traffici di droga. Il programma più seguito e’ “Onda pazza”, trasmissione satirica con cui sbeffeggia mafiosi e politici.
Nel 1978 si candida nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali. Viene assassinato nella notte tra l’8 e il 9 maggio, nel corso della campagna elettorale, con una carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui binari della ferrovia.
Forze dell’ordine, magistratura e stampa parlano di atto terroristico in cui l’attentatore sarebbe rimasto vittima. In un fonogramma il procuratore capo Gaetano Martorana scrive: “Attentato alla sicurezza dei trasporti mediante esplosione dinamitarda. Verso le ore 0,30-1 del 9.05.1978 persona allo stato ignota, ma presumibilmente identificata in tale Impastato Giuseppe si recava a bordo della propria autovettura all’altezza del km. 30+180 della strada ferrata Trapani-Palermo per ivi collocare un ordigno dinamitardo che, esplodendo, dilaniava lo stesso attentatore”. La scoperta di una lettera, scritta molti mesi prima, completa il quadro: l’attentatore e’ un suicida.
I compagni di Peppino sono interrogati come complici dell’attentatore, vengono perquisite le case della madre e della zia di Impastato, dei suoi compagni e non quelle dei mafiosi e le cave della zona, notoriamente gestite da mafiosi, nonostante che una relazione di servizio redatta da un brigadiere dei carabinieri dica che l’esplosivo usato era esplosivo da mina impiegato nelle cave.
Il Centro siciliano di documentazione di Palermo, nato nel 1977 e che nel 1980 si sarebbe intitolato a Impastato, assieme ad altri presenta un esposto alla Procura in cui si sostiene che Peppino è stato assassinato. La mattina dello stesso giorno si svolge un’assemblea alla Facoltà di Architettura dell’Università di Palermo, con l’intervento del docente di Medicina legale in pensione Ideale Del Carpio, che smonta la tesi dell’attentato e del suicidio.
In quei giorni i compagni di Peppino raccolgono resti del corpo e trovano delle pietre macchiate di sangue nel casolare in cui Peppino era stato portato e ucciso o tramortito. Avranno un ruolo decisivo nel prosieguo delle indagini.
La madre di Peppino, Felicia Bartolotta, e il fratello Giovanni, inviano un esposto alla Procura indicando Badalamenti come mandante dell’omicidio.
Grazie all’attività del fratello Giovanni e della madre Felicia, che rompono pubblicamente con la parentela mafiosa, dei compagni di militanza e del Centro siciliano di documentazione, presso cui si costituisce un Comitato di controinformazione che nel luglio 1978 pubblica il bollettino “10 anni di lotta contro la mafia”, viene individuata la matrice mafiosa del delitto e sulla base della documentazione raccolta e delle denunce presentate viene riaperta l’inchiesta giudiziaria.
Nel maggio del 1984 l’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, sulla base delle indicazioni del Consigliere Istruttore Rocco Chinnici, che aveva avviato il lavoro del primo pool antimafia e vienee assassinato nel luglio del 1983, emette una sentenza, firmata dal Consigliere Istruttore Antonino Caponnetto, in cui si riconosce la matrice mafiosa del delitto, attribuito però ad ignoti. Il Centro Impastato pubblica nel 1986 la storia di vita della madre di Peppino, nel volume “La mafia in casa mia”, e il dossier “Notissimi ignoti”, indicando come mandante del delitto Gaetano Badalamenti, nel frattempo condannato a 45 anni di reclusione per traffico di droga dalla Corte di New York, nel processo alla Pizza Connection. La madre rivela un episodio che sarà decisivo: il viaggio negli Stati Uniti del marito Luigi, dopo un incontro con Badalamenti in seguito alla diffusione di un volantino particolarmente duro di Peppino. Durante il viaggio Luigi dice a una parente: “Prima di uccidere Peppino devono uccidere me”. Muore nel settembre del 1977 in un incidente stradale che potrebbe essere stato un omicidio camuffato. Nel gennaio 1988 il Tribunale di Palermo invia una comunicazione giudiziaria a Badalamenti.
Nel maggio del 1992 il Tribunale di Palermo decide l’archiviazione del “caso Impastato”; ribadisce la matrice mafiosa del delitto ma esclude la possibilità di individuare i colpevoli e ipotizza la responsabilità dei mafiosi di Cinisi alleati dei “corleonesi”. Nel giugno del 1996, in seguito alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia che indicano in Badalamenti il mandante dell’omicidio, l’inchiesta viene formalmente riaperta. Nel novembre del 1997 viene emesso un ordine di cattura per Badalamenti, incriminato come mandante del delitto.
Un anno dopo,  presso la Commissione parlamentare antimafia si costituisce un Comitato sul caso Impastato e il 6 dicembre 2000 viene approvata una relazione sulle responsabilità di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini, pubblicata successivamente nel volume Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio. Nel settembre del 2000 esce il film I cento passi che ha fatto conoscere Peppino al grande pubblico. Il 5 marzo 2001 la Corte d’assise ha riconosciuto Vito Palazzolo colpevole e lo ha condannato a 30 anni di reclusione. L’11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti è stato condannato all’ergastolo. Resta da far luce sui depistaggi e le complicita’ di pezzi delle istituzioni. Si sa il come, il chi, il quando, il perche’ e il dove. Ma c,e’ ancora molto da sapere e capire. Sopratutto ricordare.


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