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Le risposte nuove del sindacato per rispondere alla crisi e guardare al futuro

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Può – e come – la crisi diventare un’opportunità di cambiamento per i giornalisti europei e per i loro sindacati? La strada è impegnativa e nient’affatto banale. Anche perché le gravi difficoltà economiche degli ultimi anni si sono innestate su una trasformazione tecnologica radicale del mondo dell’informazione e sull’avanzata del giornalismo digitale, ancora poco comprese e spesso mal accettate dai media tradizionali. Ma è una strada obbligata, per garantire e guidare il futuro del giornalismo etico e di qualità e dello stesso sindacato.

Alcune risposte, e proposte, sono arrivate dagli oltre 50 rappresentanti di organizzazioni ed esperti di media, provenienti da 25 Paesi, che la Federazione europea dei giornalisti (Efj) ha riunito due giorni a Vienna nel seminario “Confronting austerity: Financial and employment models for journalism”, organizzato con il contributo della Commissione Europea. I partecipanti hanno di fatto lanciato una sfida all’austerity con una ricetta che punta a fronteggiare le difficoltà crescenti con un metodo, e uno spirito, nuovi e con la consapevolezza di dover studiare e offrire servizi innovativi, mirati, capaci di dare risposte concrete ai bisogni nuovi dei giornalisti europei, senza però rinunciare alla difesa dell’autonomia, dell’indipendenza e del pluralismo dei media e della qualità dei contenuti.

La discussione di Vienna è partita dai risultati di un questionario (14 domande per un totale di 50 argomenti trattati) a cui hanno partecipato 42 sindacati, il 70% degli associati all’Efj, che rappresenta in tutto 320 mila giornalisti di 38 Paesi europei. Alla domanda su quale sia, in tempi di crisi economica, l’ostacolo più duro da affrontare e superare, i sindacati europei non hanno dubbi: è sicuramente la perdita di posti di lavoro. Seguito – a grande distanza – dalle difficoltà nel conquistare contratti collettivi, da problemi di finanziamento e dall’aumento della precarietà dei freelance. Ma non è il momento di piangersi addosso. Ed è sulle risposte alle diverse domande sui servizi offerti agli iscritti che la vera discussione è decollata. Di fronte a uno scenario molto diversificato ma in nessun caso completo. Con la consapevolezza che bisogna reagire, e subito, trasformando gli ostacoli in opportunità.

Come? Prima di tutto, aprendo le porte e incoraggiando il gruppo, in forte crescita, di giornalisti che stanno reinventando il proprio lavoro in chiave imprenditoriale, e quasi sempre multimediale, confrontandosi non più solo con la realizzazione di contenuti di informazione, ma anche con la finanza, il marketing, la costruzione di relazioni interattive con i lettori. Senza perdere di vista etica e deontologia professionale. Proprio come hanno mostrato e dimostrato le esperienze di imprenditoria giornalistica presentate a Vienna, tra cui l’italiana Fps Media, creata cinque anni fa da dieci colleghi con un capitale di qualche centinaia di euro a testa, che si avvia a raggiungere un fatturato annuo di 500 mila euro. Sulla stessa linea di apertura deve andare uno sforzo nuovo per includere pienamente giovani professionisti, donne e freelance nella partecipazione e nelle tutele dei sindacati, dove in molti casi sono ancora emarginati o non trovano comunque risposte soddisfacenti ai proprio bisogni.

Rispondere alla crisi – è la conclusione che arriva dal seminario Efj di Vienna – vuol dire, insomma, ampliare la gamma di servizi agli associati, a tutti gli associati. A partire dalla formazione e dall’assistenza su materie finora inesplorate.
Da questa riflessione, condivisa dall’Efj, non può e non deve esentarsi il Sindacato italiano. La vocazione a offrire servizi, accanto a tutele e battaglie per i diritti, è del resto una strada imboccata da tempo dalla Fnsi, attraverso soprattutto le Associazioni territoriali, dalle più grandi alle più piccole. Ma non basta. Perché i servizi vanno ripensati in ottica nuova e innovativa, costruiti intorno a esigenze più mirate, di gruppi di colleghi ben definiti: i cinquantenni che hanno perso il lavoro così come i giovani (o meno giovani) con idee imprenditoriali, le donne, i collaboratori, i freelance… Che è anche l’unico modo per avvicinare e coinvolgere in maniera diretta queste categorie differenziate, in un’ottica di crescita del numero di iscritti e di capacità del Sindacato di rappresentare davvero l’intera categoria.

Uno strumento trasversale è appunto la formazione, con corsi però non generali e generalizzati ma ritagliati e realizzati su misura, “taylor-made” come direbbero gli economisti. Con un occhio molto attento a Internet e alla multimedialità, vero futuro della professione. Ma è anche indispensabile offrire percorsi di costruzione e realizzazione delle iniziative imprenditoriali, dall’aiuto per la redazione di un business plan alla consulenza per gli aspetti normativi e fiscali, e assistenza per ottenere finanziamenti e accedere ai fondi europei, nazionali o regionali. Un’iniziativa interessante, proprio in questa direzione, è quella che l’Inpgi sta presentando in queste settimane in tutta Italia. L’obiettivo è far rientrare pienamente i giornalisti tra i professionisti titolati a partecipare ai bandi di assegnazione dei finanziamenti comunitari, da quelli diretti a quelli indiretti, con un’attenzione particolare alla possibilità di utilizzare il programma “Progress microfinance”, istituito nel 2010 per aiutare la costituzione e lo sviluppo di piccole imprese attraverso microcrediti, prestiti fino a un massimo di 25 mila euro concessi da intermediari aderenti all’iniziativa. E un fondamentale passo avanti in questa direzione è stato compiuto qualche giorno fa, con il riconoscimento da parte della Commissione europea delle potenzialità imprenditoriali delle libere professioni, la loro equiparazione piena alle piccole imprese e la partecipazione al piano di fondi europei.

L’iniziativa del nostro Istituto di previdenza, d’intesa con l’intera rete nazionale delle professioni, sollecita un’ulteriore considerazione. In Italia, accanto al Sindacato unico, abbiamo una serie di enti e istituti – l’Inpgi, appunto, la Casagit e il Fondo di previdenza complementare – che vanno a comporre un quadro di sistema complessivo (a cui io peraltro spero possa tornare a partecipare pienamente anche l’Ordine, una volta che abbia saputo autoriformarsi). Questo sistema complessivo è un’anomalia a livello internazionale, che – detto per inciso – ovunque ci invidiano e osservano con attenzione e interesse, e che è capace di garantire tutele e servizi ad ampio raggio. Ebbene: io sono convinta che questo sistema sia chiamato da subito e sempre più nei prossimi anni a una grande coesione e collaborazione per un’azione di governo e di gestione delle risposte adeguate e concrete alle esigenze vecchie e nuove del mondo del lavoro giornalistico. Di tutto il mondo giornalistico: dipendenti, parasubordinati, freelance e “imprenditori”. Solo così il Sindacato, il nostro Sindacato, sarà forte, vero e capace di reinventarsi e di guardare al futuro.

* Vicesegretario Fnsi e membro dello Steering Committee della Efj


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