BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

La lingua dei “sangue mostro”

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In un recente incontro dedicato alla canzone napoletana al quale ho partecipato come relatore, condividendo il tavolo con l’artista Peppe Barra, i giornalisti Pietro Garagano e Mariagrazia Poggiagliomi, proprio la firma del Mattino Gargano analizzando le nuove voci metropolitane, i nuovi ritmi, i nuovi istinti che nascono non solo dalle periferie della metropoli campana ha giustamente sostenuto “Che la nuova melodia partenopea, in pratica la canzone napoletana, per il  momento si riflette, si riassume con una qualità eccezionale proprio grazie alle voci del rap”. Di questi suoni e voci newpolitana, come scrive il critico Fderico Vacalebre, ne fanno marte anche i Sangue Mostro, che richiamano così il Sangue di San Gennaro patrono di Napoli, che hanno da poco pubblicato “Cuo-Rap”, il loro secondo album con l’etichetta napoletana indipendente “Jesce Sole”. Questo canto non si limita solo ai confini di “Una Napoli che non ti raccontano”, ma è capace di andare oltre con un’analisi obiettiva culturale, sociale e politica. “I Tiggì sono una presa in giro, con la scusa dello spread ragliano i cani” (“Non me ne parlare proprio”), poi c’è l’attenzione alla nuova deriva del gioco d’azzardo (“Juoc Money”), “Perdi lo stipendio alle slot machine, mentre tua moglie si prostituisce per recuperare denaro, poi il tutto non basta ed ecco che cadi tra le braccia dell’usura”).

E poi come non poter dimenticare l’epopea dei magliari, adesso diventati (gli italiani) venditori televisivi mentre per le strade ci sono gli immigrati. In questo brano è ottima la campionatura della voce di Mario Trevi. Così, tra un brano e l’altro, non sarebbe azzardato dire che questa musica potrebbe anche invadere le sale da ballo. Provocazione? Assolutamente no. Le impressioni che si ricevono dall’ascolto di questo lodevole lavoro vengono confortate, poi,  proprio da un’intervista che il gruppo ha rilasciato a Maurizio Merolla per “Il Brigante”, una rivista napoletana, dove si legge chiaramente: “Il napoletano è una lingua che si sposa perfettamente con la ritmica, per questo dal palco non possiamo limitarci solo a dei comizi, ma bisogna far ballare, muovere e divertire chi ci ascolta”. Ci si può credere, anche quando affermano che “Napoli è la vita che ti prende a morsi, la vita che non ti fanno vedere”. Dunque, i motivi di approfondimento che nascono da queste periferie metropolitane sono tanti ed importanti, non si lasciano distrarre a vuote melodie da vicolo, ma sono capaci di alzare l’asticella del confronto. Poi, mentre annotiamo le partecipazioni di Clementino, Zulù, ‘Ntò, Dj Gruff, Papa J, Kayaman, Jovine, Napoli Rap Art, Wena AG e il pianista Francesco Villani, che impreziosiscono il lavoro, comprendiamo che il dibattito e il confronto è appena cominciato. Il futuro è roseo per questo nuovo linguaggio che affonda radici dalla tradizione. I Sange Mostro una voce autorevole di quest’identità.


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