Eravamo abituati se non alla buone pratiche, alla trasparenza. Ai primi di gennaio, due anni fa esattamente il 7, i Monopoli di Stato, cinghia di trasmissione dell’azzardo, comunicavano i dati della raccolta in Italia. Un compito dovuto probabilmente vista la dipendenza dal Ministero dell’Economia, dal Governo, dallo Stato in definitiva. Ora questo dovere si è estinto e proveremo a spiegarne le ragioni. Tecnicamente la cifra si ricava per induzione con il contributo della Confindustria del gioco. Ma siamo nel campo della stima ufficiosa. Lo Stato non ci mette il timbro, non certifica quello che incassa. E la spiegazione è strategica perché realisticamente i Monopoli, facendo il giro largo presso i concessionari, in realtà conoscono ”live” incassi e andamenti. Ma questo comportamento è il segnale che in questo momento non è popolare parlare di azzardo nel momento in cui la coscienza civile del paese e la parte della politica “sana” ha preso atto della degenerazione del fenomeno e cerca di arginarlo. Noi non vorremo il mantenimento dell’esistente. Perché non basta. Come Libera e come Mettiamoci in gioco.
Non vogliamo proibire e negare le ragioni dell’azzardo ma ci battiamo per un deciso passo indietro che, metaforicamente, potrebbe essere descritto come un disarmo e una decrescita. Indubbiamente se la fotografia del paese lo mostra ancora in deflazione con segnali minimali di crescita si può intuire come non sia edificante mostrare una movimentazione di 85 miliardi (di cui 17 miliardi definitivamente persi dagli italiani). Lo “spreco” economico ci colloca al quarto posto mondiale, una medaglia di cartone che contribuisce all’impoverimento della classe media. Quanto ai poveri sono sempre più poveri (“Miseria ladra!” è una meritoria contigua battaglia) perché tale è l’azzardo: un ulteriore tassa sulla povertà che si aggiunge, nel clima generale, al depauperamento delle risorse morali e materiali delle famiglie. In questo quadro occultare i dati da parte dei Monopoli equivale a un atto di minimizzazione che certo non contribuisce all’immagine serena di un azzardo di Stato pulito, trasparente e consapevole. E’ come se i Monopoli avessero perso il diritto di parola, imbavagliati dalla prospettiva di un provvedimento di legge e dall’imbarazzo per quanto magistratura e direzione nazionale antimafia in tandem vanno scoperchiando attraverso inchieste, sequestri e arresti su tutto il territorio nazionale.
Di pari passo i loro responsabili sono assenti ai convegni, come se fossero protagonisti “a loro insaputa” di una delle più grandi dipendenze della nazione. Di fronte a questo forfait è la politica che deve riprendere in lan o la cabina di regia e orientare le scelte con un saldo possesso della materia. Troppi scandali hanno inquinato l’azzardo di Stato con le pesanti responsabilità di dirigenti dei Monopoli che “sono stati rimossi ma promossi” secondo l’adagio della vecchia massima lattina “promoveatur ut amoveatur”