Basta girare l’Italia o andare semplicemente in metropolitana in una delle città italiane per rendersi conto che la crisi economica, politica e morale del nostro paese (è un giudizio dei nostri vicini francesi, inglesi e tedeschi, non solo di chi scrive) continua ad esserci e che la crescita non è ancora incominciata. E proprio dall’Italia di oggi arrivano, insieme con le belle giornate sempre più frequenti e con il caldo in aumento, segnali non sempre confortanti. Nei giorni scorsi per la partita del 9 marzo tra la Fiorentina e la Juventus, alla squadra bianconera i giudici sportivi hanno dato soltanto 25mila euro di multa per le scritte contro gli ebrei e la cosa è apparsa grave a quella parte di italiani che crede ancora ai valori essenziali della nostra Costituzione. Ma i segnali poco incoraggianti non finiscono qui perchè, se si vanno a leggere i punteggi degli studenti dell’Università di Torino ai test di ingresso, si scopre che il quarantuno per cento dei giovani (quasi uno su due) non l’ha superato e che proprio nelle domande di cultura generale sono andati a un vero e proprio disastro. I primi mille classifi cati hanno azzeccato soltanto il diciotto per cento delle domande di cultura sui sei disponibili. Certo, come succede da sempre ( per chi lo avesse dimenticato) è sempre il Nord quello che consente di ammettere il numero maggiore di studenti, il 52% (sono stati in tutto 10.120, abbiamo sempre troppi medici in Italia!) seguito dal 27% nel Sud e dal 21% nel Centro.
Potremmo continuare perchè, visto che siamo in una crisi organica della penisola, le notizie che affluiscono nei giornali, come nei canali televisivi più diffusi, e troppe famiglie arrivano ancora alla quarta settimana con grande difficoltà. Ma oggi è una festa speciale perchè si lega- più di tutte le altre- alla nostra storia, e il traguardo raggiunto, quello della Costituzione repubblicana approvata il 27 dicembre 1947- è arrivato dopo più di un ventennio di indicibili sofferenze, alcune pene capitali emesse dal Tribunale Speciale Fascista (29 per l’esattezza) e centinaia di anni di carcere e di confino che hanno soffrire ai ferri, fino alla morte, uomini come Antonio Gramsci, che hanno visto fascisti e loro amici uccidere a Roma il 10 giugno del 1924 il deputato Giacomo Matteotti e in Francia grazie ai Cagoulard, Carlo e Nello Rosselli il 9 giugno del 1937 quando già la seconda guerra mondiale premeva alle porte dell’Europa, dilaniata dai contrasti interni.
Arrigo Boldrini, uno dei grandi leader nella lotta partigiana diceva una frase che, in quest’Italia preoccupata per la crisi e, come sempre, con scarsa o nessuna memoria del suo passato (lo diceva sempre Alberto Arbasino) diceva che “abbiamo combattuto assieme per riconquistare la libertà per tutti: per chi c’era e per chi non c’era e anche per chi era contro.”
Senza dimenticare, naturalmente, che tanti italiani si schierarono con Hitler e con il Giappone militarista e filofascista ma che, per fortuna, ebbero la meglio, con l’aiuto indimenticabile delle truppe alleate, i giovani, ragazzi e ragazze, che a volte, senza dubbio, erano stati vicini al fascismo ma che, proprio attraverso il conflitto, avevano capito quali erano i valori da difendere e per i quali rischiare perfino la vita.