Gli Stati Uniti, leader del mondo occidentale, sono uno dei quaranta Paesi dove ancora si applica la pena di morte. In effetti, i Paesi che non l’hanno abolita sono 91 ma di fatto non è più applicata. E nello stesso territorio americano soltanto in 32 Stati è ancora in vigore. I favorevoli alla pena capitale sono ancora il 63 per cento, ma nel 1994 raggiungevano addirittura l’80 per cento. I motivi che hanno spinto i cittadini americani a rivedere le proprie posizioni sulla pena capitale sono principalmente due: non costituiscono un deterrente (i delitti aumentano) ma soprattutto gli errori giudiziari. Negli ultimi anni sono stati addirittura 144, cioè i detenuti in attesa dell’esecuzione poi prosciolti. Il Dipartimento della Giustizia, esaminando 120 casi ha accertato oltretutto che ben 27 esecuzioni erano sbagliate, quasi sempre per errori dell’Fbi che ha raccolto testimonianze inattendibili, spesso dietro motivazioni razziali.
L’ultimo caso è sicuramente clamoroso. Riguarda l’omonimo di un grande attore western, ma il Glenn Ford di cui parliamo ha pagato la colpa di essere nero. Dopo trent’anni nel braccio della morte, in Louisiana, lo hanno scarcerato. La sua storia comincia nel 1984 quando viene condannato a morte. Lo riconoscono colpevole dell’omicidio di un gioielliere, Isadore Rozeman, durante una rapina. E’ condannato da una giuria completamente di bianchi malgrado l’arma del delitto non sia mai stata trovata e non vi fossero testimoni oculari dell’assassinio (era stato inizialmente accusato da una donna che aveva poi ritrattato). Ford si dichiara innocente, giura di non essere coinvolto nell’omicidio, dopo il primo verdetto ricorre in appello più volte. Ma non viene ascoltato. Viene trasferito nel braccio della morte nell’estate del 1988. Adesso un giudice della Louisiana lo ha scagionato sulla base di nuove informazioni che confermano la sua versione dei fatti. Il giudice, ha spiegato l’avvocato di Ford, ha riconosciuto che il processo è stato “compromesso da avvocati inesperti e dal fatto che alcune prove sono state dichiarate inammissibili, incluse informazioni fornite da un testimone. Glenn Ford non avrebbe nemmeno mai dovuto essere arrestato: non ha partecipato e non era nemmeno presente durante la rapina”. Adesso Ford ha 64 anni ed è pieno di rancore: “Ho passato metà della mia vita in carcere per qualcosa che non ho fatto. Mio figlio era un bambino quando mi hanno arrestato, adesso è un uomo adulto con dei figli”. Attualmente 83 uomini e due donne sono detenute nel braccio della morte in Louisiana. Secondo la legge statale chi viene incarcerato ingiustamente ha diritto a un risarcimento che complessivamente per Ford arriverà a circa 300 mila dollari, poco meno di 200 mila euro. Ma nessuno gli chiederà scusa né nessuno pagherà per gli errori.
Solo l’anno scorso sono state eseguite negli Stati Uniti 80 condanne a morte, 15 in Texas, il paese del far-west. Rinchiusi nel “death row”, il braccio della morte, attualmente ci sono 3500 detenuti, il 40 per cento sono cittadini afro-americani nonostante che rappresentino soltanto il 12 per cento della popolazione. Mentre montano le polemiche per i metodi di esecuzione, gli ultimi attraverso un cocktail letale che allunga l’agonia anche a un quarto d’ora, una vera tortura. Fra quelli che attendono ci sono anche numerosi disabili mentali, contro ogni convenzione internazionale, e minorenni all’epoca del reato. E quanti, oltretutto, sono innocenti? Un rapporto dettagliato è fornito dal sito “The Innocence List” (http://www.deathpenaltyinfo.org/innocence-list-those-freed-death-row). Molte associazioni continuano a battersi contro la pena capitale. L’ultimo caso, segnalato da “Nessuno tocchi Caino” è di un italo-americano, di origini siciliane, Anthony Farina da vent’anni nel braccio della morte in Florida per una rapina commessa quando ne aveva diciotto. La Farnesina già si è mossa.
Qualche anno fa il giudice della Corte Suprema Harry Blackmun scrisse: “Mi sento moralmente e intellettualmente obbligato ad ammettere che l’esperimento della pena di morte semplicemente non è riuscito. Quanto tempo dovremmo aspettare prima che la maggioranza dei giudici lo ammetta?”. Già, quanti anni?