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Un’Italia con Renzi, non per Renzi. Caffè del 3 marzo

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“L’urlo di Kiev – scrive Repubblica – è già guerra”. Urlo sì,  per il Corriere, ma di “paura” perché “l’occidente è diviso”. La Stampa intervista il segretario di stato americano, Kerry, che vuole Putin fuori dal nel G8. “Londra e Parigi annullano i vertici. -scrive il giornale di Torino-  Merkel lo chiama: apre al dialogo. Equilibrio di Renzi: violazione inaccettabile”. Il solito coro di voci libere e stonate. D’altra parte l’Unione Europea avrebbe dovuto, per tempo, evitare di illudere parte della classe dirigente ucraina che gli avrebbe aperto le porte, come avrebbe dovuto farsi sentire contro Janukovyč e isolare l’ala ultra nazionalista di piazza Maidan.

“Ho visto gli ucraini piangere per la morte del loro Paese. Ieri nel centro di Simferopoli” Comincia così il “pezzo” di Domenico Quirico. (Come sarei stato felice di sentire qualcosa di simile dall’inviata in Crimea della mia ex all news, invece di ripetere fino alla nausea informazioni che non informano. Giornalismo non è farsi vedere in un posto, è provare a capire, sbagliare, provare di nuovo, per rispetto di chi ti legge, o ti ascolta). Già, l’Ucraina ha ritrovato il suo orgoglio nazionale, fino a piegare Parlamento e Presidente, proprio mentre si perdeva come nazione. Al dunque, la Crimea sceglierà Mosca. Lo ammette anche Richard Perle, già consigliere di Bush. E Putin userà i “fratelli russi” dell’est per tenere al guinzaglio lungo i “nemici” di Kiev. Gli Stati Uniti non potranno, nella situazione data, che “contenere il danno”, magari, ripensandogli assiomi stantii della politica estera. L’Europa dovrà decidere se esistere, oltre gli stati nazionali, o restare un non luogo, poco più di un’intenzione.

Repubblica celebra, con Ilvo Diamanti e un sondaggio Demos, le magnifiche sorti e progressive di Matteo Renzi e del governo. Al secondo turno la coalizione intorno a Renzi sbaraglierebbe quella di Berlusconi, totalizzando quasi il  60 per cento. Se si votasse oggi, sulla base di intenzioni e promesse, il Pd del Premier toccherebbe il 35 per cento, sfondando nell’elettorato a 5 Stelle. Fiducia del 64 per cento per il Premier e  un italiano su 3 crede nella durata fino al 2018 della legislatura e del governo.

D’altra parte, pur senza sondaggi ma usando “il naso”, politico, del giornalista, da tempo avvertivo come  una parte importante di italiani per bene voglia credere nelle promesse di Renzi e conti sulla sua “energia pura” – la definizione è della senatrice Di Giorgi –  per dare una scossa alla “bella addormentata”, Italia. Ma, c’è un ma. Renzi deve correre – lo dice Diamanti – e districarsi tra gli ostacoli.

Il primo, vistoso, ingombro viene dalla richiesta di rimozione del sottosegretario Gentile che, in Calabria, chiamano con un poco onorevole soprannome, lo stesso che il Giornale oggi sbatte in faccia al lui e al suo mandatario: “Alfano ‘cinghiale’ ferito”. È tutto dire. Che farà Matteo Renzi? Dopo aver risposto a Saviano che vuole l’auto riciclaggio e misure efficaci contro la mafia SPA – Saviano risponde “prendo sul serio l’impegno del Premier”- come potrà dire che le pressioni per cancellare una notizia, vera, da un giornale calabrese siano una bazzecola, un peccato veniale? Si siederà Renzi accanto a Gentile, come Letta accanto ad Alfano? O, come per la Cancellieri il Pd di Epifani, anche il Pd di Renzi minaccerà di cacciare chi  – io, per esempio –  intendesse votare la mozione di sfiducia al sotto segretario? Cavoli amari. Sui voti siciliani e calabresi, Alfano si gioca, alle Europee,  la sua partita con Berlusconi.

E Berlusconi se la gioca (l’ultima chance di risorgere) con la legge elettorale. Oggi D’alimonte, considerato ideatore dell’Italicum e tutor del Premier, dice al Corriere della Sera che, nell’ultima versione, il premio di maggioranza è troppo esiguo per garantire governabilità. Per alzarlo e non finire sotto la tagliola della Corte Costituzionale, bisognerebbe portare la soglia minima per far scattare il premio al 40 per cento. Mentre la soglia minima per entrare, da soli e non mal accompagnati. in Parlamento si dovrebbe abbassare al 4. Da tempo anch’io ripeto “4 – 40”. So bene che tali modifiche farebbero infuriare B, almeno quanto il sacrificio di Gentile irriterebbe Alfano. Slalom fra paletti ad alta tensione, per il piè veloce Matteo.

Il quale è un rivoluzionario, lo dice, alla Stampa, pure Daniel Cohn-Bendit, che a una quasi rivoluzione, nel 68, prese parte. “Di certo Renzi ha fatto una rivoluzione, nel senso che ha preso il potere con una rivolta interna al suo partito. Non so però dove vada questa rivoluzione, a destra, a sinistra, verso l’altro, verso il basso”. Daniel, non ci resta che attendere. Magari preparandoci, alle evenienze.

Da corradinomineo.it


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