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Un bicameralismo differenziato per rafforzare il Parlamento

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Sin dall’inizio della legislatura si è affermata la necessità di procedere alle riforme costituzionali (in discussione da quarant’anni) e – dopo la fase delle “larghe intese” di Governo, che miravano a rivedere l’intera seconda parte della Costituzione – soprattutto di modificare il bicameralismo. In proposito sono circolate molte ipotesi – anche nell’ambito della Commissione dei “saggi” – che oscillano tra varie configurazioni del Senato come Camera delle autonomie e altrettante come Camera delle garanzie. Purtroppo, alcune proposte più recenti – a partire da quella confezionata dal Governo alcuni giorni fa – non sembrano rispondere a nessuna di queste idee, non essendone chiare le finalità.

Infatti, una riforma normalmente risponde ad alcune precise esigenze di cambiamento le quali ne determinano i contenuti. Senza un serio esame delle necessità di cambiamento qualunque testo rischia di risultare pasticciato. Cominciamo quindi col chiederci quali siano le ragioni di una possibile riforma del bicameralismo.

In primo luogo vi è la necessità di una più efficace attuazione dell’indirizzo politico della maggioranza attraverso Governi stabili ed efficienti. A questa risponde l’idea di mantenere il legame fiduciario con la sola Camera dei deputati, come normalmente avviene nelle democrazie parlamentari europee, e affidare la normale attività legislativa – che dell’indirizzo politico rappresenta lo svolgimento – alla sola Camera dei deputati. Il Senato, come avviene in molte esperienze straniere, potrebbe comunque svolgere opportunamente il ruolo di una Camera di riflessione, con la possibilità di “richiamare” le proposte approvate dai deputati che manterrebbero comunque la parola definitiva, salve limitate ipotesi di leggi bicamerali (in considerazione del loro particolare rilievo).

La Camera alta, invece, dovrebbe recuperare nuovo spazio nell’esercizio di alcune funzioni di controllo come quella d’inchiesta o di parere e assenso sulle nomine del Governo, secondo quanto già positivamente sperimentato in altri ordinamenti. Un’ulteriore esigenza che risulta spesso richiamata sarebbe quella di realizzare, attraverso il Parlamento, un migliore coordinamento dei livelli territoriali, in particolare a livello legislativo. In questo senso, quindi, riteniamo che il Senato, consolidando il suo legame con i territori e le istituzioni regionali, potrebbe divenire una sede di coesione territoriale, partecipando, con potere decisionale, al procedimento legislativo nelle materie di legislazione concorrente (da ridurre e coordinare con il principio dell’unità giuridica ed economica della Repubblica) e in relazione alle leggi che incidono sulle autonomie territoriali.

Le caratteristiche della riforma e le conseguenti importanti funzioni attribuite o mantenute al Senato, e, in particolare, quella legislativa (nei termini precisati) fanno ritenere – come ha precisato anche Carlassare – che esso debba essere eletto (almeno in larga misura) a suffragio universale diretto (ferma restando la riduzione del numero dei senatori come di quello dei deputati). La elezione popolare è infatti certamente quella che meglio realizza il principio democratico rappresentativo e in proposito non può, in effetti, che guardarsi con preoccupazione ai diversi tentativi di limitare la possibilità per i cittadini di esprimere le loro scelte attraverso il voto (come sembra avvenire attraverso una legge elettorale ancora molto discutibile, il mantenimento di Province che nessuno più elegge e, appunto, secondo alcuni disegni, la previsione di un Senato in parte di secondo livello ed in altra parte addirittura di nomina presidenziale), proprio mentre sarebbe necessario recuperare una maggiore partecipazione.

Ci auguriamo, in sostanza, che il percorso delle riforme costituzionali che verrà probabilmente intrapreso cerchi di rispondere a esigenze reali e ben chiarite, ricordando che esse comunque devono mirare ad un rafforzamento del Parlamento, centrale nella nostra forma di governo, e non ad una diminuzione della sua autorevolezza con la trasformazione della seconda Camera in una Camera secondaria.


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