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#Stufidiquestaitalia? Facciamo votare i norvegesi? No, cambiamo legge elettorale ma per davvero

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#Stufidiquestaitalia? Come dice Claudio Bisio in una sua battuta storica: “Chiediamo ai norvegesi di venire a votare al posto nostro?”. Battuta, ma fino a un certo punto. In effetti a volte si ha proprio l’impressione che noi italiani non siamo in grado di eleggere rappresentanti delle Istituzioni degni di questo nome. Ma è tutta colpa nostra? Si può “cambiare politici”? Come si fa? La buona notizia è che sì, si può fare, a patto però di selezionare la classe politica con una buona legge elettorale, adatta alle esigenze del nostro Paese e che soprattutto faccia emergere le risorse competenti e oneste sia nelle formazioni politiche che nelle Istituzioni.

Dopo venti anni di discussioni e di esperimenti, oramai un po’ tutti noi italiani, esperti o meno della materia, ci siamo fatti un’idea di ciò che non va nel nostro sistema di governo e quali sono gli obiettivi principali che una riforma elettorale dovrebbe perseguire:  1) Rappresentatività del Popolo, attraverso la possibilità di scegliere direttamente i propri rappresentanti nelle Istituzioni. 2) Stabilità, longevità dei governi e governabilità, ovvero la capacità di chi arriva nella stanza dei bottoni di cambiare effettivamente le cose. 3) Basta con la frammentazione dei partiti e con il potere di ricatto delle piccole formazioni politiche, nonché con il cosiddetto “scilipotismo” (sport molto praticato negli ultimi anni per cui alcuni parlamentari saltano da una parte all’altra secondo la convenienza del momento). Partendo dal presupposto che l’accelerazione di Renzi sulle riforme e in particolare sulla legge elettorale è stata per tutti noi come prendere una boccata di ossigeno a pieni polmoni, ora però ci chiediamo: la proposta Renzi/Berlusconi in discussione in questi giorni alla Camera, risponde a queste necessità che noi tutti sentiamo?

Partiamo dal primo punto, sicuramente il più ostico: le liste bloccate. E’ evidente che queste, lunghe o corte che siano, essendo i candidati proposti dalla dirigenza del partito, non possono soddisfare l’esigenza primaria del nostro Paese di sceglierci direttamente i nostri rappresentanti da portare in Parlamento. Ora che finalmente sono state tolte per effetto della decisione della Consulta non può essere una giustificazione sufficiente alla loro reintroduzione la visione, discutibile e tuttavia molto di moda in questi anni, delle preferenze=male assoluto. E’ un po’ come dire: “Siccome tu cittadino spesso ‘voti male’ allora noi partiti selezioniamo i candidati al posto tuo”. Principio che già di per sé non sta in piedi. In più pensare di risolvere il problema dell’inquinamento del voto da parte di gruppi di interesse o della criminalità organizzata con le liste bloccate o con i collegi uninominali come abbiamo visto in questi anni è pura illusione.
Difatti senza una legge sui partiti attuativa dell’Art.49 della Costituzione che garantisca la democrazia interna (si veda al riguardo: “Nei Partiti c’è Democrazia?”- Di Manuela Campanella su Articolo 21) le liste bloccate e i collegi uninominali nel sistema maggioritario ad un turno unico portano avanti le persone gradite ai vertici dei partiti e bloccano qualsiasi possibilità di rinnovamento della classe dirigente (basta pensare a quanto avviene nei partiti negli ambiti territoriali per rendersi conto che lo stesso ricorso alle Primarie dei Parlamentari vada vagliato con molta attenzione).

Ma come, direte voi, anche con i collegi uninominali? Ebbene sì, Giovanni Sartori a questo riguardo spiega che “con il sistema uninominale a un turno unico di collegio le mafie controllano il voto più facilmente e meglio che con le preferenze”.  Con quest’ultime si dà ai cittadini la piena libertà di designare i propri rappresentanti premiando le persone il cui operato è giudicato migliore all’interno di una stessa formazione politica. Si favorisce così il ricambio delle idee e delle energie consentendo anche a candidati nuovi di farsi strada nei partiti e nelle Istituzioni. Il maggioritario con doppio turno di collegio, invece, cancella il voto utile consentendo a figure nuove e partiti minori di emergere alla prima tornata ed eventualmente anche strappare la vittoria ai più grandi alla seconda. Per cui sarà giocoforza da parte dei partiti designare candidati in grado di conquistarsi il consenso sul territorio per vincere le competizioni elettorali. Negli altri due casi, liste bloccate e turno unico di collegio, come sappiamo le candidature le decidono i vertici dei partiti, con l’effetto che abbiamo visto di abbassare notevolmente il livello della classe politica sia dal punto di vista delle capacità intellettuali che morali.

Passiamo ai punti due e tre: governabilità e frammentazione dei partiti. Sicuramente il premio di maggioranza e l’eventuale doppio turno di coalizione (nel caso nessun partito raggiunga la soglia del 37%) determinano una maggioranza certa e un vincitore che dal giorno dopo l’elezioni siederà a Palazzo Chigi. Ma oltre ai validi dubbi di costituzionalità (un partito con meno del 30% può arrivare a ottenere fino al 53% dei seggi se vince il ballottaggio, (si veda al riguardo: Stefano Passigli – La Stampa 30 gennaio 2014) siamo sicuri che questo modello garantisca anche stabilità e longevità del Governo? Nonché una incisiva azione riformatrice? E i piccoli partiti smetteranno di condizionare l’attività di Governo, spesso addirittura paralizzandola?

Il doppio turno di coalizione e gli sbarramenti disegnano inevitabilmente un sistema bipolare, come il Mattarellum per intenderci. Ebbene questo sistema in Italia, confermando le previsioni degli esperti, ha incrementato notevolmente la frammentazione, aumentando il numero delle formazioni politiche (al contrario delle intenzioni del legislatore). Come mai? E’ semplice: i grandi partiti per vincere le elezioni e ottenere la maggioranza assoluta devono per forza cedere alle richieste delle piccole formazioni politiche che normalmente in Parlamento non avrebbero alcuna rilevanza. Come abbiamo visto con Prodi Presidente del Consiglio, ma anche con Berlusconi, il peso di questi “accordi” inevitabilmente si fa sentire poi sull’azione del Governo, minacciando la sua sopravvivenza e creando di fatto una palude di veti incrociati per cui in Italia non si riesce mai far niente. In sintesi mentre la stabilità e la durata dei governi negli ultimi venti anni è leggermente migliorata, la governabilità ovvero la capacità di cambiare effettivamente le cose assolutamente no.
Quindi, considerando anche che la “multipartiticità” è innata, parte integrante della nostra cultura, è di gran lunga più sensato puntare su sistemi elettorali che semplifichino il quadro politico, e non su delle forzature eccessive che finiscono per ottenere l’effetto opposto a quello voluto. Sia il proporzionale che il doppio turno di collegio (e non di coalizione) aperto a quattro candidati rispondono benissimo a questa esigenza di semplificazione, creando un sistema con quattro massimo cinque grandi partiti che si contendono la possibilità di vincere le elezioni, e eventuali governi di coalizione a due come in Germania. Quindi il potere di ricatto dei piccoli partiti viene completamente neutralizzato e la soglia di sbarramento diventa del tutto inutile.
Infine il problema della governabilità si risolve facilmente con l’adozione dell’istituto della sfiducia costruttiva in uso anche in Germania, Spagna e Belgio, per il quale non si può far cadere un governo se non si hanno anche i voti per approvarne uno nuovo. Così si ottengono stabilità, durata e effettiva possibilità di approvare i provvedimenti necessari: governabilità appunto. E questo perché scomparirebbe il mal costume che porta  le opposizioni interne e esterne alla maggioranza a votare “no” a provvedimenti che ritengono giusti esclusivamente nell’intento di osteggiare il Governo fino a farlo cadere. Con il risultato che abbiamo visto in questi anni di bloccare completamente il  Parlamento e il “sistema Paese”. Nella stessa direzione va anche la possibilità di dare la fiducia solo al Presidente del Consiglio, il quale a sua volta sceglie in completa libertà la compagine di governo che ritiene migliore e che può cambiare a sua discrezione.

E’ urgente sbloccare il Paese e le tante energie positive che aspettano solo di essere utilizzate. E questo si può fare solo con adeguate riforme istituzionali. Prima fra tutte una legge elettorale in grado di consentire il rinnovamento della classe dirigente politica attraverso la selezione dei rappresentanti delle Istituzioni.
La legge elettorale non può e non deve corrispondere agli interessi di una parte politica come purtroppo sembra essere in questo caso. Piuttosto meglio lasciare le cose come stanno e andare al voto con la legge proporzionale con le preferenze attualmente in vigore.

In effetti la scelta del doppio turno di coalizione e gli alti sbarramenti sembrano mirati ad arginare l’ascesa di Grillo e soprattutto a restituire la leadership assoluta del centro-destra a Berlusconi, i cui effetti di ricomposizione della coalizione già si sono visti: Alfano e perfino Casini  sono stati costretti a ritornare “all’ovile” e ad abbandonare i tentativi di creare un polo moderato di centro-destra alternativo a FI. Anche le liste bloccate altro non sono che l’unico modo che Berlusconi ha di controllare e rimettere in riga definitivamente i forzisti dissidenti. Quindi pensiamoci bene prima di mettere la firma del PD su una riforma voluta da Berlusconi e che di fatto sembra avvantaggiare solo lui. Ancora questa volta saranno il Paese e tutti gli italiani a pagarne le conseguenze: dopo venti anni basta! Cambiamo politici e politica!


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