Con la fine dell’Unione sovietica, la Russia (che ne ha ereditato non solo il seggio all’Onu, ma anche crediti – pochi- e debiti – un tempo tanti – ) ha sempre considerato gli ex paesi satellite come “estero vicino”. È un po’ quello che è accaduto per decenni per gli Stati Uniti con entrambi i continenti americani, considerati sorta di proprio giardino, dove fare il bello e il cattivo – per lo più – tempo. Bisogna entrare nell’ottica (imperiale) dell’estero vicino per capire le ultime mosse di Putin: mandare soldati in Crimea per difendere la minoranza russofona e russofila dalle minacce dell’Ucraina filo-europea, ossia evitare che anche quel paese finisca in pianta stabile nell’area di influenza dell’Occidente.
Non è la prima volta che accade e non sarà l’ultima. Nel 1992 la XIV armata russa interviene nella guerra civile che scoppia in Moldavia. Da allora il piccolo paese europeo ha una fetta di territorio che non risponde al controllo della capitale Chishinau: la Transnistria. Nel 2008, durante l’Olimpiade cinese, la Georgia tenta, militarmente, di riprendere il controllo di un territorio secessionista – l’Ossezia del Sud – abitato da una grande maggioranza di russofoni (e per lo più con cittadinanza di Mosca, grazie a passaporti distribuiti a piene mani). Putin annuncia, via tv, una forte risposta. L’attacco sferrato, via terra, mare e cielo, porta i soldati russi a pochi chilometri dalla capitale georgiana Tbilisi. Il paese perde così il controllo non solo dell’Ossezia del Sud ma anche dell’Abkhazia, da allora di fatto staterelli russi.
Ora è la volta della Crimea (penisola regalata da Krusciov all’Ucraina nel 1954) dove stanno affluendo militari russi. Sempre su richiesta dei rappresentanti locali perché questo richiede la liturgia (post) sovietica che Putin osserva fedelmente.
Va anche detto che dove la Russia non è intervenuta per aiutare i propri cittadini rimasti fuori dai confini patrii, questi non se la sono passata tanto bene. È il caso della minoranza russofona dei paesi baltici, rimasta per lo più apolide per il rifiuto delle nuove autorità nazionali di considerarli cittadini (essendo arrivati dopo il patto Molotov-Ribbentrop).
Sentirete in queste ore parlare di Guerra fredda. Ma si tratta invece di una nuova guerra di posizione, che in quell’area si combatte (a volte anche senza armi) da vent’anni. Dalla caduta del Muro la faglia tra Oriente e Occidente non si è mai assestata. Abbiamo e continueremo ad avere terremoti e scosse di assestamento.