Rieducazione: il senso smarrito. Presso il carcere di Vicenza indagati quindici agenti per presunti abusi su detenuti

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La notizia ha avuto poca diffusione e scarsissima rilevanza, se paragonata ai grandi eventi che prepotentemente occupano l’informazione nazionale in questi giorni. Qualche timido riscontro si è avuto a livello locale, giusto un paio di righe dalle agenzie di stampa. Tuttavia sono numerosi i focolai virali che sembrano infettare ogni giorno le membra del sistema carcerario italiano. A Vicenza 15 agenti hanno ufficialmente ricevuto un avviso di garanzia, per l’avvio di una indagine a loro carico, sulla base di numerose denunce pervenute dai detenuti dell’istituto di pena veneto. Il periodo dei presunti abusi sarebbe quello tra l’estate del 2012 e l’inizio dello scorso anno. Sconcerta la penuria di analisi e di conoscenza per un fatto così grave. Quello che qui sembra essere messo radicalmente in discussione è il concetto stesso di “rieducazione”.

Cosa vuol dire rieducare? Dovrebbe voler dire valorizzare la persona, porgerle ausilio per un fruttifero rientro nella società attraverso un virtuoso impegno di assistenza culturale, detentiva ed umana. Di fatto, le nostre carceri sono coacervi di annichilimento mentale, posti dove la persona non solo vien privata della sua identità, ma anche della sua dignità. Abusi fisici, verbali, psicologici, di stampo razzista, sono all’ordine del giorno. Il caso di Vicenza fa miseramente eco alla non tanto distante vicenda napoletana del carcere di Poggioreale, proprio quello cantato da Fabrizio De André. Ciò che lascia sgomenti, oltre all’effettiva negligenza ed ignoranza di un obbligo costituzionale, è il mutismo dell’informazione su tali vicende.

Se tirassimo le somme di una ipotetica addizione, alla perdita ed alla regressione del senso di rieducazione dovremmo anche aggiungere il silenzio imperante che brucia lentamente le vite all’interno di quelle strutture di pena. Come risultato otterremmo così l’istaurarsi, nel cuore della società, di quel senso di normalità anomala che assopisce le coscienze, addormenta il pensiero, domina la nostra volontà. Abbiamo i mezzi per cambiare, per dar voce alla giustizia, quella vera, per appurare la realtà dei fatti, per riappropriarci della nostra rieducazione. La politica non renda effettiva e sistematica, quasi avesse in mano una calcolatrice, quella tremenda operazione dagli addendi anomali e dal risultato terrificante.


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