Il nostro è fra gli stati più lontani dal raggiungimento dell’obiettivo contenuto nella strategia Europa 2020: venti milioni in meno. Invece di diminuire gli indigenti sono saliti: erano 14 milioni nel 2010, nel 2012 sono arrivati a 18,1 milioni
BRUXELLES – Nella giornata in cui tutti i giornalisti a Bruxelles sono occupati a scrivere sull’Ue che bacchetta l’Italia per gli squilibri macroeconomici eccessivi e per il suo alto debito pubblico e che paventa un possibile contagio per la zona Euro, un altro dato presentato dalla Commissione, anche questo molto allarmante, rischia di essere trascurato. Il nostro paese è fra quelli che si stanno allontanando dal raggiungimento dell’obiettivo – contenuto nella strategia Europa 2020 per una crescita verde, intelligente e sostenibile – di fare uscire milioni di persone dalla povertà e dall’esclusione sociale. L’Italia si era posta l’obiettivo di 2,2 milioni di poveri in meno, ma, mentre nel 2010 i poveri nel nostro paese erano 14,6 milioni, nel 2012 sono saliti a 18,1 milioni.
In una revisione dei cinque target contenuti nella strategia (che riguardano l’occupazione, la ricerca e lo sviluppo, il cambiamento climatico e l’energia, l’istruzione e la lotta alla povertà), si sottolinea come sia l’UE in generale a essere lontana dal raggiungimento di venti milioni di persone in meno in situazione di povertà e di esclusione sociale: infatti, gli europei colpiti da queste due piaghe sono cresciuti dai 114 milioni nel 2009 ai 124 milioni nel 2012. In altre parole: invece di andare verso una riduzione di venti milioni, si è assistito a un aumento di dieci milioni. Lasciamo al lettore fare il facile calcolo della differenza fra 124 milioni e l’obiettivo UE per il 2020 che era fissato a 96,4 milioni.
Purtroppo l’Italia è fra i paesi che si è comportata peggio per quanto riguarda la lotta alla povertà: in compagnia di Grecia, Spagna e Ungheria condivide il triste primato degli Stati che più si sono allontanati dai propri target nazionali. Ad aver invece già raggiunto il proprio obiettivo sono solo la Germania e la Lettonia, ma anche la Polonia ce l’ha quasi fatta. A muoversi nella giusta direzione la Finlandia, la Lituania, la Repubblica Ceca e l Bulgaria. Nel caso bulgaro, però, c’è da sottolineare come quel paese resti, in valori percentuali, ancora quello messo peggio per quanto riguarda la proporzione della popolazione in situazione di povertà e di esclusione sociale.
Inoltre, la revisione della Commissione mostra come il quadro a livello europeo si sia polarizzato: se nel 2008 la distanza fra i due esempi estremi (i paesi Bassi col 14,9% della popolazione a rischio di povertà e la Bulgaria col 44,8%) era di quasi trenta punti percentuali, nel 2012 è passata da un 15% nei Paesi Bassi al 49,3% in Bulgaria (una differenza del 34,3%).
Per tornare all’italia, siamo lontani dal raggiungimento dell’obiettivo che ci eravamo posti in termini di occupazione, con un 61% nel 2012 rispetto al range fra 67 e 69% che il nostro paese si era prefissato per il 2020.
Più vicino invece il target riguardante l’abbandono scolastico: l’Italia si è posta una fascia di riduzione di tale indicatore al 15-16% entro il 2020, e nel 2013 si era al 17,1%. Nonostante questo, insieme a Spagna e Romania figuriamo fra i paesi con progressi più lenti nella lotta a diminuire il numero di quelli che lasciano la scuola prima di terminare gli studi. Infine, per quanto riguarda l’istruzione universitaria, a fronte di un obiettivo per il 2020 al 26-27% (il più basso d’Europa), nel 2013 si era appena al 21,7%. (Maurizio Molinari)