C’è la frase finale di un piccolo libro Il mito del bravo italiano quasi un opuscolo, del direttore della biblioteca alla Fondazione Feltrinelli, Davide Bidussa, che mi è tornata in mente quando ho letto, sul quotidiano diretto da Ezio Mauro l’elenco degli stipendi percepiti, ancora oggi, dai manager pubblici. Bidussa, parlando dell’Italia di oggi, scrive:” La matrice generativa di tutto ciò è ancora l’intreccio antico-moderno che, di fatto, costituisce il vero ostacolo da rimuovere prima di individuare le tappe verso una possibile società davvero civile. Ma questo presume – ancora prima – che ci si liberi di un mito: quello di pensarsi come attori di una società civile già compiuta.”
Non lo siamo, su questo punto è meglio non avere dubbi. D’altra parte, se invece di un breve articolo, dovessi scrivere la relazione a un convegno di storici, non avrei nessuna difficoltà a partire, per restare ai contemporanei, dal saggio notissimo di Luigi Barzini su gli Italiani (Mondadori,1965) e andare avanti con quello straordinario di Claudio Pavone del 1974 sulla Continuità dello Stato, dell’americano Maier sulla Rifondazione dell’Europa borghese del 1979, quello di Raffaele Romanelli su Il comando impossibile (Il Mulino,1988)e il libro di Paul Ginsborg su L’Italia del tempo presente (Einaudi,2007). Molti libri a quanto pare ed altri ne vorrei citare che dicono in termini culturali e scientifici più o meno (o un pò di più, ad essere obbiettivi) di quello che scriveva sempre nel 2007 e sempre per l’editore Einaudi un noto scrittore come il genovese arguto Giulio Vassalli che apriva il suo saggio, un pò grottesco e umoristico, con una piccola favola sul Giudizio Universale. Dio decise di chiamare a sè tutti i popoli della Terra e di ciascuno di essi esaminò le virtù e decise di mandare tutti in Purgatorio perchè nessuno a suo avviso meritava il Paradiso e nessuno era abbastanza malvagio da trascorrere l’eredità in un posto sgradevole come l’Inferno. Poi Dio decise di chiamare l’Italiano ma non ebbe nessuna risposta.”Cosa può essergli successo – si chiese – perchè l’Italiano fosse assente.?” Tornò a chiamarlo.
Allora l’Italiano, vedendo che tutti si erano voltati verso di lui e lo stavano guardando, spalancò gli occhi e si mise una mano sul petto. Domandò: “Chi, io?.”
L’apologo è sintetico ma fa capire le nostre risposte a chi vuol giudicarci e magari rimproverarci per i nostri difetti. Ecco adesso vale la pena ricordare Mauro Moretti, amministratore del gruppo Ferrovie dello Stato, rinnovato nel suo mandato un numero molto alto di volte, che guadagna 873.666 euro all’anno e ha subito detto al presidente del Consiglio che, se porteranno il suo assegno annuale a 230.000 euro all’anno che corrisponde all’assegno corrisposto al Capo dello Stato, lascerà le Ferrovie dello Stato. Il fatto è che Moretti non è il manager che guadagna di più nelle aziende pubbliche quotate in borse (a cui peraltro il nuovo tetto retributivo non sarà applicato sicchè non correranno alcun rischio di vedersi ridotti i propri emolumenti!) ci sono Franco Tali, amministratore delegato SAI PEM (6.900.000 euro), Paolo Scaroni, amministratore delegato ENI(6.700.000), Fulvio Conti, amministratore delegato ENEL (3.900.000), Flavio Cattaneo; amministratore delegato TERNA (2400) e potremmo continuare per altri venti manager delle aziende pubbliche, in parte inclusi nel taglio e in parte no, sulla base esterna della quotazione in borsa oppure no. Si tratta, insomma, di dirigenti che sono stati nominati perchè graditi ai governi del momento e che, vista la grande arbitrarietà della nomina non gradiscono in nessun modo un intervento dell’attuale governo su di loro. Ecco, a ricordare i testi dei nostri amici storici e scrittori, questi sono di fatto gli italiani che (nell’apologo di Vassalli) a Dio non rispondevano e si limitavano a chiedersi, stupefatti: “Chi, io?”.