C’e’ una vera e propria conferenza stampa subito dopo la sentenza. Lucia Annibali non si sottrae alle domande dei giornalisti, ma evita in questo modo la calca dei microfoni, decine di persone addosso, quelle telecamere a venti centimetri dal volto. Ogni volta un assalto al tribunale di Pesaro. Soprattutto agli inizi quando lei non si faceva vedere, entrava da un ingresso a noi interdetto. Nel giorno dell’ultima udienza invece Lucia e’ perfino andata due volte al bar del tribunale. Accompagnata dalla scia inevitabile di telecamere e macchine fotografiche. Chiacchierava con le amiche, provava a godersi qualche istante di normalita’.
Questo e’ stato inevitabilmente un processo mediatico. Per la tragicita’ della storia, quel suo ex con cui aveva un rapporto tormentato, quel suo ex che intanto da anni aveva un’altra relazione, quel suo ex che e’ diventato padre in carcere ad agosto. Ma e’ stato un processo mediatico almeno per altre due ragioni: per l’acido gettatole sul volto – una brutale e dolorissima forma di violenza che purtroppo appartiene ad alcuni paesi mediorientali, ma che e’ un annientamento della donna da noi fortunatamente, fino a questa vicenda, quasi sconosciuto. Ma soprattutto la stampa e l’Italia intera si sono appassionate della straordinaria figura di Lucia, che mai ha mollato e che non lo fa nemmeno oggi, pronta ad entrare di nuovo in sala operatoria a Parma. Sara’ l’undicesima volta in meno di un anno. L’aggressione, la sera del 16 aprile 2013. Il suo volto completamente sfigurato oggi ha di nuovo un’espressione grazie al lavoro dei medici. I miglioramenti di volta in volta la fanno rinascere. Nella mezz’ora con la stampa si commuove solo per qualche istante, quando ringrazia i suoi medici.
Questa, lo ripete sempre Lucia, e’ una vita completamente nuova. Paradossalmente, dice dopo i 20 anni di condanna all’ex compagno, l’agguato e’ stato una liberazione. Ecco, da queste parole capisci, o almeno provi a immaginare, cosa deve essere stato l’incubo dello stalking. Lunghi mesi di terrore dopo la fine della storia. Anche di tentato omicidio il giudice ha ritenuto Varani colpevole. Il 20 febbraio dell’anno scorso le aveva manomesso l’impianto del gas a casa.
Seppur sfinita, Lucia si mette a disposizione dei giornalisti con serenita’ e pazienza. Il tono di voce basso, non esita mai nelle risposte. Lo sguardo rivolto verso chi le parla, non abbassa gli occhi alla scrivania. Varani non lo nomina mai. Non esprime rabbia nei suoi confronti, parla dell’ottimismo che le e’ arrivato dalle ustioni, da quella paura di non farcela che a sopravvivere che ti fa assaporare meglio ogni istante. Caspita, che lezione di vita, che coraggio. E’ cavaliere della Repubblica dal 25 novembre Lucia, per la forza, il coraggio e la determinazione. Ecco, li ha dimostrati ancora una volta a tutti, mentre Varani e i due complici albanesi, condannati a 14 anni perche’ ritenuti gli esecutori materiali dell’agguato, venivano riportati in carcere.
Eravamo tutti fuori dall’aula ad attendere la sentenza, quando a porte ancora chiuse un sms di Lucia avvisa un’amica. Lei mormora “20 anni, 20 anni”, abbraccia un’altra amica, gioiscono. La felicita’ e’ contagiosa. Quando il procuratore esce e conferma la condanna, c’e’ un lungo applauso. Urla di gioia. Ho visto colleghe giornaliste esultare, noncuranti di finire dentro gli obiettivi con sorrisi ed escalamazioni di felicita’. Mi ha fatto riflettere vederle abbracciare entusiaste le signore dell’Udi, unione donne in Italia, sempre presenti, a ogni udienza, per far sentire a Lucia vicinanza e solidarieta’. Alcune di loro hanno storie di violenza alle spalle, alcune di loro giustizia non ne hanno avuta.
Premesso che lo sappiamo, questo non si dovrebbe fare, quegli istanti mi hanno fatto pensare a quanto questa storia abbia toccato anche chi con i drammi della cronaca nera e giudiziaria ci ha fatto il callo da anni.
Con il massimo della pena, 20 anni nel rito abbreviato, il primo capitolo si chiude. Ce ne saranno altri ad Ancona e a Roma: il ricorso in appello, annunciato dalle difese, era naturale quanto scontato. Lucia intanto va avanti dritta per la sua strada, sostenuta dalla famiglia e dalle amiche. Martedi ricevera’ un premio dal Circolo della stampa di Pesaro, poi tornera’ all’ospedale di Parma. Intanto scrive un libro sulla sua storia ed e’ sempre piu’ insistente la voce di una sua discesa in campo alle europee. Non conferma e non smentisce. Lo sapremo presto. Di certo Lucia e’ un simbolo. E il suo sorriso, faticosamente riacquistato, ne e’ l’immagine piu’ bella. In un Paese dove i femminicidi non calano e il numero di violenze non denunciate e’ spaventoso, verrebbe dire che abbiamo davvero bisogno di lei.