L’Italicum e la frana della sinistra

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Siamo al delirio. Ormai alla povera politica nostrana – dove per politica si intende un qualcosa di serio e concreto, animato da ideali, valori e una sincera visione del mondo e del futuro – non rimane che la resa. Lo scriviamo con la morte nel cuore, trafitti dall’ennesima disillusione che siamo stati costretti a patire questa settimana – vittime anche noi del sortilegio che sembra essersi abbattuto su una sinistra mai così divisa e in disarmo, mai così in preda al populismo e all’isteria collettiva, mai così incapace di esprimere non dico una visione ma quanto meno un’idea, una proposta sensata, un’illusione, un progetto di crescita e sviluppo per il Paese. Nulla, ormai siamo arrivati al nulla assoluto, al vuoto, al gelo di ogni speranza, come dimostra plasticamente la geniale trovata renziana di una legge elettorale, il famoso “Italicum”, che, oltre ad essere pessima e pasticciata sotto mille punti di vista, d’ora in poi varrebbe solo per la Camera mentre il Senato dovrebbe essere abolito e sostituito con non si sa bene cosa.

Eh sì, perché i nuovi “padri costituenti”, spinti dalla necessità assoluta di portare a casa almeno uno straccio di risultato tangibile in vista delle Europee del prossimo 25 maggio, non hanno ancora chiarito (e i maligni sospettano che non lo sappiano nemmeno loro) non solo il meccanismo in base al quale i voti dell’Italicum dovrebbero essere trasformati in seggi, il celebre algoritmo, ma meno che mai quali saranno le sorti di Palazzo Madama e dei suoi inquilini.

Secondo Renzi, in virtù della sua filosofia nuovista e velocista, il Senato va abolito tout court e sostituito con una sorta di Camera delle autonomie, composta da sindaci e presidenti di regione, di natura non elettiva e senza compenso. Al che, qualcuno gli ha giustamente domandato: quali sarebbero le funzioni di questa mirabolante creazione, esclusa la facoltà di accordare la fiducia al governo? E lì è calato il silenzio, anche perché immaginiamo che pure Renzi e il suo entourage si siano chiesti quale autorevolezza legislativa potrebbe avere una Camera composta da gente che viene a Roma una volta al mese, non si sa per fare cosa, con quali compiti e quali funzioni, per giunta eletta per svolgere tutt’altro mestiere e con il fortissimo rischio dell’insorgere di nuovi conflitti d’interesse.

Per ora, dunque, sappiamo solo che i senatori dovrebbero compiere l’harakiri, non si sa in cambio di cosa, con quali garanzie e prospettive personali; e, visti i tempi e le personalità che popolano i palazzi del potere, non vorremmo essere scambiati per grillini se sospettiamo fortemente che la maggior parte degli inquilini di Palazzo Madama si stia chiedendo da tempo perché mai dovrebbe suicidarsi politicamente, esponendosi al rischio di porre fine alla propria carriera.

Tornando all’Italicum, non è cambiato assolutamente nulla. Il premio di maggioranza rimane spropositato e fortemente a rischio di incostituzionalità, le soglie di sbarramento e la soglia d’accesso al suddetto premio sono, a loro volta, assurde, di preferenze neanche a parlarne e persino una conquista apparentemente acquisita e politicamente conveniente per tutti, se non altro sul piano dell’immagine, quale la parità di genere nelle liste è stata rimessa in discussione. Il conflitto d’interessi, ovviamente, è sparito dai radar dei riformatori perché, se ti metti d’accordo con Berlusconi, devi essere pronto a pagare il conto salatissimo che il noto statista pregiudicato è solito presentare ai suoi interlocutori: niente conflitto d’interessi e niente scherzi sulla giustizia o salta tutto.

Ciò che sembra non capire Renzi, e sinceramente ci dispiace perché, così facendo, si sta giocando tanto la sua carriera quanto l’avvenire del concetto stesso di sinistra in Italia, è che noi abbiamo trascorso vent’anni nelle strade e nelle piazze, nelle istituzioni, sulla rete e ovunque ce ne sia stata data la possibilità a combattere contro le anomalie e le distorsioni introdotte nel sistema politico dal berlusconismo, prima fra tutte proprio il mostruoso conflitto d’interessi che da sempre caratterizza il Cavaliere. Senza dimenticare le battaglie non meno importanti in favore della dignità e dei diritti dei lavoratori, dell’acqua pubblica, di un’istruzione pubblica e di qualità, del rispetto delle istituzioni, della dignità e dei diritti delle donne, dei beni comuni, della cultura, del valore della ricerca; e che, pertanto, non ci accontentiamo della visita settimanale in una scuola (specie se condita da un’accoglienza canora sulla quale è opportuno sorvolare) e di qualche promessa buona per conquistare i titoli dei giornali: vogliamo vedere i fatti e un progetto chiaro e comprensibile di riscossa civica, non impossibile nemmeno in questa difficile stagione di larghe intese.

Se ben ricordate, infatti, da queste parti siamo stati piuttosto critici, all’inizio, anche nei confronti di Enrico Letta: non perché avessimo qualcosa contro l’ottima persona di Letta ma perché l’impianto di una maggioranza così eterogenea ci ha sempre lasciato scettici e indotto a un pessimismo legato alla difficoltà di costruire in Parlamento e nel Paese quel cambiamento vero senza il quale l’Italia e, di conseguenza, l’Europa sono destinate ad affondare. Poi, però, con tenacia e impegno, Enrico Letta ci ha convinto delle sue capacità, della sua dedizione, della sua sincera passione civile e, pur non riuscendo a conseguire risultati eclatanti, ne ha comunque conseguiti due che avrebbero potuto invertire la rotta rispetto al pantano degli ultimi vent’anni: la marginalizzazione di Berlusconi e la sua decadenza da senatore. A quel punto, pur non nutrendo particolare fiducia nei confronti di Renzi, speravamo che il nostro eroe incardinasse le riforme, epocali e ordinarie, insieme alla maggioranza di governo e, per quanto riguarda le norme costituzionali, spalancasse porte e finestre innanzitutto all’opposizione costruttiva di SEL e poi anche a quella riottosa del Movimento 5 Stelle e a quella di comodo di Forza Italia. Invece è accaduto tutto ciò che è accaduto, e oggi ci troviamo a fare i conti con un Premier messo alle strette da un’Europa sempre più assetata di sangue e di rigore, da una compagine governativa le cui falle, soprattutto in alcuni settori chiave, sono evidenti e da un Partito Democratico trasformatosi oramai in una babele, nella quale ciascuno parla la sua lingua e nessuno sembra avere la minima intenzione di dialogare con gli altri.

La conclusione, quindi, merita di essere rivolta a tutti coloro che da mesi ipotizzano che i veri avversari di Renzi stiano a sinistra, nel PD e non solo. Ebbene sì, è proprio così, non abbiamo alcun motivo per smentire questa tesi. E l’opposizione non è legata certo alla sua persona o al partito nel quale molti di noi militano e che hanno contribuito a fondare bensì a tutte quelle pretese di Berlusconi che costituiscono altrettanti compromessi al ribasso su temi sui quali, ci spiace, ma non abbiamo mai fatto sconti a nessuno e non intendiamo cominciare adesso.

La democrazia, la Costituzione, il rispetto delle minoranze, la sacralità delle istituzioni, le splendide e sacrosante battaglie delle donne per l’affermazione della propria personalità, la richiesta di un ponte fra i palazzi del potere e ciò che si agita nella nostra turbolenta società, la difesa dell’articolo 18 e dei sindacati, la battaglia contro i dogmi della flessibilità precarizzante e del liberismo predone, la lotta per l’acqua pubblica e contro le delocalizzazioni industriali selvagge e mille altre dimostrazioni di civiltà e pensiero critico ci hanno visti protagonisti ovunque per due decenni e continueranno a vederci protagonisti con ancora maggior vigore, per il semplice motivo che la nostra giusta disciplina di militanti si ferma là dove inizia la nostra irrinunciabile coscienza di cittadini. Ci auguriamo di cuore che Renzi voglia unirsi a noi, ben coscienti del fatto che un suo fallimento trasformerebbe il nostro Paese nel terreno di scontro fra il populismo livido di chi persegue unicamente la logica dello sfascio e la barbarie tecnocratica di chi punta solo ad arricchirsi, incurante del sangue delle persone e della distruzione del senso stesso di comunità.


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