I costituzionalisti, con i quali mi è accaduto di parlare o corrispondere nelle scorse settimane hanno criticato a fondo la legge elettorale per la Camera appena approvata. Tutte le caratteristiche dell’ITALICUM che si vuole introdurre nel nostro paese appaiono a rischio di essere abrogate dalla Corte Costituzionale.
Elenchiamo con la massima brevità possibile gli aspetti più importanti della nuova legge.
“Il premio di maggioranza – ha osservato Gaetano Azzariti – continua ad essere abnorme rispetto ai voti concretamente espressi, sicchè l’introduzione di una soglia minima del 4,5 per i partiti coalizzati, otto per quelli non coalizzati e dodici per le coalizioni, non esclude “l’alterazione profonda della rappresentanza democratica” di cui ha parlato la sentenza della Consulta sulla legge Calderoli, che non può essere ammessa – secondo i giudici – in nessun caso.
Il testo – ha scritto il direttore del Centro per la Riforma dello Stato, senatore Walter Tocci – ha osservato che la norma “ricorre a curvature maggioritarie che deformano la rappresentanza parlamentare. La maggioranza parlamentare viene data alla coalizione che arriva al trentasette per cento, utilizzando anche i voti dei piccoli partiti non rappresentati in Parlamento. Il partito principale protrà vincere così con una percentuale ancora più bassa, ad esempio del venticinque per cento. Se si tiene conto di quelli che alla fine non vanno a votare – un numero secondo le consultazioni degli ultimi anni – in aumento costante per ragioni intuibili”. Se il Paese è diventato ingovernabile – mi sembra di poter aggiungere è perchè da tempo non leggiamo progetti alternativi e capaci di convincere la maggioranza degli italiani.
Si è cercato, soprattutto nel ventunesimo secolo, di esaltare gli espedienti tecnico-giuridici di fronte all’evidente debolezza della politica che ogni giorno constatiamo anche soltanto seguendo quel che succede attraverso i mezzi di comunicazione del paese. Così si è accettato di pensare a una riforma elettorale valida soltanto per una delle Camere, con il rischio di non votarne nessuna per il Senato o una che, a giudicare da quello che già conosciamo, con una rappresentanza
dei comuni sproporzionata rispetto a quella regionale, inserire in un ‘assemblea di soli 151 membri ben ventuno componenti di nomina presidenziale con il dubbio di tutti quelli che conoscono il testo del 1948 di ridurre in maniera notevole la legislazione bicamerale, così smentendo la funzione di rappresentanza delle “istituzioni territoriali” affidata al nuovo Senato.
Del resto non si può dimenticare che abbiamo un presidente del Consiglio che ha conquistato il potere al di fuori di ogni scadenza elettorale, con l’effetto di resuscitare un leader già morto come Silvio Berlusconi e che ora punta sulla riforma costituzionale come risolutiva di tutti i gravi problemi nazionali che ci portiamo dietro da decenni o addirittura da secoli.
Se a questi elementi si aggiunge il fatto che il leader di ogni partito disporrà di parlamentari non scelti dagli elettori e potrà piazzare anche nell’assemblea deputati della propria lista che sarebbero stati assegnati – senza la soglia di sbarraramento – ai partiti minori della sua coalizione, si ha un quadro più chiaro della situazione.
Se poi si ricorda che, nelle votazioni dell’ITALICUM, è stato sconfitto – sia pure per pochi voti (ma sono stati 101 deputati del PD a far fallire la battaglia e, impressiona il fatto che, durante l’ultima tormentata elezione del Capo dello Stato erano stati sempre 101 a non votare la candidatura di Romano Prodi) – il tentativo, perseguito dalle parlamentari dei partiti di governo come di opposizione, di ristabilire un’effettiva parità di genere, come prescrive peraltro l’arti-
colo 51 della Costituzione, la situazione appare per quella che è veramente. Cioè, mi sia consentito dopo tanti anni di riflessione finale sulla nostra storia – un momento poco incoraggiante sui destini della repubblica, prima, seconda o addirittura terza che sia.