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Il vaso di coccio francese. Caffè del 24 marzo

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“Boom dell’estrema destra”, la Stampa. “Balzo di Marine Le Pen, segnale all’Europa”, Corriere della Sera. Da tempo scrivo che l’Unione Europea, se finirà, finirà quando sarà scoppiata la crisi del regime in Francia, e a causa di tale crisi della Quinta Repubblica. Non ci siamo ancora. Erano, quelle di ieri, solo elezioni municipali e solo per il primo turno. A Parigi Anne Hidalgo, arrivata seconda con un punto in meno della sua antagonista di destra Nathalie Kosciusko-Morizet, è molto probabile che diventi sindaco: perché ha vinto negli arrondissement considerati decisivi e può disporre di una riserva di voti più importante, per esempio i verdi, con cui si è già alleata. Ad Avignone, magnifica città del sud est, il candidato del Fronte Nazionale arriva in testa superando la socialista, ma il candidato di quella destra che in Francia si definiva un tempo “repubblicana” proprio per distinguerla dalla destra “xenofoba” del Front National, ha grattato il 20 per cento dei voti. Per chi voteranno questi elettori? Interessante persino Marsiglia, dove i socialisti prendono un bagno e arrivano solo terzi, ma perciò sarà scontro duro tra Destra e Destra-Destra, in una triangolare, cioè in un ballottaggio a tre.

“La percée du FN, la fessée du Ps”: sfondamento del Front National, sculacciata ai socialisti, scrive Liberation. Mentre Le Monde si chiede se sarà “sisme politique”. La riforma costituzionale di De Gaulle, quella che Mitterrand definì “colpo di stato permanente”, ha saputo ridurre per mezzo secolo la dialettica democratica in Francia a un duello a due, la Destra, intorno al partito gollista e post gollista, la sinistra, intorno ai socialisti. Costrette le sinistre comuniste a portare acqua al PS, fuori gioco il Front National, perché nessuno si sarebbe mai alleato con il “fascista” Jean Marie Le Pen. E così è stato, tanto che nel 2000 quando Jospin arrivò solo terzo, gli elettori di sinistra votarono in massa al ballottaggio l’odiato Chirac. Ora sembra finita. La figlia bionda e sorridente del “legionario” e cattivo Le Pen, raccoglie un voto troppo diffuso nel territorio – parteciperà ai ballottaggi in 229 comuni – e saldamente radicato nel sud. Oggi gli uomini della “destra repubblicana” non sembrano più disposti a sacrificarsi per isolarla, mentre molti elettori, un tempo di sinistra, votano Marine Le Pen perché non sanno più cosa sono loro stessi e perché detestano la retorica socialista sul “motore franco tedesco dell’Europa”, che ha sostituito l’illusione perduta della grandeur.

“Stasera non finisce solo il bipartitismo in Francia. Finisce la distinzione tra destra e sinistra in Europa. La vera lotta è fra l’alto e il basso della società”. Ha detto, alle 21 di ieri, Marine Le Pen. Hollande si è a tal punto sconnesso dalla realtà dall’aver preso l’aereo presidenziale per recarsi a votare nel suo comune. La destra, tanto a corto di candidati, che sta pensando di richiamare in servizio Alain Juppé, primo ministro nel lontano 95, e da allora, dopo aver superato indenne un guaio giudiziario, solo sindaco di Bordeaux.

C’è dunque il rischio che il Front National finisca in testa già alle Europee e minacci l’architettura costituzionale gollista. In quel caso la Germania sarà tentata di ricostruirsi un’Europa a sua immagine, verso Est, nei territori dove vivono genti tedesche e popoli da sempre al confine con la Germania. L’Italia, con il suo debito fuori controllo, potrebbe trovarsi fuori dall’Euro senza averlo scelto. Come la Francia. A questo punto Grillo, Salvini, secessionisti immaginari del Veneto, Alba dorata, franchisti spagnoli dilagherebbero, come il Front National in Francia. Ma tutti insieme, questi rappresentanti del “basso dell’Europa” non farebbero una proposta. E da noi, probabilmente, aprirebbero le porte al Capitale Criminale provando ad agganciarsi al dollaro.

La storia corre e noi tiriamo il freno. Titoli intelligentissimi come “Dopo la casa, il treno”, by il Giornale, o come “Renzi&Della Valle uniti nella lotta. Contro CGIL e Moretti”, sfornato dal Fatto, non mi inquietano perché criticano Renzi, ma perché sottovalutano quel pezzo dell’opinione pubblica che a Renzi sta chiedendo di fare argine alla slavina verso l’irrazionale, verso la Babele dei mal di pancia e dei rancori, che rischia persino di salvare i colpevoli veri dello sfascio.

Gli 80 euro in busta paga, solo una trovata elettorale? Sbagliato dimezzare lo stipendio di Moretti perché così si avvantaggerebbero Montezemolo e Della Valle, soci in Italo? Offensivo accomunare Squinzi a Camusso, quando entrambi sembrano pretendere un diritto di veto a priori su ogni atto del governo? Io credo che bisognerebbe riconoscere al premier il diritto di provarci, magari confortandolo e spronandolo, mettendo in campo una vasta mobilitazione popolare. L’auto in corsa si guida meglio.

Piuttosto è la legge elettorale, scritta con Verdini, il parto di Renzi che regge peggio alla prova francese. Mi chiedo se non sarebbe meglio pensare a una rappresentanza meno strozzata, anche sacrificando qualcosa in termini di governabilità, piuttosto che costruire un Frankestein istituzionale, col quale un demagogo con appena il 20 per cento dei voti possa vincere il premio al primo turno e regnare indisturbato su una sola camera. Se il demagogo è quello sbagliato, poi che si fa?

Da corradinomineo.it

 


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