Hezbollah è pronta a scatenare la guerra confessionale in Libano. Il festeggiamento per la carneficina di Yabroud è una svolta nella storia miliziana del partito.
di Riccardo Cristiano
Un Hezbollah nuovo di zecca si presenta al Libano. L’immagine che lo immortala nella sua nuova identità è offerta dai festeggiamenti di massa per la caduta di Yabroud, città araba, espugnata dai miliziani del Partito di Dio. La festa per la carneficina di Yabroud, seguita ad altre carneficine made in Hezbollah, ma non festeggiate con cortei stradali, ufficializza la trasformazione di Hezbollah in milizia khomeinista pronta ad intervenire nel teatro bellico, cioè il mondo arabo, per assecondare i piani di Tehran. Un palcoscenico dove Hezbollah potrebbe esibirsi presto, nella sua nuova identità, è il Libano: lo ha dimostrato già dopo la festa per il massacro di Yabroud, andando a cacci di sunniti ad Arsal e Tripoli.
Questo ci dice che il futuro del Libano è proprio in bilico; se i piani iraniani lo richiedessero, Hezbollah è pronto ad una nuova occupazione militare di Beirut.
Intanto il leader del partito che si dice di Dio, Hasan Nasrallah, ha voluto far sapere per il tramite di diplomatici russi ad Israele che il suo obiettivo militare non è più “l’entità sionista” (per attingere dal lessico hezbollita), ma la Siria. Parole confermate dai fatti: dopo l’azione militare israeliana contro obiettivi di Hezbollah in Siria il partito di Dio non ha risposto. Perché? Perché la guerra adesso è un’altra, e una milizia confessionale, efficace ma con dei limiti, sa di non poter combattere su più fronti: ora il fronte è quello arabo, è contro gli arabi, sunniti, che Hezbollah torna a volgere le sue armi.
In questo contesto non sarà facile per il Libano eleggere un nuovo presidente, a Hezbollah non serve. Forse un passacarte sì, forse. Ma un presidente vero, no. Il Paese dei cedri è intimamente legato al progetto che Tehran sta perseguendo in Siria: arrivare al Mediterraneo. E visto che il partito ha dismesso definitivamente i panni di soggetto politico libanese è difficile supporre che possa favorire la nomina di vero Capo di Stato.
Se ci sarà compromesso ci sarà su un passacarte, incapace di difendere nell’immediato futuro l’unità nazionale. Per questo il fronte del 14 marzo deve assolutamente trovare un candidato forte, sperando che il barometro del Medio Oriente, il druso Walid Junblatt, accetti di sostenerlo. Per sopravvivere occorre mostrarsi decisi a non perire. Dopo il raffinatissimo festeggiamento per Yabroud la stagione dei pareggi sembra ormai finita, o meglio, priva di senso se non per Hezbollah, ormai corpo estraneo al Libano.