Il grande scrittore siriano Mustafa Khalifa ci spiega come sarà la Siria se vincerà Assad. Un racconto, agghiacciante, perchè molto verosimile
di Mustafa Khalifa
(questa è un’ampia sintesi della prima parte di un saggio pubblicato dal noto scrittore siriano, Mustafa Khalifa, che ha trascorso 13 anni nelle segrete siriane, e apparso sul periodico dell’opposizone siriana, “Siria Libera”)
Molti osservatori convengono nel dire che il regime è prossimo al collasso. Il problema si porrebbe, a loro avviso, in termini di « quando » e non di « se » cadrà. Ma noi dobbiamo immaginare anche lo scenario opposto. E cioè che l’apparato militare e di sicurezza riesca nel « miracolo » e consenta al regime di sopravvivere e di sconfiggere il suo popolo. Quali sarebbero le conseguenze nazionali e internazionali di questa vittoria?
Alcune caratteristiche del regime siriano sono importanti per l’impatto che avrebbero su queste « conseguenze ». La prima caratteristica da citare è la ferocia e mancanza di scrupoli nell’uccidere, indicata dalle opposizioni come « prova della natura malvagia del regime ». Questa crueltà è accompagnata da un tendenza punitiva e vendicativa. La seconda caretteristica è l’arroganza, che si manifesta nell’indisponibilità al compromesso, anche sotto pressione : Se costretto a fare concessioni, questo regime reagirà con odio, cercando la prima occasione per rimangiarsi la concessione e quindi rivalersi su chi ha tentato di forzargli la mano.
La vittoria non sarà possibile a meno che il livello di repressione non sia portato a livelli intollerabili per l’opposizione, come il genocidio o cosa del genere. Se accanto al genocidio ci sarà il silenzio, o l’assenza di reazioni sanzionatorie adeguate della comunità internazionale, questo sarà interpretato dal regime come un disco verde, in modo del tutto comprensibile.
Per queste ragioni quando il regime sarà sicuro di aver sconfitto la rivoluzione e che la gente sarà tornata alle loro case, alle loro prigioni o ai loro esilii, passerà dalla fase difensiva a quella offensiva, per ridisegnare la società in modo da garantirsi la permanenza al potere « per sempre ».
Ecco che la considerazione in base alla quale se anche vincesse sarebbe un regime debole è sbagliata. Perchè la sfida non è venuta dall’esterno, ma dal popolo siriano e quindi se vincesse non ci sarebbe motivo per considerarlo indebolito.
A questo punto va analizzata la questione « confessionale » o « settaria », che ovviamente non va sottovalutata. Anche se ogni comunità o gruppo è contro il settarismo, il settarismo è al base del regime siriano. L’istintiva mobilitazione settaria è alla base della strategia del regime siriano. Ogni osservatore, arabo, internazionale, credente o ateo che lo ignori è destinato cadere in errore. Il regime ha mantenuto il settarismo, con il quale ha controllato le strade, l’esercito e le elites politiche e culturali. Le elitest militari, politiche e culturali, quelle alawite e delle altre minoranze -sono così aggrappate al regime dal volerlo addiritura difendere. Se il regime vincesse passerebbe velocemente alla fase dell’attacco feroce per rafforzarsi e rimanere in vita, consapevole dei suoi punti di forza e di debolezza.
Tra i punti di debolezza c’è la sua identificazione con la minoranza alawita, che ammonta al 19% scarso della popolazione. Questo pone in dubbio la sua legitimità .Questo è stato sempre ben presente al regime, soprattutto ai tempi della sua guerra con i Fratelli musulmani, ed è stata proprio questa consapevolezza a portare Hafez al-Assad a dichiarare la sua fede islamica in un discorso televisivo, pronunciando la professione di fede , conosciuta come al Shahadah”, che in base ai rituale è richiesta per considerare chiunque un musulmano.
La seconda debolezza è quella economica, il fatto cioè di non controllare l’economia siriana con la stessa presa totalitaria con cui controlla politica, esercito e apparati di sicurezza. Malgrado il dominio dell’economia siriana e malgrado l’emergere di alcui alawiti che grazie alla corruzione e alle tangenti sono diventati « borghesi » il capitale privato siriano rimane in mano a sunniti e cristiani. Si tenga conto che i cristiani sono precipitati dall’essere il 10% della popolazione siriana ad essere il 5%, per via di un’ emigrazone durante l’epoca degli Assad dovuta in parte a motivi politici ma soprattutto a motivi economici. Tuttavia i cristiani oggi sono circa il 15-20% della borghesia siriana.
Pertanto il regime, per quanto odi fare concessioni, sarà costretto a fare concessioni a questi commercianti o imprenditori per assicurarsi che costoro rimangono dalla sua parte o neutrali.
Le sue forze invece sono molte, a partire dall’apparato repressivo : le forze d’elite, guidate da Maher al-Assad e costituite quasi esclusivamente da alawiti, l sistema di sicurezza e gli « shabbiha »: queste ultime, nate come milizie irregolari di fuorilegge, si sono ora riorganizzate in un’unità organizzata, assai più simile alle milizie militari. Il « declino etico » delle forze d’elite e degli apparati di sicurezza ha fatto sì che questi bracci siano oggi molto simili, tuti capaci di uccidere, raziare, distruggere e rapinare.
Tra le forze del regime poi ci sono i sostegni esterni dall’ Iran, l’Iraq e il Libano, che si affianca all’impotenza dei paesi del Golfo, che sarebbero i più penalizzati dal successo dell’ « alleanza sciita ». Cosa comporterebbe dunque una vittoria del regime e suo passaggio dalla difesa all’atacco ?
Per prima cosa passarebbe all’atacco con 300mila combattenti ben armati da Russia e Iran per otenere : 1) la riedificazione del muro del terrore nel cuore dei siriani. 2) Vendetta di chiunque abbia partecipato alla manifestazini di protesta. 3) Prendere il pieno controllo del setore economico privato. 4) Cambiare la composizione sociale della Siria.
Mustafa Tlass, a suo tempo ministro della Difesa di Hafez al Assad negli anni della guerra civile con i Fratelli Musulmani scrisse un libro, « I tre mesi che hanno sconvolto la Siria ». E riferendosi a Rifaat,il fratello poi defenestrato di Assad, a artefice di quella vittoria, ha scritto : « il piano di Rifaat comprendeva bombardamenti indiscriminati di Damasco in modo da terrorizzare e lasciare senza respiro la popolazione civile. Questo bombardamento doveva essere eseguito dal battaglione dell’artiglieria MB 21 che può sparare 720 colpi ogni 80 secondi. L’obiettivo è far fuggire la popolazione e quindi farvi entrare la fanteria dichiarando la sospensione di ogni legge per tre giorni e tre notti, con la promessa che nessuno rimarrà povero dopo quei tre giorni e che però se passati quei tre giorni chiederà anche solo una piccola mancia gli sarà tagliata la mano. »
Il piano di Rifaat non fu eseguito, ma se Bashar vincerà questo scenario tornerà ad essere d’attualità. Tutta la Siria sarà saccheggiata, salvo alcuni aree alawite e comincerà una nuova éra, quella degli Shabbiha. Sarà molto peggio dell’epoca della Guarda Nazionale che abbiamo sperimentato negli anni Sessanta, o di quella della Brigate di Difesa, che è durata fino al 1984. Il regime vorrà terrorizzare, intimidire e umiliare la gente, bombardando, arrestando, depredando, rubando, con i furti e le razzie che saranno un forte incentivo offerto agli Shabbiha, che sono fondamentalmente ladri e trafficanti. E’ ben noto che buona parte della ricchezza siriana è costituita da gioielli d’oro, bracciali e collane, e certamente quest’oro finirà nelle mani degli Shabbiha e dei loro capi.Le razzie si concentreranno nelle aree ricche di Damasco, Aleppo, Homs, Hama, Deir al-Zour. Queste razzie saranno accompagnate da sistematici stupri di donne e ragazze, soprattuto sunnite. Tuto questo in un certo qual modo già sta accadendo, sebbene non sia sistematico e generalizzato.
Questi raid si succederanno di casa in casa, come accadde ad Aleppo nel 1980, quano la città venne divisa in due parti e ogni abitazione fu « ispezionata » nella caccia ai Fratelli Musulmani. Ma anche in quel caso gli stupri e le rapine, che purono furono numerosi, non furono sistematici, ma vennero oscurati, come tutte le altri atrocità degli anni 80.
Tutto questo accadrà sotto il titolo della « caccia ad i terroristi » : si tenga conto che già all’inizio della rivoluzione i ricercati per terrorismo erano 64mila per dichiarazione governativa. Poi il loro numero è raddoppiato, per dichiarazione governativa. Ed è raddoppiato ancora diverse volte. E siccome quella siriana è una rivoluzione filmata possiamo dire che oggi i terroristi a cui si intenderebbe dare la caccia sono tra il milione e il milione e cinquecentomila persone. Il loro destino, ha detto Bashar al Assa, sarà uno di questi tre : morte, arresto o esilio. Esilio vuol dire che i ricercati potranno, riuscendoci, fuggire con le loro famiglie.
Chi ha vissuto gli orrori degli anni Ottanta già fa i conti del dopo-vittoria di Assad: nei primi due anni i morti saranno tra i 200 e i 250mila, i reclusi negli infami campi di concentramento potrebbero arrivare a 500mila, gli esiliati saranno un milione, visto che chi fugirà porta con sé la famiglia. Tutto questo avrà rilevanti riflessi sociali.
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