di Michele Mezza
ROMA – Da tempo numerosi grandi gruppi tecnologici inseriscono fra i requisiti per i candidati da assumere con ruoli top anche la conoscenza, Insieme all’inglese ovviamente, dell’italiano. Si tratta di gruppi di assoluto rilievo: Google, Amazon,il comparto dei game s, il sistema dell’intermediazione turistica. I profili richiesti riguardano poi posizioni strategiche come responsabilità nella guida dei settori finanziari, ricerca software, commercializzazione, venture capital.
La cosa più interessante riguarda poi le destinazioni operative che non sono per nulla riferite alle sedi italiane dei gruppi, piuttosto riguardano nuovi uffici aperti in Europa o negli stessi USA. In questi casi, dunque, l’uso fluente dell’italiano, non riguarda una normale accortezza relazionale, ma una scelta strategica per privilegiare un mondo professionale
Non siamo la Cenerentola che descrivono gli esperti
Si tratta dell’ennesima conferma che l’Italia non è per niente quella Cenerentola che continua ad essere descritta da esperti e analisti del mercato delle alte tecnologie. Da tempo siamo invece considerati un paese portante della transizione al digitale. Lo siamo ad esempio per il modo in cui assorbiamo e trattiamo i nuovi prodotti .Google infatti considera il nostro come uno dei primi paesi testing per le sue soluzioni innovative.
Lo siamo per il modo in cui produciamo e sviluppiamo saperi tecnologici, in campi vitali come il software, la genetica ,i nuovi materiali, gli apparati robottizzati. E infatti da qualche anno è sempre meno eccentrico vedere grandi gruppi spostare nel nostro paese centri di sviluppo e di ricerca come ha fatto ultimamente la stessa Amazon e Sun Microsystem.
Siamo ancora un paese di vertice per quanto riguarda l’ingegnerizzazione sociale dei format di social network, ossia per il modo in cui adattiamo le nuove forme di relazione a rete ai processi amministrativi e legislativi. Il sistema delle autonomie locali italiano è infatti considerata una fabbrica di social network a cielo aperto.
Inoltre siamo, nonostante noi stessi, il più grande laboratorio applicativo delle potenze di calcolo ai temi del patrimonio artistico e archeologico, turistico, enogastronomico, e del design e moda in generale. Insomma buono e bello in digitale si declina in italiano.
Il sistema delle tecnologie ,una guerra per il primato
Tutto questo oltre che confortare quel pizzico di amor proprio che ancora ci rimane ci dovrebbe spingere a considerare il tema delle tecnologie non come una religione da diffondere in un mondo di selvaggi, quanto come una materia su cui organizzare una vera guerra per il primato. L’Italia infatti, lo scrive il più affermato studio del Boston Globe Reserch, il più accreditato istituto di ricerca sul futuro tecnologico, è il paese che meglio potrebbe sfruttare il salto digitale nella riorganizzazione civile economica .Siamo dunque, in potenza, un grande protagonista del mercato, che in vece di continuare a sollecitare, emergenzialmente, soluzioni per tamponare i propri ritardi, appaltando al primo gruppo estero che passa scorciatoie improbabili, dovrebbe dotarsi di strategie di difesa e sviluppo dei propri primati.
Penso ad esempio in tema di copy right globale, per quanto riguarda l’uso di contenuti, immagini, narrazioni che appartengono alla nostra tradizione culturale e che sono saccheggiati quotidianamente dai grandi net provider che poi invece ci oppongono il criterio della proprietà privata quando usiamo i loro servizi .Penso all’adozione di sistemi, guardiamo ad esempio al semplice iPad, per il quale lavorano gratuitamente l’intero sistema pubblico che produce app (applicazioni) per renderlo commerciabile e utile e che impone a chiunque lo usi la titolarità’ di una carta di credito: è un criterio culturalmente e civilmente accettabile che in Italia per accedere a contenuti pubblici bisogna avere una carta di credito?
Sistema formativo svenduto a Google
Penso al sistema formativo che, all’insegna di quel vergognoso e provinciale slogan di un computer su ogni banco, è stato svenduto a Microsoft prima e a Google poi, senza negoziare minimamente contenuti e modalità applicative. Penso oggi , nel corso della grade transizione al web 3.0, al tema della negoziabilità delle forme di relazione e di tracciabilità dei nostri scambi informativi con gli oggetti che ci parleranno autonomamente. Il sistema della grande distribuzione italiano, dalla filiera cooperativa a quella industriale, come si pone di fronte a questo tornante che modificherà radicalmente il modello commerciale del paese? E ancora siamo in presenza di una trasformazione dell’intero comparto editoriale ,dove il modo di acquisire informazioni, di raccoglierle e archiviarle e infine di distribuirle sta mutando completamente. Anche in questo caso chi guida il processo?
Nel nostro Paese ci sono risorse e capacità di sviluppo
Al momento i grandi gruppi tecnologici Esteri a cui vanno il 92% degli investimenti mentre nel nostro paese ci sono risorse e capacità di sviluppo tecnologico straordinarie e anche soluzioni industriali adottate all’estero ma ignorate in Italia a favore di Google, Dalet,ecc.
Si pone dunque u. Treno per rivitalizzare una strategia non più improntata sul segno dell’alfabetizzazione ma del primato. Torniamo allo snodo di 50 anni fa, quando in pochi anni questo paese raggiunse una
Posizione straordinaria in tecnologie allora all’avanguardia con Adriano Olivetti nell’informatica, Felice Ippolito nel l’elettronucleare, Giulio Natta nella chimica fine, Adriano Buzzati Traverso nella genetica, il comandante Broglio nell’aerospazio e che, con la complicità di una poetica pauperista o solamente subalterna ci venne strappato di mano con una brutalità di cui la morte di Enrico Mattei fu simbolo.
L’annoso tema della connettività
In questo testo anche l’annoso tema della connettività potrebbe uscire dalle agnazioni decennali ed entrare in una logica funzionale. Non si tratta di varare piani salvifici affidandosi a gruppi industriali che con un robusto finanziamento pubblico, assicurato dall’o nuorese te Cassa depositi e prestiti dovrebbero decidere come si connettono gli italiani. non a caso le varie edizioni dell’agenda digitale sono tutte fallite, una dietro l’altra. Abbiamo davanti ai nostri occhi una relata’ tipicamente italiana: il sistema delle autonomie locali, comuni e regioni, sono loro che devono governa re il processo di connettività dà intendere come una delle multiutility del sistema dei servizi locali. La connettività è come un sistema tranviario che va pianificato localmente e non un sistema ferroviario da pianificare verticalmente. Da qui potrebbe partire una strategia di sinistra per parlare con i nuovi mondi.
Da dazebao.it