Ieri mattina un attentato di Al Shabab (che ha rivendicato l’attentato) ha provocato quattordici morti, compresi sette attentatori, e un numero imprecisato di feriti all’interno di Villa Somalia, il palazzo super sorvegliato in cui hanno sede il governo, la presidenza dello Stato Federale della Somalia, l’abitazione del Presidente Mohamud e quella degli altri dignitari dello Stato tra cui il Primo Ministro ed il Presidente del Parlamento.
Una decina di guerriglieri islamisti, con le divise dell’esercito, è entrata nel palazzo presidenziale facendo esplodere due autobomba ad un ingresso poco custodito durante alcuni lavori di ristrutturazione ed è penetrata all’interno del compound fino alla moschea dove normalmente pregano il Presidente Mohamud e gli alti gerarchici di Damul Jadid che, però, venerdì scorso se ne sono tutti astenuti. Qui il commando, terminata la preghiera di mezzogiorno, ha colpito a morte l’ex Vice direttore dell’intelligence Nur Shirbow ed ha sparato alla testa di Mohamud Abdulle Hersi, detto Indhacase (occhi dorati), il professore canadese che l’ex Primo Ministro Shirdon aveva chiamato a Capo del suo Gabinetto e che l’attuale PM Abdiweli Sheikh Ahmed aveva confermato nell’incarico. Tutti i mujaheddin sono stati a loro volta uccisi diventando le ulteriori vittime del disastro della politica interna somala che non offre ai giovani alcuna alternativa all’adesione all’islamismo fanatico, unico ente che paga uno stipendio.
La perdita del Prof. Abdulle è un colpo gravissimo alle istituzioni somale: era arguto ed ironico, pacato ma determinato a conquistare la pace in Somalia. Era il ferro di lancia del Primo Ministro Abdiweli il cui staff è rimasto così decapitato. Lo stesso PM, che al momento dell’attentato era in visita in Uganda, è rientrato immediatamente a Mogadiscio.
Allucinanti le dichiarazioni di Abdikarin Guled Hussein, Ministro della sicurezza, già Ministro dell’interno e fermamente voluto nell’attuale ruolo dal Presidente Mohamud. “L’attentato di Al Shabab – ha detto Guled – è clamorosamente fallito. Nessuno di importante è morto” come se il braccio destro del PM fosse di scarso rilievo. Secondo questo ometto presuntuoso sarebbe fallito un attentato in cui gli Al Shabab sono arrivati a dieci metri dalla stanza da letto del Presidente Mohamud e non si rende conto che la sicurezza a Mogadiscio è oggi selettiva, nel senso che gli attentati avvengono solo contro chi dà fastidio agli Al Shabab che possono scorrazzare come vogliono perfino dentro Villa Somalia, dove quello di ieri è l’ennesimo attentato negli ultimi mesi come quello del 6 dicembre scorso al deputato dell’opposizione Mohamed Warsame Mohamed, detto Faysal, appena uscito da un incontro col Presidente e tuttora senza colpavoli. L’esecuzione del Prof. Abdulle è un avvertimento al Primo Ministro Abdiweli su chi comanda a Villa Somalia dopo che il Presidente Mohamud ha perso completamente di credibilità sul piano internazionale a seguito dell’attacco diplomatico mossogli dagli Stati Uniti, che lo hanno accusato di debolezza, clanismo e inaffidabilità, e dopo che pure la Turchia gli ha chiuso il rubinetto finanziario di 450.000 dollari al mese per le spese di funzionamento dello Stato: due rovesci che hanno provocato al Presidente Mohamud un leggero ictus per il quale è stato curato in Turchia nelle settimane scorse.
L’attentato di ieri dimostra anche che la sicurezza di Mogadiscio, sotto le nuove istituzioni federali, è regredita ai tempi della guerra civile. Tutte le notti ci sono sparatorie e perfino bombardamenti nella capitale. Gli Al Shabab, cacciati dalle regioni centro meridionali, stanno tornando sempre più numerosi in città per riprenderne il controllo.
Non resta alle istituzioni che allontanarsi da Mogadiscio per permettere alle truppe di AMISOM di bonificarla. Non si può governare incisivamente il Paese da una capitale in cui la sicurezza è totalmente assente tanto che nessun esponente straniero può arrivarvi con la tranquillità di poterne ripartire incolume e dalla quale, allontanandosene frequentemente per colloqui internazionali, inevitabilmente si indebolisce l’azione dell’esecutivo.