Non passa giorno senza che ci informino d’aver fatto qualche retata tra affiliati mafiosi, oltre agli arrestati, processati, indagati, fortemente sospetti in campo politico-istituzionale. Ci parlano di capi, sottocapi, capetti, picciotti e affini impegnati in ogni grado e fase imprenditoriale, commerciale, artigianale a ricattare, chiedere pizzi, minacciare, corrompere, vendicare, torturare, ammazzare e via così tra i più spregevoli delitti. Sono centinaia di delinquenti dei quali sapremo più niente. Stante il proseguimento e la proliferazione del mostruoso fenomeno, possiamo ben dire che in questo campo la crisi di uomini s’è mai presentata: nascono come funghi coltivati e come questi richiedono pochissimi tempi e denaro per essere raccolti. È di ieri il gravissimo episodio di Vibo che coinvolge funzionari dello stato pesantemente sospettati di gravissima collusione con la ndrangheta del luogo. Non è il primo caso, né potrà essere l’ultimo. E’ perciò palese che con certi presupposti e assunti non possiamo sperare che le vittime trovino il coraggio di denunciare.
A proposito di coraggio com’è che in tutti i tronfi discorsi d’apertura di governo, l’ultimo dei quali verte proprio sul coraggio, c’è n’è mai stato uno che denunciasse con tutta l’umiltà di cui abbiamo bisogno la più pericolosa contaminazione del nostro Stato e dunque la promessa di fare veramente tutto il possibile per cercare di indebolirla seriamente?