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Perché serve una svolta

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La vera emergenza nel nostro paese è ,da alcuni anni,quella economica e sociale. Certo è chiaro che occorre riscrivere la legge elettorale dopo gli anni del “Porcellum” di Calderoli e la pronuncia elettorale che ci ha consegnato un proporzionale che non consente a nessun partito di governare,pur dopo una vittoria elettorale.Le riforme istituzionali che pur sono necessarie e urgenti richiedono almeno due anni di tempo.
Il problema vero è il programma per rispondere a chi,oltre all’azienda o a un lavoro,ha perduto anche la speranza nel futuro e la sua dignità di lavoratore o imprenditore che vuol partecipare alla ricostruzione dell’Italia dopo venti anni di disastroso populismo berlusconiano e alcuni mesi di un’agenda Monti che non ha risolto i problemi del paese.

Il programma per realizzare una svolta deve articolarsi-lo ha detto l’ex viceministro Fassina-a partire da una chiara analisi:la rotta mercantilista attuata dai paesi dell’euro zona,segnata da cieca austerità e svalutazione nei fatti del lavoro di ogni genere,aggrava le condizioni dell’economia e gonfia i debiti pubblici,aumentati nell’euro-zona dal 65 per cento deò 2008 al 95 per cento del 2013.Nell’Eurozona e in Italia,una ripresa in grado di riassorbire la disoccupazione non è per nulla in vista.Nè sono raggiungibili gli obbiettivi di finanza pubblica previsti nel Documento economico-finanziario del 2014. E’ del resto  impossibile ridurre o stabilizzare il debito pubblico in uno scenario di stagnazione di medio o lungo periodo. Sarebbe controproducente cercare di raggiungere gli obbiettivi con ulteriori manovre correttive nei prossimi mesi.

Non è il caso di pensare al taglio della spesa pubblica che, al netto degli interessi sul debito,è tra le più basse dell’euro zona.Risparmi significativi possono derivare soltanto da una profonda ristrutturazione dello stato e del Titolo V. Le risorse liberate devono però prima di tutto integrare i capitoli decimanti negli anni scorsi dai tagli orizzontali,in primo luogo la scuola pubblica e le politiche sociali.L’eccessivo peso delle imposte va ridotto attraverso il recupero della ampia evasione fiscale che è davvero inconciliabile con la media europea.
Puntare invece,come alcuni chiedono, a un taglio consistente della spesa vuol dire distruggere definitivamente il welfare per le masse popolari e i lavoratori.

Soltanto l’allentamento da una irrealistica politica di bilancio può aprire spazi per innalzare il livello delle attività produttive e creare nuove possibilità di lavoro. Occorre  preparare un piano per la redistribuzione del tempo di lavoro e politiche industriali per l’innovazione sostenibile e e la riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni. O cercare una svolta accettata a livello europeo. Oppure un’alleanza da costruire tra i paesi europei soffocati nella spirale svalutazione del lavoro-recessione-debito: la permanenza nell’euro e la rinegoziazione degli impegni sottoscritti.
Questi sono i problemi che un governo italiano deve porsi se vuol uscire dalla crisi che l’attanaglia.Altrimenti non è cambiare la squadra sull’onda di un nuovo capo del governo che da solo può risolvere i nostri problemi.


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