L’affare s’ingrossa. “Provato il tradimento. Napolitano non è più il nostro Presidente”, scrive il Giornale, unendosi alla campagna del Movimento 5Stelle che vorrebbe mettere in stato d’accusa il Presidente della Repubblica. È vero che Giuliano Ferrara irride ai “forza italioti” che parlano di golpe, definendoli in un tweet “cani con il collare lungo”, ma il Giornale sostiene che “è tutto chiaro, l’operazione è partita (nientemeno) con Fini”. Quale operazione? “Ecco le prove. Fu Re Giorgio a tramare contro il Cavaliere”. Il Fatto conferma: “Monti intrigo sul Colle. Ora Napolitano è nei guai”. Repubblica titola “Forza Italia, attacco a Napolitano”. Mentre il Corriere che, con il Financial Times, aveva lanciato il sasso, ora da conto della replica, scritta, del Presidente “Napolitano: nessun complotto. È fumo, soltanto fumo”.
I fatti. Alan Friedman ha scritto un libro “Ammazziamo il Gattopardo” in cui prova che nell’estate del 2011 Corrado Passera aveva scritto un documento economico “per salvare l’Italia”, che ne aveva parlato con Napolitano e che il Presidente aveva fatto intendere a Mario Monti che doveva tenersi pronto per Palazzo Chigi, qualora cadesse il governo Berlusconi. Monti aveva chiesto consiglio a Prodi, De Benedetti e allo stesso Passera. Prodi e De Benedetti lo hanno detto a Friedman, Monti ha confermato il tutto.
Ci sarebbe da chiedersi dove sia la notizia. Il governo Berlusconi rantolava, ormai senza maggioranza per la defezione di Fini e sorretto da mercenari della legione straniera, Razzi, Scilipoti, Calearo. Ma soprattutto roso, al suo interno, dalla rissa continua tra Berlusconi e il suo ministro del Tesoro, Tremonti. Screditato all’estero. E qui ci dà una mano lo stesso Berlusconi, che accenna spesso a un complotto di Merkel Sarkozy e Obama, Ora se quei tre, che non si riescono a mettere d’accordo neppure sulla Siria, fossero stati solidali sul giudizio del suo governo, vuol dire che davvero l’Italia era proprio allo stremo.
Che cosa c’è di strano, se, in tale stato penoso del paese, Napolitano ha cominciato a preparare un’alternativa che, poi, a novembre, proprio Berlusconi ha salutato come un’ancora di salvataggio? Sì, di strano potrebbe esserci il disprezzo che il Presidente ha mostrato per la sinistra, per il segretario del Pd, Bersani, tenuto fuori dai giochi. Si può contestare l’ostinazione con cui Egli ha voluto scongiurare elezioni anticipate e la fissazione per lo schema delle larghe intese. Ma tutto questo si sapeva. Il canovaccio è andato in scena un anno fa, quando il presidente ha negato un incarico pieno a Bersani, che pure aveva un’ampia maggioranza alla Camera e rappresentava il partito di maggioranza relativa al Senato. Poi Napolitano lo ha spiattellato in faccia al Paese il suo pensiero e il suo interventismo, nell’intervento a camere riunite mentre accettava il secondo mandato da presidente. Io l’ho criticato per la prima scelta e non ho votato per lui al momento della seconda investitura. Ricordo che i corazzieri di complemento, di destra e di sinistra, mi hanno allora trattato con disprezzo. Ora cos’è cambiato?
È cambiato che non un imprenditore, né un banchiere, né un direttore di grandi giornali, crede più nelle larghe intese. Ma come allora continua a non volere elezioni. Non con i primi flebili cenni di ripresa. Non nell’anno in cui l’Italia presiederà l’Unione Europea. E lor signori sono disposti a sacrificare Letta e persino lo stesso Napolitano. Noi abbiamo capito. Ma Letta, ieri in serata, chiarisce che la “situazione è insostenibile” ma aggiunge “io non mi dimetto”. E Napolitano chiama Matteo Renzi al Quirinale: due ore di colloquio. Su cui i giornali in edicola non forniscono indiscrezioni. Stamane, tra poco, il segretario del Pd incontrerà i deputati sul tema, caldo, della legge elettorale e ne sapremo di più. Già ieri consigliavo al sindaco di Firenze: Matteo tieni pronti manifesti e slogan per il voto anticipato. Confermo, mentre corro ad Agorà. Naturalmente in attesa che le nubi delle intenzioni e delle convenienze si diradino.