Il titolo più riuscito è del Giornale. “Renzi si nomina premier”. Sembra di vedere Napoleone che si pone sul capo la corona di ferro. La Stampa suona la stessa nota “Renzi sfila il governo a Letta”. Per il Corriere della Sera, invece, il Deus ex machina è il Partito Democratico che “affonda Letta e lancia Renzi premier. Severo Massimo Franco “Il modo in cui la nomenklatura del Pd ondeggia da una leadership a un’altra non sembra un indizio di convinzione, ma di un primitivo istinto di sopravvivenza. È difficile sottrarsi al dubbio che il grande consenso cresciuto intorno a Renzi non sia il frutto virtuoso delle primarie, ma della paura di un voto anticipato a maggio”. Per la verità, ieri in Direzione, almeno Civati e la sua pattuglia si sono distinti, astenendosi dalla corsa in soccorso del vincitore e chiedendo, con un no, discontinuità con il governo Letta Alfano o il voto.
Già, quale discontinuità? Con che maggioranza e con quale programma Renzi ritiene di poter traghettare la XVII legislatura fino alla scadenza naturale, nel lontano 2018? “Rischiamo grosso, ci giochiamo tutto”, ha detto il premier in pectore. E ancora “Via dalla palude, ho una smisurata ambizione per il paese”. Sì, “ambizione smisurata”, chiosa il Fatto e si chiede “ma Renzi quanto dura?”. Alfano ieri ha alzato la testa, rassicurato dallo scampato pericolo del voto, ho cercato di presentare il governo con Renzi come la riedizione di quello Letta per le larghe intese, un governo paritario tra sinistra e destra, con pari dignità nonostante il peso piuma del NCD. Vendola ha colto la palla al balzo e si è sfilato, per ora. Qui Renzi dovrà subito esercitare le sue capacità di acrobata. I numeri dicono che in Senato non bastano SEL né qualche 5Stelle dissidente per sostituire il Nuovo Centro Destra. Tuttavia un governo con la stessa maggioranza di Letta sarebbe esposto ad analoghi ricatti.
Repubblica è più ottimista, già dal titolo. “Letta si arrende, tocca a Renzi”. Fanno però il contro canto gli autori di satira. Altan, che mostra il solito signore che infilza dal di dietro tanti poveri cristiani col suo ombrello, il quale, però, questa volta, lo porge a un tizio (o un Paese) intrappolato dalle sabbie mobili e gli dice “Forza, esca dalla palude”. Ed Elle Kappa che accompagna “Letta al Quirinale per le dimissioni” ma “Col consueto sostegno di tutto il partito”. Il direttore, Ezio Mauro non nasconde invece una certa ammirazione: “Il sindaco di Firenze ha cambiato la scena in tre mosse, sempre muovendosi su un terreno di gioco parallelo a quello che voleva conquistare. Prima, puntando al governo, ha guadagnato la leadership del partito con le primarie. Poi, guardando alle elezioni, ha fatto ripartire in quindici giorni il treno delle riforme istituzionali bloccato da anni. Infine, scommettendo sul Pd, ha portato il governo sul- l’orlo del piano inclinato guardandolo scivolare ogni giorno più giù, fino a diventarne la naturale alternativa”.
Ezio Mauro proietta (forse con qualche fondamento) le sue attese nell’atteggiamento di una parte opinione pubblica, che guarda a Renzi, scrive, “col naso all’insù”. “Renzi non fa promesse di cambiamento, “è” una promessa di cambiamento. Qualcosa di biologico, pre politico, naturale, addirittura primitivo. Per chi accetta questa scommessa il modo di realizzarla è secondario, conta il dispiegarsi della leadership. Anzi, la contraddizione è parte dell’azzardo, che è una componente della sfida, la quale a sua volta è indispensabile alla rappresentazione in forma nuova di una politica che invece di procedere con prudenza cammina ogni volta sul filo. Si sta col naso all’insù per applaudire l’acrobata alla fine, se ce la fa, ma anche per l’emozione che trasmette il rischio consapevole di vederlo cadere”.
Può esserci del vero in questa prosa, per la verità un po’ troppo “lirica”, di Ezio Mauro, come un po’ troppo entusiasta mi era parso ieri sera Enrico Mentana. Ho però due obiezioni. L’acrobata si è fatto del male rinunciando a giocare la carta delle elezioni, non soltanto nei confronti della palude interna al partito, ma di quella esterna, dei partitini e dei gruppi parlamentari in cerca di identità. È come se avesse rinunciato alla rete salva vita. La seconda è che il motore di un governo “organico”, che pretenda di dire la sua su tutto, con un programma contrattato con l’ex delfino di Berlusconi in libera uscita, Angelino Alfano, è destinato a ingolfarsi molto presto. Se non nascerà – e temo che non nascerà, dati i tempi e i modi del “cambio”- un gruppo al Senato con la partecipazione della pattuglia di Vendola, dei senatori a 5 Stelle stufi dei diktat di Casaleggio e intenzionati a far politica e, perché no, da qualche parlamentare eletto con il Pd, che renda NCD pleonastico, credo che Renzi dovrà subito dare prova di fantasia.
La prima suggestione che proporrei sarebbe di circoscrivere il patto di governo alle questioni economiche e delle riforme (vasto programma) ma lasciare corda lunga al Parlamento su corruzione e diritti civili. Dopo tutto le leggi per il divorzio e l’interruzione di gravidanza furono votate quando la DC governava. E sia sulla decadenza di Berlusconi sia sul voto politico mafioso, il Pd si è mescolato con i 5 Stelle pur in costanza del governo Letta. Dare corda lunga al Parlamento, non umiliarlo con patti di governo che si traducono in decreti raffazzonati e blindati, sarebbe prova di saggezza. Forse una via di fuga per l’acrobata senza rete.