Al di là delle proprie personali idee, il lavoro iniziato in questo momento dal nuovo esecutivo mostra due caratteristiche particolari:1)se riuscirà, sarà quella rivoluzione che in Italia non avuto luogo finora ;2)se fallirà,sarà la più grande delusione per gli italiani. In questo senso la scelta del nuovo presidente del Consiglio,Matteo Renzi,di rinunciare alla sua indennità e continuare a prendere lo stipendio di un sindaco mi è parsa in linea con i problemi che viviamo ogni giorno come cittadini della repubblica. Da un simile dilemma è quasi impossibile uscire anche perchè, sul piano personale,chi scrive ha qualche difficoltà a cataloga gare di questi tempi mezzi successi e mezzi fallimenti, soprattutto, se si è contemporanei agli eventi e manca quel distacco richiesto anche a chi scrive un pezzo di storia del passato anche molto vicino. Chiunque abbia frequentato, negli anni scorsi, biblioteche e archivi della repubblica, sa che dirigenti amministrativi e capi di gabinetti dei ministeri costituiscono- al dilà delle proprie capacità e del lavoro(magari ottimo) svolto direttamente durante il periodo di impegno con i ministri-il potere opaco che,accanto al lavoro parlamentare e dell’esecutivo,condiziona in maniera effettiva il funzionamento della nostra repubblica. In termini quantitativi parliamo oggi di 4500 persone,inclusi quelli della protezione civile,e la loro completa inamovibilità ne fa personaggi adatti a qualsiasi incarico,a cominciare da quelli di ministro (come è stato il caso recente del dr Corrado Calabrò che, dal 1963,governo Moro è stato alla guida di nove ministeri differenti e di notevole importanza). Non è un caso che, alla vigilia della formazione del governo Renzi (al quale va dato atto di aver accettato un’indennità mensile non superiore a quella che percepiva a Firenze come sindaco),è circolata la notizia che l’esecutivo emana se subito una direttiva in grado di sbarrare la strada verso i vertici dei ministeri ai consiglieri di Stato e ai giudici dei tribunali amministrativi regionali. Nel 1979-non un secolo fa anche se noi ormai pare così-un ministro che veniva dagli studi piuttosto che dalla politica politicante,Massimo Severo Giannini,un Rapporto sui principali problemi dell’Ammininistrazione trasmesso alle Camere il 16 novembre di quell’anno-scriveva frasi molto chiare:”Lo Stato italiano ormai in una crisi profonda,frutto dell’immobilismo con il quale le classi dirigenti avevano fronteggiato (o piuttosto non erano state capaci di fronteggiare)le storiche trasformazioni dei poteri pubblici del Novecento:da enti autoritativi a gestori di trasferimenti finanziari.Occorreva una riforma incisiva che ponesse gli apparati pubblici in grado di soddisfare la domanda che si rivolgeva verso di loro:un grande sforzo di modernizzazione e di razionalizzazione.” E’ una constatazione elementare, ma amara, quella di affermare oggi che- in più di quarant’anni- lo sforzo non c’è stato o comunque è fallito. Del resto,nelle battute finali,il documento diceva che “La situazione è gravissima sì ma non irreversibile” e lasciava così aperta la strada a quello che finora purtroppo non si è mai verificato. Del resto, un uomo che ho avuto la fortuna di conoscere ai tempi del “Mondo” di Mario Pannunzio (sto parlando di Ernesto Rossi in un suo libro intitolato Lo stato industriale pubblicato da Laterza nel 1953 ) faceva un’osservazione ancora oggi più che valida: “La collusione fra i funzionari ministeriali,gli uomini politici e gli uomini di affari,dopo essere stata in mille modi favorita dal regime fascista,ha ricevuto,nel secondo dopoguerra un nuovo potente impulso dalla sempre maggiore diffusione dei sistemi con i quali vengono finanziati i partiti di massa con i quattrini dei contribuenti, o assicurando ai finanziato ri qualche particolare favore o privilegio con interventi dello Stato nella vita economica e dalla continuazione della politica pseudo-governativa,anche dopo che sono state abolite le corporazioni per cui si affidano alle organizzazioni di categoria pubbliche funzioni oppure si chiamano a far parte delle commissioni tecniche ministeriali incaricate di risolvere i più importanti problemi di politica economica i rappresentanti qualificati di tali private associazioni.” A conclusione di queste brevi note,mi faccio da solo due piccole domande.La prima :è cambiato qualcosa dal momento in cui Ernesto Rossi scriveva? Perchè nessuno nei grandi media parla adeguatamente di questi problemi? Purtroppo,non riesco a darmi da solo le risposte che pure vorrei.