Ecco cosa potrebbe succedere se domani la Consulta si pronuncerà contro la norma. Torna la differenziazione tra sostanze: diverse pene e tabelle. Per i condannati la possibilità di ridiscutere la pena, “ma gli sconti non sono automatici”
ROMA – E’ prevista per domani l’udienza pubblica della Corte Costituzionale al termine della quale ci sarà una sentenza che metterà fine ad un dibattito durato circa 8 anni intorno alla legittimità della Legge Fini Giovanardi sulle droghe. Un testo che ha equiparato droghe pesanti e leggere, e aumentato così le pene per spaccio di cannabis, inserendo le nuove norme dentro un decreto originariamente destinato a far fronte alle urgenze delle Olimpiadi invernali di Torino del 2006. La norma, spiega un appello lanciato dalla Società della Ragione e sottoscritto da oltre 140 tra giuristi, garanti dei detenuti e tanti altri, è stata introdotta “attraverso la tecnica abusata del maxiemendamento blindato con l’apposizione della questione di fiducia”. Un escamotage, spiegherà poi la Cassazione che ha chiesto l’intervento della Consulta, in possibile contrasto con l’articolo 77 della Costituzione italiana che incrimina la disomogeneità tra le norme previste dall’originario decreto legge e quelle approvate in sede di conversione parlamentare.
Cosa cambia se venisse dichiarata incostituzionale. Il primo effetto, qualora dovesse verificarsi questa ipotesi, è la “reviviscenza della vecchia normativa e relative sanzioni”, spiega l’avvocato Michele Passione, dell’Osservatorio carcere dell’Unione delle Camere penali italiane. Tornerebbe in vigore, cioè la Jervolino-Vassalli modificata dal referendum abrogativo del 1993. In pratica, se la Consulta dovesse bocciare la Fini Giovanardi, torneranno ad esserci pene più lievi per lo spaccio di droghe “leggere” come la cannabis, cioè da 2 a 6 anni di carcere, anziché da 6 a 20 anni come previsto dall’attuale normativa. La vecchia normativa, infatti, prevedeva una differenziazione di trattamento in base alle sostanze e per le droghe “pesanti”, come cocaina e eroina, anche pene più severe con un minimo di 8 anni di carcere, anziché i 6 della Fini Giovanardi. Ma non è solo sulla pena inflitta che cambierebbe qualcosa. Tra le altre novità introdotte dalla Fini Giovanardi, anche la riduzione delle tabelle delle sostanze, ridotte da 4 a 2. Una riduzione che ha visto cannabis, eroina e cocaina risiedere per tutto questo tempo nella medesima tabella. “Nessun pericoloso vuoto normativo, dunque – spiegano i giuristi e i garanti nell’appello -. Né alcuna invasione della Corte costituzionale nell’ambito della discrezionalità legislativa. Semmai il ritorno ad un quadro punitivo meno repressivo di quello attuale, e politicamente più allineato con il significato di fondo del referendum popolare del 1993, favorevole a una depenalizzazione della detenzione di sostante stupefacenti per uso personale”.
Gli effetti sui condannati. Per Passione, “chi si azzardasse a parlare di indulto mascherato è in malafede e non meriterebbe commenti”. Qualora la Consulta dichiari incostituzionale la legge, infatti, gli effetti sulla popolazione carceraria non sarebbero così immediati, tanto mento calcolabili. “Non è che la Corte interviene – spiega Passione – e il giorno dopo si aprono le carceri”. Niente sconti di pena automatici, quindi. Nel caso di soggetti già condannati, però, potrebbero esserci delle rivalutazioni delle pene inflitte. “Per le persone condannate con sentenza passata in giudicato e ancor di più detenute, occorrerà esperire lo strumento dell’incidente di esecuzione – spiega Passione -. Il problema, per il giudice dell’esecuzione, sarà quello di individuare qual è la pena della vecchia normativa che corrisponde da un punto di vista proporzionale alla pena inflitta dalla Fini Giovanardi. Non si rifà il processo, si tratta di rimodulare una pena secondo la vecchia cornice”. A parole, però, è molto più semplice di quel che è in realtà. Il detenuto deve, per così dire, fare ricorso e chi non lo sa o non sa a chi rivolgersi, non vedrà ridiscussa la pena, “anche se – spiega Passione – nell’universo carcere le voci corrono con una velocità strabiliante”. Tuttavia, un conto esatto dell’impatto del ritorno della vecchia legge non è calcolabile, in quanto occorre valutare, per ogni singolo caso, la presenza di altri capi d’imputazione e altri fattori.
I possibili “ricorsi”, spiega Passione, riguarderanno con ogni probabilità soltanto le condanne per droghe “leggere”. “In carcere, infatti, circa un terzo dei detenuti è dentro per la Fini Giovanardi, ma non tutti questi sono detenuti per sostanze leggere. Tuttavia il 40 per cento è detenuto per fatti modesti e di questi moltissimi per droghe leggere”. Riguardo ai tempi, anche qui nessuna certezza. “La Corte deposita con calma la motivazione – spiega Passione -, anche perché la sentenza non si impugna. Sempre che la questione venga risolta e non si disponga un rinvio”. Tuttavia, se dovesse passare l’incostituzionalità della Fini Giovanardi, conclude Passione, sarà possibile muoversi e avviare lo strumento dell’incidente di esecuzione anche senza attendere la motivazione.(ga)