Dopo la Camera dei Deputati, le modifiche alla legge sulla Diffamazione sono ora al vaglio del Senato. E grazie al Presidente Grasso, la nostra richiesta di discutere le novità della legge con i rappresentanti dei giornalisti, degli editori e delle associazioni, è sfociata in un importante appuntamento, il 6 febbraio alla sala Zuccari del Senato. Vi parteciperanno i rappresentanti dei partiti, a confronto con chi, come Libera Informazione, Articolo21, la Federazione nazionale della Stampa, l’Unione Nazionale dei Cronisti ed Ossigeno, ha affrontato da anni la difesa dei giornalisti dall’assalto intimidatorio delle Querele Temerarie, dalle minacciose richieste milionarie di risarcimenti , spesso direttamente in sede civile, sorpassando il processo penale. E’ una strategia che si deve arginare e battere con una nuova legislazione sulla Diffamazione, per la quale lo Sportello Antiquerele “Roberto Morrione” lavora da anni. Al senato porteremo quindi le nostre osservazioni e proposte di Modifica.
Il nostro gruppo di studio ha posto alla base delle proposte di modifica della legge sulla Diffamazione il Diritto della persona,del cittadino ad avere una informazione pulita, corretta e rispettosa ma anche libera da ogni forma di condizionamento, sia fisico che patrimoniale.
Oggi, viceversa, per un cronista è molto alto il rischio di essere minacciato con una richiesta di risarcimento in sede di tribunale civile che condiziona pesantemente la libertà di fare inchieste, di pubblicare notizie scomode ma vere, soprattutto in quei territori purtroppo colpiti dalle mafie e dalla corruzione.
Le Querele temerarie sono spesso usate come clava, come intimidazione per impedire che l’opinione pubblica venga a conoscenza di notizie importanti.
Tuttavia, anche se spesso questo è il clima nel quale lavorano oggi in giornali, tv o radio,piccole o grandi , i giornalisti italiani non chiedono immunità, né sostengono l’impunità per poter fare quello che vogliono. Chiediamo la possibilità di garantire all’opinione pubblica una informazione corretta, approfondita, libera. Perché è nostra convinzione che le “macchine del fango” devono essere stroncate, non sono Informazione e soprattutto,non sono la caratteristica della nostra Informazione.
Detto questo e pur sapendo che l’Informazione in questi anni è profondamente cambiata, moltiplicando le offerte informative sia nei giornali che sul Web,pur riconoscendo che è cambiato anche il ruolo di responsabilità dei Direttori, riteniamo che il redattore,soprattutto quando è esposto ed impegnato nel lavoro quotidiano di inchiesta, non possa e non debba rimanere da solo nel caso di una Querela in sede civile o di un procedimento penale per diffamazione.
Il redattore, il cronista, deve sapere di avere intorno a sé una redazione, un direttore ed anche un editore che lo incoraggiano e credono nel suo lavoro, che lo difendono; e, nel caso del Direttore, che si prende la responsabilità,in ogni sede, della sua inchiesta o notizia pubblicata. Il giornalista, se resta solo diventa vulnerabile, è attaccabile se isolato soprattutto in casa propria: una legge non può, a nostra avviso, separare le responsabilità del redattore da quelle del direttore e dell’editore. Una separazione di questo tipo sarebbe implicitamente un lesione della libertà di stampa perché diminuirebbe le possibilità di difesa e di solidarietà del giornalista impegnato quotidianamente nel proprio lavoro di denuncia o di semplice cronista.
Sull’attuale testo approvato dalla Camera, noi riteniamo di poter fare alcune considerazioni che portiamo alla vostra attenzione.
Il testo presenta alcuni punti che riteniamo positivi, come l’abolizione del carcere per giornalisti,la esclusione dei siti Internet non legati a organi di informazione registrati in tribunale dall’applicazione delle legge che si stava configurando come una forma di censura di blog o altre forme espressive. Altro dato positivo la prescrizione dell’azione civile dopo 2 anni: è una innovazione importante che limita temporalmente quella “spada di damocle” della querela arrivata spesso anche dopo anni dalla pubblicazione dell’articolo giornalistico. Avremmo tuttavia sperato che la prescrizione scattasse dopo un anno, come inizialmente proposto dal testo Costa. Importante poi che la legge preveda l’abolizione della riparazione pecuniaria in aggiunta al risarcimento del danno eliminando così un raddoppiamento dal carattere fortemente punitivo. Infine è importante la modifica di legge che prevede la trasmissione degli atti all’ordine professionale perché apre la possibilità di una autodisciplina della categoria e quindi a sanzioni dell’Ordine dei Giornalisti che possono e dovrebbero sostituire quelle penali o in sede di tribunale civile.
Vi sono però punti nel ddl licenziato dalla Camera che vorremmo modificare e ridiscutere:innanzitutto la rettifica senza commento. Sappiamo che il commento giornalistico alla rettifica è stato spesso usato per depotenziare o svuotare la rettifica stessa (e questo non ha giovato alla credibilità della categoria presso l’opinione pubblica). Però il divieto assoluto di controreplica lascia spazio al rischio che le rettifiche nascondano la verità dei fatti. Nella nostra ipotesi si può introdurre un sistema di questo tipo: se la rettifica, adeguata, è pubblicata, essa estingue il contenzioso,nel senso che con la rettifica pubblicata non si può ricorrere alle vie legali, sia in sede penale che civile. Se alla rettifica il giornale e/o il giornalista decide di controreplicare con un proprio ulteriore commento, la persona che si ritiene diffamata può ricorrere alle vie legali. Questo perché se il giornale replica è perché non si è trattato in precedenza di un errore, rimediato con la rettifica,ma di una replica che entra nei confini della libertà di stampa, di interpretazione e proposizione dei fatti.
Chiediamo poi con forza la modifica della Misura contro le querele temerarie. Il ddl approvato dalla Camera dice che “il giudice può altresì condannare il querelante al pagamento di una somma da 1.000 a 10.000 euro in favore della cassa delle ammende”. Un importo molto modesto, se l’intento è quello di scoraggiare le azioni intimidatori. Le organizzazioni di categoria dei giornalisti hanno avanzato in questi anni la richiesta che il querelante depositi somme che vanno dal 10 al 50 per cento della cifra che si chiede come risarcimento. Ma i giuristi fanno notare che questa “percentualizzazione” non può essere introdotta solo a favore dei giornalisti, perché investe princìpi generali del sistema giuridico italiano. Tuttavia si potrebbero aumentare le cifre delle ammende portando almeno le somme “da 3000 a 30.000 Euro”.
Va comunque chiarito che questo comma 3-bis dell’articolo 427 del codice di procedura penale riguarda, appunto, la querela in ambito penale. Le vere querele temerarie vengono però quasi sempre presentate al tribunale civile,con richiese di risarcimenti spesso milionarie quanto avventate.
Proponiamo quindi di aggiungere una modifica inserendo quale ultimo comma, nell’articolo 96 del codice di procedura civile, rubricato Responsabilità aggravata la seguente frase: “Se risulta che la parte soccombente nel giudizio avente ad oggetto il danno derivante da una pubblicazione ritenuta lesiva della reputazione o contraria a verità ha agito con mala fede o colpa grave e nel contempo risulta accertata la corretta pubblicazione della rettifica prima della notificazione della domanda o la sua omessa richiesta, il giudice, su istanza dell’altra parte, condanna la parte soccombente, oltre che alle spese, anche al risarcimento dei danni da liquidarsi in via equitativa, ma comunque in misura non inferiore al 10% della somma richiesta con l’azione.”
Chiediamo poi che il tetto massimo del danno patrimoniale,introdotto alla Camera dei Deputati, e che approviamo ( per ridurre riduce il margine di discrezionalità nella sanzione) sia proporzionato alla potenzialità e possibilità economica del giornalista e comunque non superiore a 30mila Euro.
Infine proponiamo di modificare la norma approvata alla Camera sulle responsabilità del direttore : riteniamo, per le motivazioni già esposte , che il Direttore debba rimanere responsabile di ogni pubblicazione, anche perché ai sensi della legge attuale, ogni testata deve essere registrata presso il tribunale con il nome di un direttore fisicamente e giuridicamente responsabile. Chiediamo quindi che sia soppressa la delega delle funzioni di controllo ad uno o più giornalisti, così come scritto nell’ultimo comma dell’articolo 57 modificato dalla Camera dei Deputati, rendendo al massimo possibile questo trasferimento di responsabilità solo al vice direttore o,nei casi dove questa figura non esiste, al capo redattore.
Proporremo ai senatori queste modifiche con appositi comma e articoli di legge. Sempre con l’intento di difendere la libertà di stampa dei giornalisti ed il diritto ai lettori-cittadini ad essere informati in modo completo e senza aggressioni alla propria sfera personale,intima. Difendendo sempre i soggetti deboli nella società, le persone che hanno bisogno di attenzioni e di una forma di maggiore sensibilità da parte dei giornalisti.
Per questo sarà importante che dopo la legge sulla Diffamazione, l’intera categoria dei giornalisti, a partire dall’Ordine professionale sino alla Fnsi ed alle associazioni, affronti il tema dell’autodisciplina dei giornalisti, della consapevolezza di svolgere un lavoro importante per la democrazia con precisi limiti e precise responsabilità , avendo come unico faro l’articolo 21 della Costituzione.