Non sopportiamo chiunque voglia porre limiti e bavagli al diritto di cronaca e alla libera espressione del dissenso, anche nelle forme più aspre ed urticanti. Non ci piacciono taglie e tagliole, soprattutto quando si sta discutendo una legge elettorale destinata a cambiare le regole del gioco e nella quale manca qualsiasi riferimento al conflitto di interessi, alla incandidabilità, alla ineleggibilità, alle modalità di acceso ai media durante le campagne elettorali. Ancor meno ci piace l’idea che il criterio della governabilità possa prevalere su quello della rappresentanza e del rapporto tra eletti ed elettori.
Proprio perché crediamo nella necessità che il dibattito sia libero e che il dissenso possa aggregare quanti si riconoscono nei valori che fondano la Costituzione, non possiamo condividere in modo alcuno forme, modi e toni che hanno tristemente segnato queste ore.
Criticare il presidente della Repubblica è cosa lecita, chiamarlo Boia, rimanda ad altre stagioni, non a caso le stesse parole le abbiamo sentite da una destra livorosa e nostalgica.
Chiedere le dimissioni della Presidente della Camera, Laura Boldrini, fa parte del gioco: dileggiarla, suscitare i peggiori istinti sessisti, aizzare le folle, ricorda invece altre stagioni, altre gogne, altri assalti. La colpa non é solo di chi ha commentato l’osceno gioco, ma di chi lo ha proposto, ben sapendo quali reazioni avrebbe suscitato.
Per altro parole simili furono usate contro di Lei quando osò criticare la legge Bossi Fini ed alzare la sua voce a sostegno dei rifugiati, degli immigrati, degli ultimi della terra.
Non ci spaventano le urla e neppure le risse dentro le aule parlamentati, che per altro esistono ovunque, ma proviamo ribrezzo per chi alza le mani contro le colleghe o le apostrofa con un linguaggio che farebbe impallidire anche un battaglione di reclute. Quando poi il sedicente rivoluzionario intona il suo ” Boia chi molla”, nessuno ci potrà impedire di riandare con la memoria agli arditi in camicia nera, o alla rivolta di Reggio Calabria guidata dal neofascista Ciccio Franco, come ha scritto in modo esemplare, su Dazebao, Alessandro Cardulli.
Giudici e giornalisti possono e debbono essere criticati, ma quando rispuntano le liste degli sgraditi, degli infami, di quelli che non piacciono ad un capo, allora non possiamo che respingerle, cosî come abbiamo fatto,nel passato, con le liste di Berlusconi. Per altro lo stesso Augias era finito nel mirino di quella destra forcaiola per le sue critiche al ventennio di Arcore. Quando poi si arriva a bruciare un libro di Corrado Augias, perché le sue critiche non sono state gradite, allora il segno è stato davvero passato. Il rogo di un libro non può essere derubricato a ” Spiacevole episodio”.
Per altro in questo paese, agli albori del duo Berlusconi Bossi, furono derubricati a: “episodi folkloristici”: le marce contro i giudici, i cappi in aula, le norme ad personam, le ingiurie contro gli immigrati, le oscenità contro gli ebrei e i malato di Aids, le liste di proscrizione, la xenofobia, gli insulti alla Resistenza, le urla contro Rita Levi Montalcini, le volgarità contro Claudio Abbado, le banane contro la ministra Kyenge… Ogni volta i provocatori e gli squadristi di turno lanciarono le pietre e nascosero la mano, derubricando le manganellate verbali appena somministrate a ” Provocazioni colorite ed ironiche”, quasi, quasi, la colpa era della vittima che non aveva saputo cogliere la ” Lieve ironia” che ispirava le loro oscenità.
“Se non si fosse messa la minigonna, nessuno le avrebbe usato violenza..”, dicevano gli amici degli stupratori, allo stesso modo se i Neri non fossero Neri, il problema del razzismo non esisterebbe!
Dal momento che vogliamo continuare ad essere liberi di dissentire dai Renzi e dai Berlusconi e da chiunque altro, non abbiamo ragione alcuna per tacere di fronte a modi, toni e metodi che hanno il solo obiettivo di dividere il paese tra chi consente con le ” Profonde sintonie” e chi vorrebbe capitalizzare il dissenso, mettendo insieme tutto e il contrario di tutto, sfruttando ogni pulsione, strizzando l’occhio ad ogni forma di ribellismo, accarezzando i peggiori istinti, anche quelli di chi non ha mai amato la democrazia e la Costituzione.