Gli editorialisti dei più diffusi quotidiani che si pubblicano in Italia – escludendo quelli dei giornali controllati da Berlusconi che rispondono (come è noto) con zelo particolare agli interessi personali dell’uomo di Arcore – hanno assistito con sgomento alla lotta all’ultimo colpo che si è scatenata negli ultimi giorni tra il nuovo segretario del PD, Matteo Renzi, e l’attuale capo del governo Enrico Letta. Abbiamo parlato nei giorni scorsi dell’ipertatticismo della politica italiana in questo periodo ma dubitavamo che due ex democristiani che hanno oggi la maggioranza nel Partito democratico e che hanno espresso finora una linea politica, più che simile, quasi identica, si contendessero il prossimo governo ponendo, come scusa ragionevole, quella delle riforme economiche e istituzionali necessarie piuttosto che l’incarico di primo ministro, a vantaggio dell’uno o dell’altro. Certo, il presidente della repubblica Napolitano gioca nella sua posizione attuale, resa molto forte dalla debolezza degli esecutivi e dalla volontà comune di tutti i parlamentari di evitare il pericolo delle urne, in un periodo di popolarità molto bassa della classe politica e quindi con molti rischi elettorali, un ruolo decisivo.
Senza parlare – come ha fatto, in suo pamphlet di qualche mese fa, un famoso giornalista della trasformazione della nostra repubblica in una vera monarchia (l’errore di quel giornalista è stato, a mio avviso, quello di attribuire al capo dello Stato in prima persona responsabilità complessive delle classi dirigenti italiane e della grave crisi repubblicana) – c’è voluta anche una valutazione positiva di Napolitano per convincere Renzi a cambiare idea e ad accettare fino alla fine della legislatura, cioè il 2018, un incarico di governo.
Sicché si può prevedere con un’alta probabilità che il suo partito – ridotto ormai a quello che tutti i partiti sono diventati dopo la crisi gravissima del 1992 – cioè organismi poco frequentati dalle masse dei cittadini e percorsi dalle lotte interne delle correnti che li compongono, gli attribuirà di sicuro l’investitura per il governo nella riunione della direzione che si terrà domani. In questo senso si può forse dire che la politica italiana in questi ultimi anni cerca disperatamente di tenere il passo dei tempi quanto a velocità delle scelte ma sicuramente risente dell’influenza eccessiva dei grandi mezzi di comunicazione (a partire da quella televisiva) e dei poteri che li possiedono e osserva in maniera più formale che sostanziale i principi democratici scritti nella nostra costituzione repubblicana.
Peccato mi viene da dire pensando ai padri costituenti e a personalità come Carlo Rosselli, Piero Calamandrei o Tristano Codignola (uomini caduti per quella Carta o che avevano contribuito in maniera decisiva a scriverla) che ho avuto occasione di studiare negli ultimi anni del mio lavoro culturale.