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Consulto sulla diffamazione. Come migliorare la legge

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Segnali positivi dal confronto fra senatori, editori, giornalisti e associazioni promosso da Pietro Grasso al Senato

Una riforma imperfetta, con alcuni elementi positivi, migliorabile sotto molti punti di vista: questo il giudizio condiviso dai relatori del dibattito Diffamazione: tutela della reputazione e libertà di stampa, tenutosi alla Sala Zuccari del Senato alla presenza del presidente Pietro Grasso, e incentrato sul testo della proposta di legge su questa materia approvato dalla Camera il 17 ottobre 2013 e attualmente in discussione alla Commissione Giustizia del Senato.

La seconda carica dello Stato ha richiamato l’attenzione sulla necessità di riflettere ancora sui confini, talvolta labili, fra diritto di critica e diffamazione. “L’abolizione del carcere è un elemento positivo, anche se il testo nel suo insieme non soddisfa pienamente gli addetti ai lavori”, ha detto Grasso. “L’uso delle querele come arma di intimidazione e dissuasione a proseguire il lavoro di indagine e approfondimento giornalistico è un punto delicato: occorre prevedere, da parte di chi ha querelato pretestuosamente, non solo il risarcimento delle spese processuali, ma anche il rimborso di una percentuale della cifra che aveva richiesto”, ha aggiunto.

Elementi critici sono stati segnalati dal presidente dell’Ordine dei Giornalisti Enzo Iacopino: “Questa legge sembra fatta per risolvere solo i problemi dei direttori dei giornali, non dei giornalisti che trovano le notizie e le scrivono. La Camera sulla spinta emotiva dettata da altre questioni non ha fatto una buona legge. Bisogna tutelare di più i precari e agire sulla rettifica”, ha ammonito.

Giulio Anselmi, presidente della FIEG (Federazione Italiana Editori Giornali) ha proposto, fra l’altro, di fissare un limite per il risarcimento dei danni non patrimoniali, un termine più breve (un anno) per il termine entro cui si può promuovere una causa e sanzioni più alte per chi presenta querele pretestuose, infondate, intimidatorie. In particolare, ha fatto notare, “le cause civili diventano spesso un elemento di intimidazione per i giornalisti e gli editori. Penso ai piccoli giornali e a quelli che hanno coraggio e poco denaro. Chi intenta una causa senza sufficienti elementi deve pagare qualche prezzo. Questo prezzo deve essere proporzionale. Una sanzione fino a 10 mila euro è ridicola e va rivista in modo che ci sia un deterrente”, ha detto.

Per Franco Siddi, segretario della Federazione Nazionale della Stampa, la legge “non è tutta da buttare. Il processo legislativo non è semplice e spero che non si rischi di perdere i risultati positivi raggiunti finora”, ha detto. “Se non possiamo avere una legge completamente innovativa almeno speriamo di averne una che segni cambiamenti importanti”, ha aggiunto.

Alberto Spampinato, direttore di Ossigeno, ha detto che “con la legge sulla diffamazione si regola il rubinetto della libertà di informazione, che nel nostro paese è regolato al minimo perché la libera informazione ha sempre fatto paura”. I dati dell’Osservatorio sui giornalisti minacciati e le notizie oscurate, ha spiegato, lo mostrano chiaramente: ormai si contano intimidazioni collegabili ai limiti dell’attuale legislazione al ritmo di due episodi al giorno: “credo che non basti rinviare il resto della riforma a tempi indefiniti, occorre fare “un piano di rientro cadenzato” come per il debito pubblico. E non si può fare una legge che sia buona per sempre. Per difendere la libera informazione occorre impegnarsi attivamente di giorno in giorno. A nostro avviso sostituire il carcere con sanzioni economiche è un passo avanti ma non è sufficiente. Noi proponiamo di accogliere tutte le raccomandazioni delle istituzioni europee che, fra l’altro, raccomandano di depenalizzare la diffamazione”.

Su questo ed altri aspetti che relegano l’Italia in una posizione arretrata rispetto agli altri paesi europei è intervenuto l’esperto legale dell’ong Article 19 Boyko Boev, che su incarico dall’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) ha fatto un’attenta analisi della riforma all’esame del Senato. “Ci sono punti critici che il testo in discussione non affronta”, ha spiegato: “oltre a depenalizzare bisognerebbe rimuovere la sospensione dall’esercizio della professione ordinata dal giudice e abrogare il reato di diffamazione aggravata per offesa al Presidente della Repubblica, alla nazione e alle istituzioni. Si tratta di una questione culturale ma soprattutto politica”, ha aggiunto. Nel Regno Unito, che ha già introdotto la depenalizzazione, a promuovere la discussione sul problema è stata la società civile, “perché la diffamazione non riguarda solo i giornalisti e i media, ma tutti, poiché tutti i cittadini hanno la facoltà di esprimersi e il diritto di partecipare al dibattito pubblico”.

Presenti alla discussione alcuni dei parlamentari attualmente al lavoro sul testo: Giacomo Caliendo (Forza Italia), Felice Casson (Pd) e Maurizio Buccarella (Movimento5Stelle). Tutti d’accordo sulla necessità di apportare varie modifiche al testo: la Commissione giustizia, hanno spiegato, ha già previsto vari emendamenti su molte questioni, dalla non punibilità per chi rettifica al risarcimento da parte del querelante, dall’interdizione dall’esercizio della professione alla tutela del segreto professionale.

“La battaglia non è finita, vediamo se è cambiata la maggioranza manettara che nella passata legislatura all’ultimo momento, con voto segreto, aveva bloccato la riforma”, ha detto Casson. “Bisogna seguire l’invito che il Consiglio d’Europa ci ha rivolto nel 2007 e depenalizzare: lo ritengo un salto di qualità decisivo. Anche se forse”, ha aggiunto, “il Parlamento e addirittura anche il Paese non sono maturi per un passo del genere”.

Giacomo Caliendo (Forza Italia) ha illustrato i suoi emendamenti che fra l’altro tendono a separare la responsabilità dell’autore dell’articolo da quella del direttore responsabile rispetto alla mancata pubblicazione della rettifica. La pubblicazione della rettifica potrebbe avvenire con modifiche e commenti ma ci vorrebbe un soggetto terzo a valutare se l’effetto riparatorio è stato assolto.

Maurizio Buccarella (M5S) ha mostrato l’intenzione di apportare modifiche alla proposta di legge accogliendo raccomandazioni delle istituzioni europee. “Non è vero che noi del Movimento5Stelle sappiamo solo dire di no e non partecipiamo con nostre proposte al dibattito parlamentare. Sulla diffamazione abbiamo presentato precise proposte e le stiamo confrontando con quelle degli altri”.

MF – OSSIGENO

Segnali positivi dal confronto fra senatori, editori, giornalisti e associazioni promosso da Pietro Grasso al Senato

Una riforma imperfetta, con alcuni elementi positivi, migliorabile sotto molti punti di vista: questo il giudizio condiviso dai relatori del dibattito Diffamazione: tutela della reputazione e libertà di stampa, tenutosi alla Sala Zuccari del Senato alla presenza del presidente Pietro Grasso, e incentrato sul testo della proposta di legge su questa materia approvato dalla Camera il 17 ottobre 2013 e attualmente in discussione alla Commissione Giustizia del Senato.

La seconda carica dello Stato ha richiamato l’attenzione sulla necessità di riflettere ancora sui confini, talvolta labili, fra diritto di critica e diffamazione. “L’abolizione del carcere è un elemento positivo, anche se il testo nel suo insieme non soddisfa pienamente gli addetti ai lavori”, ha detto Grasso. “L’uso delle querele come arma di intimidazione e dissuasione a proseguire il lavoro di indagine e approfondimento giornalistico è un punto delicato: occorre prevedere, da parte di chi ha querelato pretestuosamente, non solo il risarcimento delle spese processuali, ma anche il rimborso di una percentuale della cifra che aveva richiesto”, ha aggiunto.

Elementi critici sono stati segnalati dal presidente dell’Ordine dei Giornalisti Enzo Iacopino: “Questa legge sembra fatta per risolvere solo i problemi dei direttori dei giornali, non dei giornalisti che trovano le notizie e le scrivono. La Camera sulla spinta emotiva dettata da altre questioni non ha fatto una buona legge. Bisogna tutelare di più i precari e agire sulla rettifica”, ha ammonito.

Giulio Anselmi, presidente della FIEG (Federazione Italiana Editori Giornali) ha proposto, fra l’altro, di fissare un limite per il risarcimento dei danni non patrimoniali, un termine più breve (un anno) per il termine entro cui si può promuovere una causa e sanzioni più alte per chi presenta querele pretestuose, infondate, intimidatorie. In particolare, ha fatto notare, “le cause civili diventano spesso un elemento di intimidazione per i giornalisti e gli editori. Penso ai piccoli giornali e a quelli che hanno coraggio e poco denaro. Chi intenta una causa senza sufficienti elementi deve pagare qualche prezzo. Questo prezzo deve essere proporzionale. Una sanzione fino a 10 mila euro è ridicola e va rivista in modo che ci sia un deterrente”, ha detto.

Per Franco Siddi, segretario della Federazione Nazionale della Stampa, la legge “non è tutta da buttare. Il processo legislativo non è semplice e spero che non si rischi di perdere i risultati positivi raggiunti finora”, ha detto. “Se non possiamo avere una legge completamente innovativa almeno speriamo di averne una che segni cambiamenti importanti”, ha aggiunto.

Alberto Spampinato, direttore di Ossigeno, ha detto che “con la legge sulla diffamazione si regola il rubinetto della libertà di informazione, che nel nostro paese è regolato al minimo perché la libera informazione ha sempre fatto paura”. I dati dell’Osservatorio sui giornalisti minacciati e le notizie oscurate, ha spiegato, lo mostrano chiaramente: ormai si contano intimidazioni collegabili ai limiti dell’attuale legislazione al ritmo di due episodi al giorno: “credo che non basti rinviare il resto della riforma a tempi indefiniti, occorre fare “un piano di rientro cadenzato” come per il debito pubblico. E non si può fare una legge che sia buona per sempre. Per difendere la libera informazione occorre impegnarsi attivamente di giorno in giorno. A nostro avviso sostituire il carcere con sanzioni economiche è un passo avanti ma non è sufficiente. Noi proponiamo di accogliere tutte le raccomandazioni delle istituzioni europee che, fra l’altro, raccomandano di depenalizzare la diffamazione”.

Su questo ed altri aspetti che relegano l’Italia in una posizione arretrata rispetto agli altri paesi europei è intervenuto l’esperto legale dell’ong Article 19 Boyko Boev, che su incarico dall’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) ha fatto un’attenta analisi della riforma all’esame del Senato. “Ci sono punti critici che il testo in discussione non affronta”, ha spiegato: “oltre a depenalizzare bisognerebbe rimuovere la sospensione dall’esercizio della professione ordinata dal giudice e abrogare il reato di diffamazione aggravata per offesa al Presidente della Repubblica, alla nazione e alle istituzioni. Si tratta di una questione culturale ma soprattutto politica”, ha aggiunto. Nel Regno Unito, che ha già introdotto la depenalizzazione, a promuovere la discussione sul problema è stata la società civile, “perché la diffamazione non riguarda solo i giornalisti e i media, ma tutti, poiché tutti i cittadini hanno la facoltà di esprimersi e il diritto di partecipare al dibattito pubblico”.

Presenti alla discussione alcuni dei parlamentari attualmente al lavoro sul testo: Giacomo Caliendo (Forza Italia), Felice Casson (Pd) e Maurizio Buccarella (Movimento5Stelle). Tutti d’accordo sulla necessità di apportare varie modifiche al testo: la Commissione giustizia, hanno spiegato, ha già previsto vari emendamenti su molte questioni, dalla non punibilità per chi rettifica al risarcimento da parte del querelante, dall’interdizione dall’esercizio della professione alla tutela del segreto professionale.

“La battaglia non è finita, vediamo se è cambiata la maggioranza manettara che nella passata legislatura all’ultimo momento, con voto segreto, aveva bloccato la riforma”, ha detto Casson. “Bisogna seguire l’invito che il Consiglio d’Europa ci ha rivolto nel 2007 e depenalizzare: lo ritengo un salto di qualità decisivo. Anche se forse”, ha aggiunto, “il Parlamento e addirittura anche il Paese non sono maturi per un passo del genere”.

Giacomo Caliendo (Forza Italia) ha illustrato i suoi emendamenti che fra l’altro tendono a separare la responsabilità dell’autore dell’articolo da quella del direttore responsabile rispetto alla mancata pubblicazione della rettifica. La pubblicazione della rettifica potrebbe avvenire con modifiche e commenti ma ci vorrebbe un soggetto terzo a valutare se l’effetto riparatorio è stato assolto.

Maurizio Buccarella (M5S) ha mostrato l’intenzione di apportare modifiche alla proposta di legge accogliendo raccomandazioni delle istituzioni europee. “Non è vero che noi del Movimento5Stelle sappiamo solo dire di no e non partecipiamo con nostre proposte al dibattito parlamentare. Sulla diffamazione abbiamo presentato precise proposte e le stiamo confrontando con quelle degli altri”.

MF

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