Un compassato giornale conservatore rilancia la “notizia” di una crisi coniugale alla Casa bianca, avendo come fonte un paparazzo vanitoso, francese. Era impensabile.
di Guido Moltedo
Amava ripetere, il senatore democratico Daniel Patrick Moynihan, politico controverso e intellettuale raffinato: «Ognuno ha diritto alla propria opinione ma non ai propri fatti». Roba di qualche decennio fa. Quando c’erano i giornali spazzatura e quelli seri, che difficilmente rincorrevano i primi pur di guadagnare lettori, e c’era ancora il mito dei fatti separati dalle opinioni. E c’era l’abitudine di verificarli, i fatti.
Il direttore di uno di questi giornali “seri” si sarebbe buttato giù dalla finestra del suo ufficio piuttosto che sbattere in prima pagina un gossip, per giunta di bassa lega, anzi una bufala evidente. Le Figaro, allora, era annoverato in questa categoria di giornali, anche se era ed è tuttora un quotidiano apertamente schierato, a destra.
Sarebbe stato impensabile, solo qualche anno fa, che un compassato giornale conservatore potesse rilanciare la “notizia” di una crisi coniugale alla Casa bianca, condita con la storia di un flirt tra il presidente Obama e la singer Giselle Knowles-Carter, in arte Beyoncé, avendo come fonte un paparazzo vanitoso, francese, neppure americano. Eppure è successo. E poiché, come osservava Mark Twain, «una bugia fa il giro di mezzo mondo prima che la verità possa mettersi gli stivali», lo “scoop” de Le Figaro è rimbalzato in tutto il mondo, e non c’è stato sito che non l’abbia rilanciato.
Scoop smentito, certo. Ma intanto chissa in quanti continueranno a considerare il pettegolezzo, se non vero, verosimile, una differenza oceanica ovviamente, ma non nel nostro universo mediatico. Alcune pseudonotizie entrano in circolo e ci restano, perche sono confezionate in modo tale da corrispondere a certe attese.
La coppia Obama in crisi? Per molti non è piu intrigante che vederli in armonia e felici? Barack si è infatuato di Beyoncé? Due icone che si combinano. Una chimica mediatica formidabile. Che a Washington produca un’esplosione, che importa?
Inoltre e per giunta, si sa che la “prima coppia” ha una lunga e affettuosa consuetudine con Beyoncé e suo marito Jay-Z. E allora? Ma mettiamo pure che a casa Obama sia calato il freddo: che dire delle bollenti performance dei due cantanti, come in Drunk in love? Impossibile che possa esserci una vera amicizia tra due coppie eterosessuali, senza che o prima o poi succede qualcosa: è il sottotesto di questa storia che appassiona gli infelici del mondo. Il celebre comedian Stephen Colbert, già qualche anno fa, coniò il termine truthiness per descrivere la quasi truth, verità, che scorre lungo l’infinità dei canali di comunicazione d’oggi. Niente di nuovo. Nel 1973 Norman Mailer, nella sua biografia su Marilyn Monroe, parlò di factoid, di un fatto cioè, che «non esiste prima di apparire in una rivista o un giornale».
La novità è l’incredibile diffusione dei fattoidi, e la loro spesso indiscussa credibilità. Anche quando si tratta di potenti. Già, perché l’altro grande cambiamento, rispetto all’epoca pre-internet, riguarda l’atteggiamento dei media, anche di quelli sussiegosi, nei confronti degli uomini di potere. Per usare la terminologia della sociolinguista Deborah Tannen, un tempo i giornali erano i cagnolini dei potenti (fino all’epoca di Kennedy), poi ne divennero i cani da guardia (Watergate). Oggi fanno i cani d’attacco. Nessun riguardo, nessuna deferenza verso il potere. Giusto. Ma nei confronti della persona e nei confronti dei lettori? Ostiniamoci a pretenderne il massimo rispetto, sempre.