Buon compleanno a l’Unità. 90 anni straordinari. Articolo 21, che ha partecipato alla bella serata di festa e di ricordo della vita straordinaria del quotidiano, augura almeno un altro secolo di vita al giornale fondato nel 1924 da Antonio Gramsci. Abbiamo sempre incontrato sulla strada delle battaglie per la libertà di informazione e contro i bavagli di qualsiasi tipo l’Unità, voce seria e rigorosa in un universo spesso omologato. Giornale di partito, ma più aperto e libero di altre voci apparentemente svincolate e innocenti. Del resto, Gramsci scriveva contro l’indifferenza e, citando Federico Hebbel, sottolineava che “vivere vuol dire essere partigiani”. Solo se si crede in qualche cosa si capisce che significa difendere l’indipendenza. Il contrario difficilmente è dato.
Negli anni venti nasceva la radio, tanto che la Rai sta celebrando i suoi novant’anni radiofonici, ma la stampa era lo strumento cruciale per costruire l’opinione pubblica, il nuovo potente riferimento della vita democratica. I giornali non moriranno, l’on line è un’opportunità, non un boia crudele. Anzi. Il rapporto tra edizioni cartacee e diffusione nella rete è il sale della rivoluzione digitale. Della mediamorfosi, come scrivono i mediologi. Continui l’avventura, perché la politica di questa stagione si fonda soprattutto sulla comunicazione. E di buone pratiche c’è davvero bisogno.
Grazie all’intero collettivo de l’Unità. Complimenti per il numero speciale con le prime pagine che percorrono quasi un secolo. Insomma, siete protagonisti della Storia, non solo della cronaca. E’ augurabile che il sistema politico pensi ad una strategia per rendere possibile la transizione alla nuova era dei media. Non solo televisione. Non c’è democrazia senza quotidiani. E il pluralismo significa tutelare un bene comune, a partire dai soggetti meno tutelati dal mercato. Ci attendiamo una riforma dell’editoria degna di questo nome. Prima che sia troppo tardi. Ci deve essere spazio sempre per testate come l’Unità. Così è, se vi pare. O no?