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”U latru di ficupali”: il libro scritto col mento da un ragazzo disabile

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Quattro righe al giorno per 7 anni con il solo movimento del mento, registrato da una telecamera collegata ad una tastiera virtuale. Il lavoro portato avanti da Lorenzo Genovese, giovane affetto da una grave forma di distrofia muscolare, è ora un libro che racconta, in dialetto siciliano, la società contadina di Buscemi

Il racconto trae spunto dalle lunghe serate d’inverno trascorse dal ragazzo, fin da quando era bambino, ad ascoltare i nonni, gli zii, la mamma e il papà mentre ricordavano e raccontavano la loro vita nel paese. Tutto ciò ha stimolato in Lorenzo una grande curiosità per la vita del passato che lo ha spinto, giorno dopo giorno, a cimentarsi nella scrittura di questo racconto. A parlare di lui e della sua opera artistica è la professoressa Lucia Vaccaro che ne ha curato la traduzione in italiano nelle pagine ‘a fronte’del libro perché il testo è stato scritto tutto nel dialetto siciliano del piccolo centro ibleo che lui conosce molto bene.

Lorenzo Genovese è nato a Buscemi, un piccolo centro dell’altopiano ibleo in provincia di Siracusa. Costretto all’immobilità da quando aveva tre anni, il giovane, che adesso di anni ne ha 27, ha sempre vissuto la sua disabilità con grande dignità, circondato dall’affetto e dall’aiuto dei familiari e della sua comunità siciliana che, da sempre, lo ha accolto, abbattendo qualsiasi barriera architettonica e mentale. “Il giovane vive oggi insieme al padre che è ‘le sue braccia’ perché, purtroppo, la mamma è morta l’anno scorso per una grave malattia – racconta la docente -. Il ragazzo, dopo essersi diplomato nell’istituto agrario di Palazzolo Acreide (Sr), aveva anche intenzione di iscriversi ad una facoltà universitaria on-line ma le sue condizioni di salute non glielo hanno permesso”. “Lorenzo ha frequentato un corso di studi sempre ben integrato a scuola e nella sua comunità – spiega la docente – anche grazie all’aiuto che i compagni e le istituzioni locali non gli hanno mai fatto mancare, valorizzando la sua vita di relazione. La scomparsa prematura della mamma non ha scoraggiato la sua vena artistica e la sua voglia di vivere. Pur avendo, infatti, perso un sostegno fisico e morale insostituibile è riuscito ad intensificare ancor più il suo impegno”.

“U latru di ficupali” è un racconto che contribuisce a salvaguardare una tradizione linguistica e un passato storico di vita agreste siciliana che in pochi ormai ricordano”, continua Lucia Vaccaro. “La sua opera non è una storia che si dipana semplicemente in una sequenza di episodi ma una dettagliata e quasi teatrale descrizione di situazioni: un susseguirsi di bozzetti in cui i personaggi e le loro azioni lasciano il posto alla bellezza di un dialetto che li descrive con una grande intensità”.

Questo piccolo centro ibleo diventa occasione di incontro di buscemesi provenienti da tutto il mondo, soprattutto in occasione della festa della “Madonna del Bosco”, elemento unificante e di identità, oggi come nel passato quando, come raccontano i più anziani, in tempo di guerra, capitava che soldati al fronte si riconoscessero dall’esclamazione “Maronna ro’ vuoscu, aiutatimi” (“Madonna del Bosco, aiutatemi”). E’ questo il luogo in cui viene raccontata la storia di Turidu e Taneda che vivono la loro giovane vita fatta di rapporti familiari e di vicinato intricati, ma intrisa anche di spirito bucolico e piena di una struggente malinconia e amaro pessimismo quando, davanti all’impossibilità di cambiare un destino segnato, il giovane è costretto a lasciare il paese per andare in guerra. (set)

Da redattore sociale.it


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