di Alessandro Cardulli
ROMA – Inutile cercare giustificazioni, dare contorte spiegazioni, la storia parla da sé. C’è chi fa risalire alla fine del 1700 il ” boia chi molla”, urlato da un “cittadino” di Cinque Stelle in un aula del Parlamento italiano.
Il grido sarebbe nato durante le barricate a difesa e della Repubblica Partenopea. C’è anche chi fa risalire questa espressione diventata famosa alle gloriose Cinque giornate di Milano del 1848. Ma con i ‘si dice’ non si va lontano. La realtà è una e chiara: nel corso della prima guerra mondiale il “boia chi molla” divenne il moto del corpo degli Arditi.
Un motto che piaceva tanto a Mussolini usato dalle squadracce fasciste
Alcuni ufficiali di questo corpo militare ripreso questo nefasto motto nel 1919 partecipando alla fondazione dei Fasci di combattimento e fu utilizzato dalle squadracce fasciste. Divenne uno dei simboli distintivi del regime di Mussolini. Il duce lo usava nelle occasioni “storiche , era la sua parola d’ordine, mento preminente, braccio alzato. Nel 1943 l’esercito fascista della Repubblica di Salò lo usava come segno delle indissolubile ( questa la parola usata) alleanza con i nazisti, con le SS tedesche. Il XXIV Battaglione della Guarda Nazionale Repubblicana, il fior fiore dei “ repubblichini” lo adotto come motto Per ritrovare l’uso di queste parole bisogna attendere fino al 1970 quando il missino Ciccio Franco, esponente del sindacato che faceva capo al Msi, la Cisnal, dà vita alla rivolta del Boia chi molla, i moti di Reggio Calabria.
Nel 1970 Ciccio Franco lo usa per i moti fascisti di Reggio Calabria
Lo utilizza come motto contro lo Stato. Una stagione segnata da attentati, bombe sui binari che portavano migliaia di lavoratori per iniziativa della Cgil, della Fiom, di tanti sindacati di categoria a manifestare a Reggio per la libertà, la democrazia. Reggio Calabria doveva essere la prova di forza, definitiva, nei deliri del “ boia chi molla”. Città blindata, giornalisti scortati dalla polizia. Contro il corteo della Cgil era stata prepara una “ accoglienza” che puntava a creare vittime, ci dove scappare il morto. Si voleva colpire la testa del corteo guidato da Luciano Lama, Bruno Trentin, Rinaldo Scheda, Sergio Garavini, il gruppo dirigente del sindacato. Gli attentati fallirono: aprirono il corteo donne calabresi con in testa i veli neri e gli operai dell’Omeca con i caschi Gialli. La rivolta fallì, la parola “ boia chi molla” fu rilanciata all’inizio degli anni ottanta dal Fuan, l’organizzazione universitaria dekl Msi che coniarono un nuovo slogan: “Contro il sistema / La gioventù si scaglia / Boia chi molla / È il grido di battaglia.”
Dai grillini un volgare attacco a Napolitano
Ci voleva un grillino per riportare l’infame motto alla ribalta della cronaca politica. Prima l’aveva usato in termini scherzosi anche un fumetto. Ma il parlamentare di Cinque stelle quando ha pronunciato queste parole non aveva certo voglia di scherzare. Non è un caso che nella giornata del “boia chi molla” si sia scatenata la violenza grillina, quasi un impazzimento, con aule delle Commissioni occupate, lavori parlamentari bloccati, conferenze stampa, come quella del capogruppo Pd alla Camera impedite, offese alle deputate Democratiche. Violenza, impazzimento tanto che si sono dovute blindare,prima volta nella storia, Presidenza della Camera e uffici. Un “prologo” alla presentazione della richiesta di impeachment nei confronti Napolitano. La parola “boi” è ststa usate nei suoi confronti da un altro parlmentare Siccome non esiste tale procedura nella nostra Costituzione si è accusato il presidente della Repubblica di averla violata.