Per Carlo Mazzacurati, ruzante del nostro tempo

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’Capricorno ‘contro’ (parafrasando il titolo di un film di Ozpetek), per questo gennaio intirizzito e  in rinnovata crescita di disagio sociale, che nel volgere di pochi giorni trascina via maestri come Foà ed Abbado, attrici  care e dimenticate quali Lorella De Luca; ed ora, ad appena  57 anni, un uomo massiccio e gentile, un gigante buono, laconico, ‘leggero’ di vita come Carlo Mazzacurati, regista, sceneggiatore ed attore (solo per pochi amici, Moretti, Messeri) in ruoli paradossali e volutamente trash.

Potenziale e  inconsapevole erede del conterraneo Ruzante
Era profondamente (coerentemente)  malinconico,lieve, disilluso il cinema di Carlo Mazzacurati, ampiamente stemperato dal dono dell’ironia,della beffa,dell’iperbole: in quella sorta di inversione ‘a U’ che spesso assumevano le sue narrazioni, passando con qualche (anomalo) azzardo dal registro lirico-commedistico  a quello dell’indagine, del ‘fuori il colpevole’ – per improvvise detection story (piccoli gioielli di un cinema ‘crogiolato e sferzato’ dai miasmi di quella provincia di cui  Mazzacurati era figlio orgoglioso , arteria non asportabile)  quali “Notte italiana” e “La giusta distanza”. Fermo restando che i suoi riconosciuti numi vanno individuati nell’opera di Ermanno Olmi (il primo-Olmi,  per l’esattezza) e di Luigi Comencini da cui Mazzacurati mutuava il gusto della narrazione appianata, implicitamente sarcastica (sino alla comicità o al grottesco del Giuseppe Battiston, andatura da Yeti , tra  imbottiture e luminarie  marziane, per meglio commerciare in giocattoli, come nella “Passione”), nei cui interstizi si insinuava tutto il livore, l’invidia,la maldicenza di piccole comunità affariste (non  più rurali, non più solidali) del profondo Nord-Est.

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Animatore, negli anni settanta, insieme a Piero Tortolina,del più importante cineclub di Padova (dove era nato, figlio di un noto ingegnere automobilistico) Carlo Mazzacurati è, a Bologna, tra i primi studenti a conseguire (proficuamente) la laurea al DAMS allora appannaggio di Eco, Marzullo, Ferrrero , in anni ‘ruggenti’ e densi d’entusiasmo che tanta illusione addussero a cinefili, teatranti e aspiranti critici  post-sessantotto
Autofinanziandosi tramite una congrua eredità dei nonni, Mazzacuurati, a fine anni ottanta, realizza un piccolo film in 16mm, “Vagabondi”, che nel 1983 vince il premio di distribuzione offerto dalla Gaumont al festival milanese del Filmmaker. Ma con un imprevisto: la mancata diffusione della pellicola  per sopraggiunte dismissioni della società francese (risultato, pochi hanno visto quel film,quasi nessuno sa darne un parere attendibile).
Trasferitosi a   Roma incitato dal gruppo del Nuovo-Sacher, Carlo  lavora ai testi di alcune trasmissioni televisive:   nel 1985 scrive, assieme a Franco Bernini , la sceneggiatura del già citato “Notte italiana” (con uno strepitoso Marco Messeri)  compiutasi in lungometraggio (sezione-giovani alla Mostra di Venezia) nel 1987. Successivo di due anni  è “Il prete bello” (interpretato da Roberto Citran) trascrizione calligrafica ma densa di atmosfere e psicologici sussulti del romanzo di Parise. Parallelamente, Mazzacurati (che è stato anche ottimo scrittore) collabora alle sceneggiatura di “Marrakech Express” (vincitore del Premio Solinas) per conto di Gabriele Salvatores, “Fracchia contro Dracula” di Neri Parenti (“la  mia vacanza più bella dalla seriosità di certi ambienti”) ,”Domani accadrà” di Daniele Luchetti.

A Venezia-94 conquista il  Leone d’Argento nel 1994 con “Il toro”, bizzarro, esilarante, tragicomico canovaccio spadroneggiato da Diego Abatantuono, cui siamo in tanti a preferire il successivo (1996) “Vesna va veloce”, opera sensibile, crepuscolare, molto dolente, che già percepisce il dramma dell’immigrazione nel personaggio di una ragazza slovena (l’intensa Teresa Zaijckova, con splendidi cammei di Orlando,Albanese,Marescotti)  riparata clandestinamente nell’Italia del nord e puntualmente costretta alla prostituzione girovaga. Sino alle estreme conseguenze di un finale comunque ‘aperto’ (tra fuga o suicidio)

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Film successivo, e di scarso sbigliettamento, è  “L’estate di Davide” (1998), mentre con “La lingua del santo” (2000) Mazzacurati torna alla sua forma ed ispirazione migliori. Su commissione della Rai seguono i documentari della serie “Ritratti” (esemplari quanto a ‘scrittura’, ambientazione, didattiche e dialettiche finalità), dedicati ai conterranei  Mario Rigoni Stern, Andrea Zanzotto e Luigi Meneghello.

Il  2007  è l’anno de  “La giusta distanza” (protagonista Valentina Lodovini),da molti considerato il suo acme creativo , seguito dal lunatico, dissacrante,  convulsivo” La passione” (la provincia, questa volta, è  la Toscana ‘esagitata’, logorroica). E, sempre nel 2010, Mazzacurati dà il omaggio alla ‘Serenissima’ con il documentario “Sei Venezia”, con (sei ) storie dedicate ad altrettanti personaggi della civiltà (o della pena del vivere) lagunare.
Nel dicembre 2011, Carlo è  nominato primo presidente della nuova Fondazione Cineteca di Bologna, e nel  2012 realizza il documentario “Medici con l’Africa”, dedicato alla fondazione Medici con l’Africa Cuamm.
Nel novembre 2013 riceve il Gran Premio Torino per la carriera. Nell’ambito del cui Festival    propone  il suo ultimo  “La sedia della felicità” (in sala nella primavera 2014),  interpretato da Isabella Ragonese e Valerio Mastandrea, e prodotto dal sodale di sempre Angelo Barbagallo. Un ‘arrivederci’ che già percepisce quel prematuro fine-corsa, che tutto sdrammatizza e getta in burla (la sceneggiatura è tratta da un film di Mel Brooks). Denso di quel veneto, scontroso sbalzo di umore che frulla e manda al diavolo (come brontolando,fra  sé e sé)velleitarismi, incredulità, stramberie di stagione.  E di ‘notti  italiane’ alle quali è negata l’alba di un qualsiasi ‘buongiorno, che sia vero buongiorno’.


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