In Italia si possono compiere censure e intimidazioni senza violare i codici. Da oggi questa tipologia di minacce sarà censita dall’osservatorio
In Italia, in base all’attuale legislazione, si può agire in modo da tappare la bocca a un cronista sgradito senza trasgredire nessuna legge, senza incorrere in un reato o in un illecito, senza rischiare di essere puniti. È molto strano che possa accadere, visto che l’articolo 21 della Costituzione sancisce la piena libertà di espressione.
È veramente strano, ma accade spesso poiché mancano norme sanzionatorie specifiche per chi, facendo attenzione a non incorrere nei reati e negli illeciti previsti, opera in modo da ostacolare la libertà di espressione e di informazione e il diritto dei cittadini di sapere ciò che avviene sulla scena pubblica. È una delle più gravi lacune della legislazione italiana. A giudizio di Ossigeno il Parlamento la dovrebbe colmare con urgenza. La discussione della legge sulla diffamazione, che riprenderà nei prossimi giorni al Senato, offre l’occasione per farlo.
Per fortuna molte intimidazioni sono già punibili. Ad esempio, tutte quelle compiute con atti di violenza che configurano precisi reati o illeciti. Invece sono difficilmente punibili e vengono sanzionate raramente le molte intimidazioni realizzate abusando del diritto di querelare e di chiedere danni. Ma il vero e proprio buco nero è rappresentato dalle forme di intimidazione più subdole, quelle che permettono una vera e propria censura camuffata impossibile da denunciare.
Rientrano in questa vasta categoria le discriminazioni personali che impediscono a un giornalista o a un operatore dei media di seguire un avvenimento pubblico o un evento al quale sono ammessi altri giornalisti (ad esempio, l’esclusione da conferenze stampa, dall’accesso al consiglio comunale, a uno stadio e così via); rientra in questa categoria il demansionamento, la decisione di togliere a un giornalista l’incarico di seguire determinate vicende, o di dirigere un programma o un notiziario; rientra nello stesso genere il mancato rinnovo di un contratto di lavoro a chi ha pubblicato notizie ritenute scomode e inopportune dall’editore, dal direttore o da persone che esercitano pressioni interessate su questi vertici.
Rientrano in queste violazioni gli accordi per impedire a uno o più operatori dei media di comunicare ai lettori-spettatori informazioni di pubblico interesse di cui sono venuti o possono venire lecitamente in possesso (distruzione o sottrazione di apparati e di documentazione, disturbo delle comunicazioni, negazione di spazi, mezzi e supporti dovuti, eccetera).
Il laboratorio legale di Ossigeno per l’Informazione, con l’aiuto di esperti, sta sviluppando una sempre più accurata classificazione delle centinaia di minacce e intimidazioni di cui l’Osservatorio viene a conoscenza ogni anno e ha individuato da tempo questa lacuna legislativa che impedisce di perseguire chi ostacola l’informazione.
Ossigeno ha sollevato la questione fin dal 2010 e ha proposto di tappare la falla con una norma di legge che punisca le violazioni dell’articolo 21 con una efficace sanzione applicabile a chi mette in atto azioni e comportamenti tali a ostacolare l’informazione deliberatamente o comunque con la consapevolezza di negare arbitrariamente ai cittadini il diritto di essere informati, un diritto previsto dall’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e dall’articolo 11 della Carta Europea dei Diritti Fondamentali come un’esigenza della vita democratica, poiché in democrazia i cittadini devono essere informati correttamente, tempestivamente, senza omissioni, senza parzialità e senza censura per prendere decisioni consapevoli, per fare scelte basate sulla conoscenza dei fatti.
Ossigeno ha proposto inoltre di inserire nei codici un’aggravante specifica da contestare agli imputati ogni volta che l’illecito o il reato loro contestato sia stato compiuto allo scopo di ostacolare l’informazione. Nel 2012, nel corso di un convegno pubblico al Senato, l’allora procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso disse di condividere lo spirito della proposta.
Il metodo di classificazione delle intimidazioni messo a punto in questi anni da Ossigeno è molto raffinato, è unico al mondo e perciò sta suscitando interesse a livello internazionale. Non esistono altre classificazioni in grado di distinguere in modo così ampio e preciso le varie tipologie di intimidazione nei confronti dei giornalisti. Il “Metodo Ossigeno” distingue già trentuno differenti tipologie di intimidazione suddivise in cinque categorie: Aggressioni fisiche (5 tipi), Danneggiamenti (3 tipi), Avvertimenti (12 tipi), Denunce e azioni legali (11 tipi). Da oggi Ossigeno queste tipologie diventano 32, con l’aggiunta di “ostacolo all’informazione”, che rappresenta una categorie a sé stante e sarà attribuita proprio per le fattispecie per le quali l’Osservatorio sollecita una norma di legge: come illecito a sé stante per tutti i casi che non rientrano nelle tipologie preesistenti.