“È ormai enorme il ritardo nei lavori per l’attuazione della legge 233/2012 sull’equo compenso per i giornalisti non subordinati. Nonostante i ripetuti inviti del presidente della relativa Commissione ministeriale, il sottosegretario all’Editoria Giovanni Legnini, che ha sollecitato un accordo tra le parti sociali e proposte unitarie da parte degli enti della categoria dei giornalisti, dopo un anno dalla sua attuazione la norma rimane inapplicata”. Lo scrive in una nota Articolozero, Coordinamento tra giornalisti autonomi siciliani.
“La legge 233/2012, che ha lo scopo di impedire il sistematico sfruttamento dei giornalisti non subordinati in Italia, ha espresso la volontà del Parlamento di non permettere l’accesso ad alcun tipo di beneficio da parte dello Stato agli editori che non corrispondano un equo compenso in armonia con il contratto collettivo vigente ai giornalisti non subordinati (autonomi, freelance e precari). La legge è stata voluta per superare il veto degli editori a qualsiasi soluzione potesse risolvere lo stato di generale iniquità di trattamento (inadeguato e indecoroso) nei confronti dei giornalisti non titolari di rapporto di lavoro subordinato, che rappresentano nettamente la maggioranza dei giornalisti attivi. La situazione di estrema gravità per i lavoratori viene complicata e risulta sempre più confusa per la contrapposizione tra i vertici delle istituzioni di categoria. È stata di recente annunciato un accordo tra sindacato e ordine dei giornalisti, ma esaminate le proposte “congiunte e integrate” dei due enti si sono rivelate antitetiche: quella della Fnsi del 2013 è fondata sull’art. 1 del contratto di lavoro, quella Odg del 2014 sull’articolo 2. La proposta dell’Odg prevede un tariffario “a rigaggio”, con remunerazioni difformi da quelli “a tempo” della Fnsi e inferiori al Tariffario dello stesso Ordine dei giornalisti del 2007, che conserva ancora valore in sede giudiziaria.
Concedere il premio di benefici pubblici omettendo di applicare una legge che proibisce di farlo in favore di editori che sfruttano i lavoratori può comportare DANNO ERARIALE, oltre che essere politicamente ed eticamente inconcepibile in una repubblica costituzionalmente fondata sul lavoro. La sfiducia verso le istituzioni di categoria che non hanno la forza di fare applicare le basilari tutele di legge ha l’effetto di costringere i giornalisti a subire le più umilianti condizioni di lavoro e, cosa ancora più grave, il suo protrarsi nel tempo ha ormai generalmente fatto venir meno ogni sentimento di solidarietà tra colleghi e gli strumenti collettivi per opporsi. Si affidano e si accettano tra giornalisti carichi di lavoro nonostante la consapevolezza della gravissima iniquità nella loro retribuzione e del conseguente disatroso danno sociale. Per questo motivo occorre una mobilitazione della categoria e precise azioni di denuncia contro ogni tipo di violazioni e omissioni. Dalla procura della Corte dei conti ad ogni altra sede giudiziaria, parlamentare, politica e civile.
Coordinamento tra giornalisti autonomi siciliani